ARIA ACQUA TERRA FUOCO

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STRUOGNULI DI NOTTE. ADRIANA PIGNATELLI MANGONI DA: L.S. HABSBURG-LORRAINE VURCANU I DUE PUORTI. ADRIANA PIGNATELLI MANGONI DA: L.S. DE HABSBOURG-LORRAINE PANARIA BASILUZZU STRUOGNULI. ADRIANA PIGNATELLI MANGONI DA: L.S. DE HABSBOURG-LORRAINE SALINA A MUNTAGNA E PUORRI. ADRIANA PIGNATELLI MANGONI DA: L.S. DE HABSBOURG-LORRAINE graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it STRUOGNULI DI NOTTE VURCANU I DUE PUORTI PANARIA BASILUZZU STRUOGNULI SALINA A MUNTAGNA E PUORRI ARIA ACQUA TERRA FUOCO EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI DAL VESUVIO ALLE EOLIE SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
Le Isole Eolie: Gaston Vuillier DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE “Guadagnammo a remi il porto di Lipari, ove demmo fondo all’ancora verso le due. Lipari con il suo castello costruito sulla rocca e le sue case disposte secondo le sinuosità del terreno, presenta un aspetto quanto mai pittoresco. Del resto, avemmo tutto il tempo di ammirare la sua posizione, considerate le innumerevoli difficoltà che ci fecero per lasciarci sbarcare. Le autorità, alle quali avevamo avuto l’imprudenza di ammettere che non venivamo per il commercio della pesca, il solo commercio dell’isola, e che non comprendevano che si potesse giungere a Lipari per altre ragioni, non volevano ad ogni costo lasciarci entrare. Alla fine, quando passammo attraverso un cancello i nostri passaporti che, per paura del colera, ci furono presi dalle mani con le gigantesche pinze, e una volta che si furono assicurati che venivano da Palermo e non da Alessandria o da Tunisi, ci aprirono il cancello acconsentendo di lasciarci passare. C’era un bel po’ di differenza tra questa ospitalità e quella di re Eolo. Si ricordi che Lipari altro non è che l’antica Eolia, dove Ulisse sbarcò dopo essere sfuggito a Polifemo. Ecco ciò che racconta Omero: ‘Arrivammo fortunatamente all’isola di Eolia, isola accessibile e conosciuta dove regna Eolo, l’amico degli dei. Un indistruttibile ed inespugnabile baluardo, circondato da rocce lisce e scoscese, cinge l’intera isola. I dodici figli del re costituiscono la principale ricchezza del suo palazzo; sei maschi e sei femmine tutti nel fiore della giovinezza. Eolo li tiene uniti tutti insieme e le loro ore trascorrono, vicino ad un padre e ad una madre degni della loro venerazione e del loro amore, in festini perenni e splendidi per abbondanza e varietà’. Non solo Eolo accolse Ulisse e lo festeggiò degnamente per tutto il tempo che lui e i suoi compagni rimasero a Lipari ma al momento della partenza gli fece dono anche di quattro otri dove erano rinchiusi i principali venti: Euro, Austro ed Aquilone. Solamente Zefiro era rimasto libero ed aveva ricevuto l’ordine dal suo sovrano di spingere felicemente il re fuggitivo verso Itaca. Sfortunatamente, però, l’equipaggio della nave che Ulisse governava ebbe la curiosità di vedere cosa racchiudevano quegli otri così ben gonfi ed un bel giorno li aprì. I tre venti, quanto mai felici di essere liberi, dacchè da qualche tempo erano rimasti prigionieri negli otri con un sol colpo d’ali si slanciarono nel cielo, dove ingaggiarono a mò di gioco una tale lotta che tutte le navi di Ulisse furono distrutte e solo lui riuscì a salvarsi su di una tavola. Il vento soffiava impetuoso sulla cima, e siccome eravamo fradici di sudore, approfittammo del riparo che ci offrivano alcuni massi di lava. Le fumarole della pendice ci coprivano di vapori sulfurei, e soltanto a tratto distinguevamo il paesaggio. In lontananza, oltre la piana, si vedeva la spiaggia, la montagna ardente, lo spoglio Vulcanello, specie di suolo lunare, e la baia di Ponente dove le onde si infrangevano sugli scogli. Infine appariva Lipari, sfumata nella nebbia. Alla fine arrivammo al cratere. Dimenticai la fatica dinanzi al quadro che si offriva ai miei occhi. Ero sull’orlo di un imbuto gigantesco, e da tutte le parti delle striature nere, sanguigne o sulfuree convergevano rimpicciolendosi verso il fondo. Lì, come in una mostruosa caldaia, una massa rossastra cosparsa qua e là di cenere si muoveva, si agitava, si gonfiava, scoppiava, si appiattiva, crepitava. Un rumore infernale saliva dal fondo del cratere, e i vapori che fuoriuscivano annebbiavano il cielo sopra le nostre teste. Il terreno tremava sotto i piedi, bruciava ed era difficile restare fermi a lungo. Un vago timore mi aveva afferrato, si era impadronito anche degli altri, si vedeva facilmente. Solo il capitano sembrava calmo in mezzo ai vapori, gli occhi fissi sull’abisso. Si abbassò, spinse un blocco di lava che rotolò e andò ad affondare nelle profondità incandescenti. Allora lo imitammo tutti e le pietre cominciarono a rotolare senza interruzione. Alcune, arrivate in fondo al cratere, scoppiavano, altre s’inabissavano con un rumore sordo nella materia fusa scoppiettante”. Da: Gaston Vuillier, La Sicile, impressions du present et du passé, Parigi 1896. 47
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