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Tokyo
luppare un proprio metodo. Inoltre, spiego loro l’importanza
degli aspetti tecnici e della previsualizzazione del processo
fotografico per prepararli all’inaspettato.
Le campagne pubblicitarie ti permettono di esprimerti liberamente
oppure no?
Quando lavoro per il mercato pubblicitario non sono totalmente
libero di esprimermi perché ci sono dei paletti molto
ferrei da rispettare per rispondere alle richieste dell’agenzia
che ha commissionato la campagna. In queste occasioni lavoro
con il mio staff perché sono necessari numerosi professionisti
ed assistenti. Qui entra in gioco la mia capacità
artigianale di costruire il contenuto, spesso superando difficoltà
come quelle dovute ad un budget basso.
Cosa hai imparato da maestri come Steve McCurry, Elliott
Erwitt ed altri mostri sacri incontrati durante la tua vita?
Sono state esperienze straordinarie grazie alle quali ho potuto
collaborare a progetti importanti come il calendario Pirelli,
il calendario Lavazza e a molti altri assignment in giro per il
mondo. È stato un modo per acquisire le competenze necessarie
anche a superare le tante difficoltà che possono presentarsi
in questo lavoro. Ancora oggi mi capita di collaborare
con McCurry, ci vogliamo bene e ci stimiamo; la sua energia
e la sua passione lasciano davvero senza fiato.
Clownville
Com’è nato il progetto Clownville?
È nato più di dieci anni fa come un progetto personale e nel
tempo è diventato qualcosa di importante. Il clown è una maschera
come quella del super eroe ma può essere utilizzata
anche per nascondersi. Attraverso la maschera l’uomo fa
emergere i lati più oscuri della propria personalità, quelli più
animaleschi, le follie e le contraddizioni. Il punto quindi è riflettere
sui meccanismi di camuffamento dell’individuo e su
ciò che invece lo rende libero. È un progetto che ho deciso di
lasciare aperto per aggiungere sempre nuovi scatti vista la
densità del tema affrontato.
Secondo te la fotografia va spiegata oppure deve essere di
immediata comprensione?
Ci sono immagini che ti arrivano come un pugno allo stomaco
perché veicolano un tipo di messaggio che necessita di
quel linguaggio, altre invece hanno bisogno di essere raccontate
per stimolare in chi le guarda un approfondimento. Non
è detto che la visione istintiva ti restituisca qualcosa, talvolta
occorre il mistero delle fotografie che non capisci. Se fosse
sempre immediatamente comprensibile, la fotografia sarebbe
già morta, mentre invece a volte c’è bisogno di sentirsi
un passo indietro rispetto all’immagine che si ha davanti. È
anche questo che rende la fotografia un linguaggio capace
sempre di rinnovarsi.
EOLO PERFIDO
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