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ra ai margini della rappresentazione, ci si sente quasi sopraffatti
da tanta luminosa vastità. Lo sguardo cerca un appiglio
per non perdersi in questo spazio senza confini, ma finisce
per essere piacevolmente travolto dall’incontenibile vitalità
del colore. In altri casi, invece, il punto di vista si ribalta, spostandosi
dal cielo alla terra, e veniamo d’improvviso catapultati
dietro ad un cespuglio in montagna o nel bel mezzo di un
prato fiorito: l’orizzonte si restringe fino ad intravedersi appena,
oppure scompare del tutto lasciando spazio a particolari
ingranditi di fiori, arbusti o di altri elementi vegetali. Le
dinamiche e luminose pennellate dei cieli al tramonto cedono
il passo al racconto della terra con tonalità pacate – verdi,
marroni, grigi – e stesure morbide: l’invito è a soffermarsi
con calma su questi dettagli, ad apprezzarne la segreta bellezza,
prendendo così una pausa dalle tante, troppe sollecitazioni
che ci distraggono nel trantran quotidiano. La pittura
– sembra dire Michela Masini – serve anche a questo: a regalarci
attimi di autentica felicità, momenti per ritrovare sé
stessi nell’esperienza sempre nuova che si vive davanti ad
un’opera d’arte.