Journal of Italian Translation

48 Journal of Italian Translation
dal romanzo Alla cieca
di Claudio Magris (Garzanti, 2005)
[Capitolo 8]
Ho amato il mare più della donna, prima di capire che sono la
stessa cosa. Ma questo l’ho capito tardi, tanto più tardi di quella
sera a Londra, quando, scappando da quella ragazza, sono andato
a sbattere nella squadra dell’arruolamento forzato, che mi ha
trascinato su un barcone sul Tamigi e di lì a bordo del Surprize, una
bella nave da guerra. Sì, sono scappato. Capita. Lei non ha mai
provato la paura? Quel corpo che non è più tuo, neanche l’odore lo
riconosci, un sudore acido – non ti comandi più, non puoi ordinarti
di non sudare, di non avere quell’odore.
A me piace comandare – anche obbedire, è lo stesso, sono io
che decido, anche di sottomettermi al Partito, per esempio. Si sa
quello che si deve fare e sotto a chi tocca. Ma quel-la sera a Londra,
sbarcato dalla Jane, in quella locanda, con quella ragazza, non
sapevo chi comandava e chi obbediva. Il mio corpo era là, lontano,
sudato, gelato; sentivo che nell’amore, neanche in quello di cinque
minuti, non si comanda e non si decide. Come si fa, con una ragazza
come quella, cosa le si dice, chi è che comincia, che cosa succederà...
Via, tagliare la corda, anche brutalmente se quella insiste,
appena girato l’angolo passerà questa paura, questa vergogna. Mi
potrò bere da qualche parte un boccale di birra fresca, che ora non
mi vuole andar giù, ah la birra, fresca, schiumosa, senti di nuovo le
braccia, le gambe; anche il sudore è diverso, un buon sudore. E una
delizia quando la birra ti scende in gola e in pancia e quando, poco
dopo, vai a pisciarla, anche l’uccello è nuovamente sciolto e disinvolto,
ogni tanto ti gonfia chissà perché i pantaloni ma è affar suo e
non gli badi, come quando ti viene su un rutto, tanto fa presto a
tornare a posto.
D’accordo, quella volta la birra non l’ho bevuta, la squadra
dell’arruolamento forzato mi ha beccato quasi subito, nel vicolo,
prima che potessi infilarmi in un’altra taverna. Ma non è questo
che conta. Mi dispiacciono assai di più quelle malignità insinuate
dai miei biografi, più o meno tutti – Clune, Stephenson, Davies, e
adesso anche quel Dan Sprod, che la sa così lunga. E vero che ho