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A cura di
Francesco Bandini
Quando tutto
ebbe inizio…
Dalla Persepoli di Dario ai diadochi di Alexandros
Testo e foto di Francesco Bandini
1^ parte
Nelle antiche regioni alla frontiera nord occidentale
dell’India – in particolare nell’odierna valle di Pashavar,
ma l’area ben più vasta copre le regioni dal Gandhara
alla Bactriana fino all’Afganistan e all’Uzbekistan, tutte
province facenti parte dal VI secolo a. C. dell’impero achemenide
fino alla conquista di Alessandro Magno (327-26) –
ebbe il suo centro una scuola artistica che accolse influssi
greco-romani, indiani, iranici, realizzando un eccezionale incontro
tra il buddismo e l’arte classica. L’adattamento delle
forme ellenistiche ad un contenuto buddistico fece attribuire
la denominazione assai discussa di greco-buddista all’arte
del Gandhara (I sec. a. C. - VII sec. d. C.) svolgendo una
funzione di tramite tra il mondo mediterraneo e l’Asia estremo
e sud orientale. Oggi, tra l’insicurezza politica e il terrorismo
talebano, alcune missioni di scavo tentano di recuperare
le antiche memorie con estrema difficoltà perché qui l’archeologia
è pericolosa in quanto documenta un passato pre-coranico
fatto di contaminazioni. Sulle tracce di Alessandro
Magno, nel cuore delle spedizioni che il condottiero macedone
ha compiuto intorno al 330 a. C. in quelle terre sconosciute
fra i grandi fiumi dell’Indo e l’Amu-Daria ai confini
del mondo allora conosciuto, stanno iniziando, a cura della
Delegation Archeologique Francaise, tutta una serie di scavi
sistematici, in particolare sul sito dell’antica Bactra, nel cuore
della satrapia bactriana (da Baxtris, la terra del giaciglio).
Fu in questi luoghi, quasi a paradigma di qualsiasi successiva
spedizione militare volta alla conquista di terre remote,
che giunse un esercito di eroi, soldati destinati a divenire
leggendari, lasciando segni tangibili della propria esistenza.
Da queste parti, a pochi chilometri a sud del fiume Amu-Daria,
Alessandro Magno e i suoi diadochi diedero vita ad una
sorta di civiltà detta greco-buddista nata dal fortunato incontro
del pragmatismo ellenistico con la spiritualità orientale. E
quasi a suggello politico di una volontà di fusione di istanze
culturali così diverse, Alexandros sposò Roxane, figlia di un
principe locale: un amore vero e vissuto, al di là della ragion
di Stato. Si è detto come da queste parti l’archeologia sia vista
come pericolosamente rivelatrice di un passato florido e
diverso rispetto alla purezza dell’Islam e in quanto tale avversata.
Nel 2001 i talebani, in preda ad un’insana furia iconoclasta,
fecero esplodere le due splendide statue del Budda di
Bamiyan. Nonostante il rischio quotidiano, il lavoro dei coraggiosi
archeologi si ammanta di leggenda facendo riemergere,
poco a poco, resti di edifici ellenistici, abitazioni modeste
ma anche santuari di elegante fattura dedicati a divinità locali
e tuttavia riferite anche a dèi olimpici, a sottolineare uno dei
più riusciti esempi di sincresi propri della conquista di Alessandro,
politica ed economica ma profondamente rispettosa
di un substrato culturale e religioso. Gli edifici non erano certamente
vuoti: vasellame, attrezzi agricoli, oggetti d’arredo,
molti di epoca macedone ma tanti anche di epoche precedenti
(quella persiana) o
successive (romana,
sassanide, cristiana
e islamica) a testimoniare
periodi di stabilità
e benessere oggi
lontano ricordo.
I bassorilievi dell'Apadana, nel palazzo di Dario a Persepoli (Persia)
DALLA PERSEPOLI AI DIADOCHI
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