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18 Terra e Vita [ ATTUALITÀ ] n. <strong>24</strong>/2012<br />
16 giugno 2012<br />
FEDERVINI-NIELSEN Al primo posto (51%) davanti alla birra (38%). <strong>Il</strong> consumo è moderato<br />
Vino, bevanda preferita dagli italiani<br />
DI GIUSEPPE FUGARO <br />
<strong>Il</strong> 65% della popolazione italiana<br />
consuma bevande alcoliche<br />
(-4% dal 2008 al<br />
2011).<br />
All’assemblea della Federvini,<br />
è stato presentato uno studio<br />
Nielsen commentato dal sondaggista<br />
Renato Mannheimer.<strong>Il</strong><br />
consumo italiano di bevande alcoliche<br />
resta una passione prevalentemente<br />
maschile, le donne<br />
invece sono attratte da un consumo<br />
più «facile», poco alcolico).<br />
L’indagine è stata condotta<br />
da Nielsen su un campione di<br />
oltre 9.000 famiglie coinvolgendo<br />
oltre 25.000 individui.<br />
Nel complesso i consumatori<br />
di alcolici sono maggiori nelle fasce<br />
centrali di età (soprattutto tra<br />
35-44 anni e presso gli over 65). <strong>Il</strong><br />
luogo principale di consumo di<br />
bevande alcoliche rimane la casa<br />
propria (83%), poi quella di parenti<br />
e amici (55%), seguita da<br />
ristoranti (49%), pub e bar (25%).<br />
<strong>Il</strong> vino si riconferma la bevanda<br />
alcolica più consumata (51%<br />
nel 2011), seguito da birra (38%)<br />
e da spumanti, champagne e<br />
CINA<br />
Entro 10 anni<br />
anche la qualità<br />
prosecco (20%).<br />
<strong>Il</strong> modello di consumo di alcolici<br />
in Italia resta «moderato»:<br />
per lo più si bevono1o2bicchieri<br />
per occasione di consumo: 4<br />
italiani su 10 conoscono i caratteri<br />
dello stile mediterraneo come<br />
approccio al bere.<br />
<strong>Il</strong> primo assaggio degli italiani<br />
avviene mediamente a 15 anni<br />
ed è quasi sempre legato ad<br />
un’occasione speciale e a contesti<br />
tradizionali e controllati (36%<br />
una ricorrenza, 22% una festa in<br />
casa, 14% a casa con genitori/<br />
parenti).<br />
I dati sono in linea con le ultime<br />
risultanze dell’Oms sul consumo<br />
di alcol in Europa, dai quali<br />
emerge che i più forti consumatori<br />
di vino, Italia e Francia,<br />
sono anche quelli che negli ultimi<br />
decenni hanno sperimentato<br />
un maggiore calo nel consumo<br />
pro-capite di alcolici.<br />
L’Italia non solo ha uno dei<br />
consumi pro-capite di alcolici tra<br />
i più bassi d’Europa (nel 2009 6,4<br />
l/pro-capite, fonte: Istituto superiore<br />
di sanità), ma anche una<br />
L a<br />
Cina entro 10 anni riuscirà a produrre<br />
vini di qualità, in grado di fare concorren-<br />
za al made in Italy. A lanciare l’allarme è<br />
Assoenelogi in occasione del 67° congresso<br />
nazionale, precisando che è un mercato da<br />
presidiare, ma da cui è necessario iniziare a<br />
guardarsi le spalle. «I cinesi si stanno attrezzando per aggredire i<br />
mercati di sbocco italiani», ha dichiarato il direttore generale di Assoenoligi,<br />
Giuseppe Martelli, che ricorda come la Cina sia il Paese che<br />
impianta di più al mondo e che produce 30 milioni di hl di vino all’anno,<br />
poco meno della metà della produzione complessiva italiana. Una produzione<br />
cinese che non potrà trovare solo sbocco sul mercato interno e<br />
frequenza minore del bingedrinking,<br />
lo sballo del sabato sera<br />
(fonte: Oms).<br />
Uno stile di consumo «responsabile»,<br />
la cui conoscenza è<br />
certamente più diffusa nelle fasce<br />
di età più mature (41% tra i<br />
45-54, 38% tra i 55-64) e in contesti<br />
socio-economici più istruiti<br />
(46% tra i laureati, 41% tra i diplomati),<br />
ma che conta su una<br />
discreta conoscenza anche dei<br />
più giovani (37% tra i 25-34, 31%<br />
tra i 17-20).<br />
<strong>Il</strong> 38% delle consumazioni di<br />
alcolici e bevande avviene durante<br />
l’happy hour (72% ristorante,<br />
45% bar) fenomeno di<br />
grande successo che coinvolge<br />
una gran parte degli italiani.<br />
Un italiano su 10 ci va almeno<br />
una volta alla settimana. 8 italiani<br />
su 10 ritengono che l’happy hour<br />
sia un’occasione per frequentare<br />
gli amici e trascorrere una serata<br />
tranquilla e non impegnativa,<br />
oltre che un modo di consumare<br />
e socializzare contenendo le spese.<br />
Bevanda preferita nell’happy<br />
hour è l’analcolico (57%) mentre<br />
il 36% preferisce gli alcolici. Happy<br />
hour è un appuntamento almeno<br />
settimanale. Sono per lo<br />
più giovanissimi (16-<strong>24</strong>enni) e<br />
spesso studenti. Si tratta quasi di<br />
un rito: spesso nello stesso giorno<br />
della settimana e nel posto di fiducia<br />
(di solito il pub); rigorosamente<br />
con gli amici e preferiscono<br />
un cocktail alcolico. Gli assidui,<br />
il 26% dei frequentatori (pari<br />
al 15% del campione totale), si<br />
concedono l’happy hour un paio<br />
di volte al mese. Per lo più i 25-<br />
34enni, ceto impiegatizio, preferiscono<br />
le enoteche e talvolta le<br />
birrerie; e la bevanda preferita è il<br />
vino. Infine gli occasionali, la<br />
gran parte della popolazione<br />
(56% dei frequentatori, ossia il<br />
33% del totale), ci vanno all’happy<br />
hour più raramente, al massimo<br />
1 volta ogni 3 mesi. <br />
che quindi dovrà cercare necessariamente nuove valvole di sfogo.<br />
<strong>Il</strong> livello dei vini prodotti all’ombra della Grande muraglia per ora,<br />
comunque, non preoccupa. Tuttavia, spiega Martelli, «le joint-venture<br />
che vengono fatte tra Cina e Paesi europei ci fanno pensare a un<br />
incremento di qualità decisamente interessante che, di qui a dieci anni,<br />
potrebbe individuare delle sfere di mercato che fanno gola anche agli<br />
europei». Inizialmente, i mercati di sbocco cinesi dovrebbero essere<br />
quelli asiatici, dove i consumatori intendono il vino in modo diverso da<br />
noi; il vino cinese, secondo Martelli, potrebbe essere veicolato anche<br />
attraverso le migliaia di ristoranti cinesi presenti nel mondo. Per adesso<br />
il pericolo è scongiurato, affermano gli enologi, ma è necessario ripensare<br />
il modo di aggredire i mercati stranieri. T.V.