WineCouture 3-4/2024
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
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22<br />
GIRAMONDO<br />
Una verticale da sogno nel calice per toccare<br />
con mano le origini della Roja. Sorsi che<br />
parlano di storie e incontri tra famiglie, di<br />
un’eccellenza del vino che piace sempre<br />
più in Italia, di una rivoluzione portata in<br />
bottiglia che ha saputo conquistare, di generazione in generazione,<br />
i palati più raffinati. Una vera e propria epopea<br />
che ha avuto inizio nel 1852 e, un passo alla volta,<br />
ha condotto fino all’incontro milanese in<br />
un tempio dell’eccellenza gastronomica<br />
come Il Luogo di Aimo e Nadia. Al<br />
centro del proscenio un’icona come<br />
il Castillo Ygay di Marqués de Murrieta,<br />
che Carlo Alberto e Leonardo<br />
Sagna, importatori dell’azienda<br />
spagnola in Italia, hanno raccontato<br />
in compagnia di Gianluca Petruzzi,<br />
export manager della storica realtà.<br />
Un procedere à rébours che dall’annata<br />
2012 ha condotto fino a un leggendario<br />
1968. Ma quella di Marqués de Murrieta è una<br />
storia che, come detto, va ben più indietro nel tempo,<br />
conducendo dritti fino all’origine dei vini della Rioja. È<br />
un racconto che ruota attorno alla figura di Luciano de<br />
Murrieta, militare e uomo d’affari che, dopo innumerevoli<br />
peripezie, a metà del XIX secolo decidi di “importare”<br />
dal Médoc le tecniche di vinificazione che avevano<br />
resi grandi i vini di Bordeaux nel mondo per applicarle<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
alle produzioni della regione spagnola. Primo tra tutti fa<br />
suo il concetto di Château, con il corpo vitato intorno alla<br />
cantina che ancora oggi regala la fisionomia all’azienda<br />
spagnola che porta il suo nome. Composta da 300 ettari<br />
di vigneti, la tenuta Ygay, situata a pochi chilometri<br />
da Logroño, è uno dei più grandi vigneti della Rioja. Un<br />
vero e proprio microcosmo, quello che circonda la cantina<br />
che nel 2022 ha visto l’apertura delle porte<br />
del nuovo centro produttivo, progetto d’investimento<br />
high tech di 25mila metri<br />
quadri che si completerà nel 2027 con<br />
la parte del complesso che verrà dedicata<br />
all’Hospitality di lusso. Ygay,<br />
così com’è stata concepita fin dalle<br />
origini, consente in questo modo il<br />
controllo diretto di ogni fase della<br />
produzione. E se il passaggio delle<br />
uve dal vigneto alla cantina è immediato,<br />
garantendo la massima qualità di<br />
quanto giunge in pressa, nel 2000 l’azienda<br />
ha completato la mappatura dell’intero parco vitato,<br />
suddividendolo in 30 appezzamenti con caratteristiche<br />
distinte tra suoli, esposizioni, ventilazioni e altitudini<br />
che variano tra i 320 e i 485 metri s.l.m. Un passaggio<br />
fondamentale, quest’ultimo, che poi si riflette nel calice,<br />
con vini che sono rappresentazioni del DNA di filari capaci<br />
di preservare lungo il corso del tempo la peculiare<br />
personalità e lo stile Murrieta. Un’identità che si mostra<br />
Castillo Ygay:<br />
alle origini della Roja<br />
Dal 2012 al 1968, il vino simbolo<br />
di Marqués de Murrieta alla prova del tempo<br />
alla perfezione nel suo vino di punta, quel Castillo Ygay<br />
Tinto Gran Reserva Especial Doca Rioja, racconto anche<br />
in termini di Denominazione della più alta qualifica del<br />
vino di Spagna, che dal 1877, prima annata, fino al 1904<br />
era noto come Château Ygay, nome che ha poi ritrovato<br />
in etichetta, deroga ai regolamenti che vietano l’uso di<br />
