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Fino all'ultimo sangue - istrit.org

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in cui doveva accadere la più grande, la più terribile di tutte le guerre mai accadute:<br />

la confl agrazione mondiale. Era infatti tutto il mondo ad essere sotto le<br />

armi. Tutti combattevano. [Il mondo] lottava per la propria libertà contro la tentata<br />

egemonia di una nazione. Eppure bisognava ammirare il nemico che già da<br />

tre anni combatteva. Le sue forze erano in continua diminuzione, mentre le nostre<br />

erano in continuo aumento. Si trovava serrato da tutte le parti, chiuso come<br />

il lupo fra i cani, con la popolazione all'interno che soffriva la fame, con un soldato<br />

che aveva rancio suffi ciente per non morire. Il nostro nemico, l'austriaco,<br />

era impoverito, stracciato e affamato. I tedeschi non si trovavano in condizioni<br />

molto migliori, eppure combattevano ancora e avevano osato un colpo che per<br />

miracolo non schiacciava l'avversario. Volere o no, per il momento erano loro i<br />

vincitori. Essi potevano dettar legge al territorio nostro, militarmente ci erano<br />

superiori. Donde attingevano tante energie, tante forze? Eppure dovevano ben<br />

capire l'impossibilità di rovesciare una coalizione mondiale, ed ancora tentavano,<br />

ancora attaccavano, essi erano gli assalitori e noi gli assaliti, dovevamo noi<br />

difenderci. Essi davano al mondo un esempio di risolutezza, di <strong>org</strong>anizzazione,<br />

di disciplina. Ed è una lezione che deve andare ben meditata... Io avevo visto il<br />

giorno precedente prigionieri nemici: sudici, stracciati, magri, affamati. Rari<br />

erano coloro che non stavano ridotti in quello stato. Si indovinavano prigionieri.<br />

Eppure combattevano ancora. Erano talmente disciplinati che bastava un ordine:<br />

bisognava attaccare ed essi attaccavano. Il nostro soldato sarebbe stato capace<br />

di tanto? Io oso dubitarne. E qui mi sia lecito aprire una parentesi. Mi si potrà<br />

forse dire che un uffi ciale italiano non deve disconoscere i meriti del nostro<br />

soldato. Sarebbe lo stesso che il medico, per conservare il cliente, dicesse all'ammalato<br />

che è sano. Le piaghe non si curano nascondendole, ma aprendole alla<br />

luce. Ma è una cosa pericolosa toccare troppo il marcio. Lo so. E forse per questo<br />

la mia digressione avrà maggior merito. Forse sono il primo uffi ciale che osa<br />

parlare di ciò. Non fuggite. Ascoltatemi. Dopo avrete tutto l'aggio di lapidarmi.<br />

Il soldato italiano non è un soldato disciplinato. E' un soldato a cui piacciono i<br />

propri comodi, che non vuol lavorare troppo, che è sempre pronto a marcare<br />

visita per avere il purgante e il relativo riposo. E' un soldato disobbediente che<br />

non ha cura della propria arma, delle proprie cartucce, della baionetta, del corredo,<br />

di niente. Lo Stato paga, dice il soldato nostro. E via le cartucce nei fossi<br />

per non portare una giberna che pesi troppo. Via il fucile e se è possibile si ruba<br />

un moschetto perché è più leggiero. Casca un bottone: non lo ricuce. Il soldato<br />

dice che ha perso la borsa di pulizia: l'ha persa appunto per non dover poi cucire<br />

qual era, ovviamente conosceva e che il fi losofo Herbert Spencer aveva applicato alla società. I due<br />

concetti darwiniani di «lotta per l'esistenza» e di «sopravvivenza del più idoneo», sdoganati fi losofi camente,<br />

fi nirono per fornire altri argomenti al nazionalismo. Ecco che la guerra diviene allora «un male<br />

necessario» cui l'umanità non può sottrarsi.<br />

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