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Ritratti
d’artista
Francesca Berti
La ricerca dell’essenzialità attraverso una pittura
elegante ed incisiva
di Jacopo Chiostri
Pittrice eclettica, Francesca Berti, nata a Siena e ora
residente a Prato, ha in tempi recenti rivoluzionato la
propria poetica, lasciando l’approdo sicuro del figurativo
tradizionale per sperimentare una pittura essenziale,
di grande impatto, in cui il racconto è affidato ad un linguaggio
personale con una sonorità ora elegante ora incisiva, con
soluzioni riconducibili al cubismo ed anche al surrealismo.
In ogni caso è pittura solida che mantiene una cifra realista
riuscendo in un’interessante sintesi tra stili pittorici diversi.
Francesca Berti ama sperimentare: questa è la prima considerazione
che si ricava dalla visione del suo multiforme talento.
Del resto è lei stessa a confermarlo: «Ho dipinto su
una varietà di superfici, spaziando tra generi pittorici diversi».
Non è da molto che ha ripreso a dipingere dopo una
pausa in cui gli impegni familiari l’hanno assorbita; ora sta
riguadagnando tempo dipingendo quotidianamente su supporti
come legno, vetro, terracotta, tela e cartoncino, prevalentemente
utilizzando l’acrilico. Quello che interessa è che
questa nuova stagione artistica l’ha vista aprirsi ad inedite
modalità espressive molto lontane dalla pittura figurativa dei
suoi inizi e degli anni successivi. Amante della bellezza in
senso onnicomprensivo, stimolata dalle suggestioni acquisite
viaggiando, la Berti ha compiuto un percorso che dalla
bella pittura del paesaggio toscano è approdato ad una
raffinata elaborazione, ricca di simbologie e rimandi soprattutto
ai due grandi maestri spagnoli Joan Mirò e Pablo Picasso.
Certo, passare da dipingere cipressi, girasoli o paesaggi
della campagna senese, dove è vissuta da bambina, ai nuovi
lavori non è poca cosa, e neppure si può risolverlo come maturazione.
Che probabilmente c’è stata, ma non è bastevole.
Intanto va detto che nelle opere della Berti si rintraccia sempre
un’eleganza che non dimentica la consapevolezza di rivolgersi
all’universo come deve fare l’artista che non parla
solo a se stesso. Così le sue figure femminili – soggetto a
lei caro – sono accurate, si presentano come simulacro di
estetica e di consapevolezza. E forse è proprio in questa direzione
che rintracciamo una prima spiegazione, laddove pur
non rinunciando ad adornare le sue figure, la Berti semplifica
la comunicazione, affievolendola dal punto di vista della
tradizione ma arricchendola, con un segno, maturo, solido e
molto efficace, da quello della comunicazione. Racconta di
amare Vincent Van Gogh. E dal grande pittore olandese sembra
aver tratto come insegnamento la capacità di sovrapporre
sogno e realtà e di farli coincidere. Pittrice autodidatta, se
si fa eccezione per un anno di studi alla Scuola d’Arte di Siena,
il momento più significativo per la sua formazione è legato
alla frequentazione di Marcella Biliotti, amica di famiglia e
nota restauratrice fiorentina. Molte le esposizioni al suo attivo
a partire dal 2000: a Montespertoli con Andrea Tirinnanzi,
a Firenze e Pietrasanta con Toscana Cultura, a Roma con l’organizzazione
della Casa Editrice Pagine per le mostre Artisti
in vetrina e Via Margutta, fino alla recentissima Premio Frida
Kahlo alla storica Milano Art Gallery, dove ha presentato una
delle sue opere più riuscite (in realtà si tratta di un trittico, sia
pure composto da tre opere distinte) intitolato Le diversità,
tre volti, tre donne, tre colori.
Le diversità, acrilico su tela
FRANCESCA BERTI
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