parole straniere, per la sola data del centenario dell’azienda<br />
nel 1952. Ma cosa racconta in un raffronto col tempo<br />
che passa l’etichetta simbolo della realtà guidata dal<br />
1996 da Vicente Dalmau Cebrián-Sagarriga, 11esimo<br />
conte di Creixell, insieme con la sorella Cristina? Innanzitutto,<br />
a partire dal 2001 del frutto dei 33 ettari piantati<br />
nel 1950 sui suoli calcareo argillosi del vigneto La Plana,<br />
situato a 485 metri s.l.m. e caratterizzato da un sistema<br />
di allevamento ad alberello. Blend oggi di Tempranillo e<br />
Mazuelo, ma che in passato, come per l’annata 1968, vedeva<br />
concorrere in parte minoritaria anche Garnacha e<br />
Graciano, è vino che prende vita solo nelle<br />
annate considerate le più adeguate alla sua<br />
produzione, che non significa necessariamente<br />
le migliori: quella ora sul mercato è<br />
la 2012, poi si passerà, non prima del 2026,<br />
alla 2016. Proprio dall’ultima release ha<br />
preso il via la verticale, matrimonio di 81%<br />
Tempranillo e 19% Mazuelo, sorprendete<br />
riserva di pronta beva, concentrato nei<br />
suoi frutti rossi maturi e le successive<br />
note balsamiche, per un’espressione<br />
che regala col suo stile che tende<br />
a una più spiccata classicità nel<br />
calice e una già chiara immediatezza<br />
a farsi da tramite ideale per<br />
introdurre perfettamente il consumatore<br />
italiano, spesso tradizionale<br />
nel suo approccio, allo stile di<br />
questa grande etichetta. È proprio<br />
nel confronto con le annate che<br />
seguono nella degustazione, la<br />
2011 e la 2009, che si nota tutta la<br />
bellezza dello stile Ygay: la prima<br />
con una freschezza che racconta<br />
di un orizzonte, in prospettiva,<br />
molto più ampio della 2012, per<br />
una riserva che merita più di tutte<br />
di essere preziosamente conservata<br />
in cantina; la seconda, la 2009,<br />
che evidenzia un tannino sempre<br />
morbido e dalla trama sottile, oltre<br />
a una macchia mediterranea<br />
che si trasforma in trait d’union.<br />
In sintesi, nel confronto tra le tre, a<br />
emergere è il denominatore comune<br />
del frutto rosso maturo, una balsamicità<br />
che si esprime ora come eucalipto, ora come liquirizia,<br />
ora come foglie di tè verde, ma soprattutto una spiccata<br />
complessità che sposa, in un equilibrio quasi perfetto,<br />
un’acidità e una freschezza che rendono questa riserva un<br />
vino estremamente piacevole ed elegante. Un’equazione<br />
confermata anche dallo straordinario privilegio del confronto<br />
con l’annata 1968 che meriterebbe ogni superlativo<br />
che le si possa affiancare. Un vino perfetto, a distanza<br />
di più di 40 anni dalla sua messa in commercio nel 1983,<br />
nella sintesi tra acidità, freschezza e una succosità al palato<br />
che ha dell’incredibile. Una riserva che ha tutt’altro<br />
che esaurito il suo cammino e ancora da considerare sul<br />
sentiero di una crescita evolutiva. Lunghissimo in bocca,<br />
splendido nella nota salina che ne tratteggia come una<br />
pennellata il finale. È da evidenziare, come spiegato in<br />
principio, che spingendosi così indietro con gli anni quello<br />
che si ritrova nel calice è un blend differente dalle versioni<br />
“moderne”, in questo caso 70% Tempranillo, 13%<br />
Mazuelo, 12% Garnacha e 5% Graciano, con anche un<br />
tenore alcolico molto diverso. Per una nuova sfumatura<br />
di un mito, che domanda soltanto mente aperta e animo<br />
predisposto alla scoperta per essere compreso e goduto<br />
nelle sue straordinarie sfaccettature.