Journal of Italian Translation
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52 <strong>Journal</strong> <strong>of</strong> <strong>Italian</strong> <strong>Translation</strong><br />
caffè Lloyd, a Fiume, dove andavamo qualche volta la sera. Una<br />
volta l’ho vista arrivare; io ero già dentro ad aspettarla, lei ha<br />
attraversato la strada, mi ha sorriso oltre la porta trasparente ed è<br />
entrata facendo scorrere i pannelli; mentre lei passava fra loro la<br />
sua figura e il suo vi-so si sono specchiati in quei cristalli che<br />
roteavano e si sono frantumati in cangianti riflessi, una manciata<br />
di schegge luminose e dissolte. Così, tra una porta girevole e l’altra,<br />
è sparita.<br />
Devo essere rimasto tanto tempo a guardare il luccichio di quei<br />
battenti; anni seduto là dentro, mentre le porte girano sempre più<br />
lentamente e non entra nessuno. E comprensibile che a uno gli giri<br />
anche la testa e non ricordi nemmeno più bene chi è sparito fra un<br />
vetro e l’altro, di chi era quel sorriso. Per un attimo, per esempio, ho<br />
creduto, intravedendola sulla strada, che fosse Mangawana; che<br />
anche lei avesse attraversato il grande mare. Ero io che la chiamavo<br />
così, sotto i grandi eucalipti protesi sulle acque del Derwent, con<br />
quell’antico nome aborigeno, per canzonarla della sua pelle bruna<br />
come quella di mia madre. Era invece Maria – sì, era anche<br />
Mangawana, perché Maria era il mare in cui sfociano tutti i fiumi.<br />
Amare una donna non vuoi dire dimenticare tutte le altre, bensì<br />
amarle e desiderarle e averle tutte in lei. Quando facevamo all’amore<br />
sulla spiaggia solitaria della Levrera o in quella stanza a Miholaséica,<br />
c’era anche la foresta australe ai bordi dell’oceano, Terra Australis<br />
incognita.<br />
Invece a Fiume, quel giorno... Quando Maria, vedendo-mi<br />
incapace di partire, mi ha preso per mano, se l’è passata sul seno e<br />
mi ha guidato verso la porta, nell’odore dell’alba, aiutandomi ad<br />
andare – il viaggio è l’inizio del ritorno, mi ha sorriso, ma io sapevo,<br />
almeno credo, che non ci sarebbe stato ritorno, per decreto degli<br />
dèi che io, con un arbitrio distorto del cuore, avevo inalzato più<br />
grandi del mio cuore e di quel sorriso.<br />
Forse non l’ho mai amata come allora, quando mentivo il<br />
ritorno e m’imbarcavo alla ricerca del vello; mentre lei mi teneva<br />
ancora un istante le mani e insieme mi aiutava, dolce e indomabile,<br />
a staccare le mie, Issipile che saluta Giasone: «Parti, e gli dèi ti<br />
concedano di ritornare coi tuoi compagni / sani e salvi e portando<br />
al re il vello d’oro, / come tu vuoi e come ti è caro. Però quest’isola<br />
/e lo scettro che fu di mio padre saranno per te, se in futuro, /<br />
tornato in patria, vorrai venire qua ancora. / Ricordati, dunque, di<br />
Issipile anche lontano, anche quando / sarai ritornato e...» – «Be’,