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armi austriache in questa particolare battaglia, ma dato un contributo fondamentale<br />
alle ragioni dell'Intesa. «Il magnifi co successo italiano - si legge - non ha soltanto<br />
salvato ancora Venezia e il Veneto dagli orrori dell'invasione; non ha soltanto inferto<br />
un profondo colpo alla possanza e all'<strong>org</strong>oglio del nemico, sventato i suoi piani<br />
di dominazione saccheggiatrice, cinicamente confessati, ma assume un'importanza<br />
globale per quello che rappresenta nell'immane guerra dei popoli. Esso conclude una<br />
di quelle battaglia, nelle quali, dolorosamente si va f<strong>org</strong>iando non l'avvenire di una<br />
nazione ma l'avvenire dell'umanità»». Ecco dunque che da ora in poi, anche per gli<br />
alleati, dovrà essere chiaro «come l'eroismo italiano si sia prodigato per la sorte di tutti<br />
- ed essi - debbono noverare il Piave tra i fi umi santifi cati dalla lotta per la liberazione<br />
del mondo». Perché questo auspicio? Che cosa si cela dietro al massiccio sforzo nemico.<br />
Quali oscuri disegni nasconde il desiderio di affondare il nostro paese? Scrive<br />
Barzini: «Con l'attacco gigantesco di tutte le forze austriache contro l'Italia, gli Imperi<br />
Centrali cercavano [di] disimpegnare d'un colpo le riserve, [di] ottenere le risorse che<br />
dessero loro una formidabile, ineluttabile, predominanza defi nitiva». Ciò accade per<br />
la imprevista resistenza che i tedeschi stanno incontrando in Francia. «La Germania<br />
- continua l'inviato del Corriere - aveva bisogno di gettare sulla bilancia della guerra<br />
nuove, possenti, forze, agguerrite, pronte, che rendessero la sua supremazia decisiva,<br />
trionfante, prima che i vigorosi eserciti americani portassero il loro peso irresistibile<br />
nella lotta. L'esercito austriaco doveva formare questa immensa riserva nemica. Per<br />
disporre così dell'esercito austriaco, era necessario schiacciare l'Italia». Se questo è<br />
vero, sostiene Barzini, l'attacco portato sul nostro fronte «si connette profondamente<br />
all'offensiva tedesca in Francia - confi gurandosi come - una fase importantissima dello<br />
stesso sterminato dramma che cerca sulla terra francese la sua suprema soluzione».<br />
In realtà, gli ambienti politici e militari di casa nostra già percepiscono con fastidio la<br />
relativa considerazione con la quale gli alleati guardano al fronte italiano; è in una tale<br />
ottica che le parole di Barzini acquistano signifi cato: «Questo legame, questa unità,<br />
questa intimità di azione, vanno sentiti e riconosciuti. Dal mare del Nord all'Adriatico<br />
non vi sono teatri secondari di guerra; tutta la fronte è egualmente vitale e una sconfi tta<br />
italiana, permettendo il trasporto di sessanta divisioni austriache in Francia, avrebbe<br />
sulla Senna le stesse conseguenze di una irreparabile sconfi tta francese. […] Abbiamo<br />
capovolto i disegni tedeschi. Tratteniamo i nemici mentre affl uiscono a milioni le<br />
forze americane. Questo signifi ca il nostro successo». L'Italia sta dunque facendo la<br />
sua parte. Paga un prezzo alto per la vittoria dell'Intesa ed è quindi logico che essa si<br />
attenda non solo un'adeguata considerazione per i suoi sforzi, ma anche un compenso<br />
idoneo al tributo di <strong>sangue</strong> che il confl itto le ha imposto. Il dopoguerra rivelerà però<br />
quanto effi mere siano queste aspettative e quando nel comune sentire, esse saranno<br />
percepite - a torto o a ragione - come frustrate, il risentimento nei confronti degli alleati<br />
diverrà inevitabile. L'amara sorpresa che i vantaggi ottenuti a prezzo di sacrifi ci terribili<br />
saranno praticamente pari alle concessioni che l'Austria-Ungheria avrebbe accordato<br />
all'Italia in cambio della sua neutralità, non potrà essere accettata a cuor leggero.<br />
Il piano austro-tedesco e il fronte comune<br />
Le amare considerazioni sulla «vittoria mutilata» sono ancora di là da venire e<br />
l'opinione pubblica italiana fa ancora un mal riposto affi damento sulla «riconoscenza»<br />
degli alleati. Barzini continua dunque a sostenere la tesi del fronte unico, lungo il quale<br />
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