NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009 - EPA
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il numero delle pagine della rivista: segno inconfutabile<br />
dell'interesse manifestato per essa da molti studiosi di<br />
tematiche storiche dell'Ungheria e del Centroeuropa.<br />
[Da Presentazione]<br />
Mario Venturelli<br />
LA MAREMMA E LE NOTTI<br />
INTORNO AL FUOCO<br />
Storie, massime, poesie, vicende<br />
umane attraverso gli occhi dei<br />
protagonisti<br />
E. f., <strong>2009</strong>, Orbetello (Gr), pp.40<br />
La Maremma è un territorio<br />
vasto e dai confini difficilmente<br />
definibili che si affaccia sul Mar<br />
Tirreno. Convenzionalmente, il<br />
territorio maremmano è suddiviso in tre zone: La<br />
Maremma livornese o Maremma pisana, detta anche<br />
Alta Maremma o Maremma Settentrionale; La Maremma<br />
grossetana (già Maremma senese), o Maremma<br />
propriamente detta: la parte centrale; Maremma laziale,<br />
la parte meridionale, si estende nella parte occidentale<br />
della provincia di Viterbo e all'estremità nordoccidentale.<br />
«La parola maremma nasce con la emme minuscola<br />
perché sta a indicare una qualsiasi regione bassa e<br />
paludosa vicina al mare dove i tomboli, ovvero le dune,<br />
ovvero i cordoni di terra litoranea, impediscono ai corsi<br />
d'acqua di sfociare liberamente in mare provocandone il<br />
ristagno. Con il risultato di creare acquitrini, paludi. Non<br />
Maremma, allora, bensì maremma. E siccome la<br />
maremma più vasta della penisola, la più nota, la più<br />
micidiale, quella dove la malaria ha imperversato<br />
spietata per secoli interi, era la zona costiera della<br />
Toscana meridionale e del Lazio occidentale, al punto<br />
che nella storia della medicina, e anche della letteratura<br />
popolare, la malaria legò il suo nome, il teatro delle sue<br />
rabbrividenti nefandezze, a questo territorio, la<br />
maremma tosco-laziale prese la emme maiuscola.<br />
Divenne Maremma per indicare la regione abitata un<br />
tempo dagli Etruschi. Una regione così grande che<br />
Maremma passò ben presto al plurale. Si parlò di<br />
Maremme.» (Da Aldo Santini, Cucina maremmana, Franco<br />
Muzzio editore, 2006, p. 9.)<br />
La Maremma è stata per secoli una terra di briganti,<br />
sia per ragioni ambientali, sia per la natura di terra di<br />
confine fra lo stato granducale e lo stato della chiesa.<br />
Domenico Tiburzi fu l'ultimo dei grandi briganti che per<br />
molti decenni, alla fine dell'800 signoreggiò i boschi<br />
della Maremma. Si tratta di una figura molto popolare<br />
ed é l'ultimo dei briganti maremmani ucciso nel 1896.<br />
Con la sua morte si può dire che sia finita l'epoca del<br />
brigantaggio maremmano, e insieme della Maremma<br />
malarica e spopolata.<br />
In Toscana la bestemmia è un intercalare molto<br />
diffuso; spesso però, il termine Maremma viene<br />
utilizzato per assonanza in luogo di Madonna, in modo<br />
da evitare la blasfemia esplicita, alleggerendo il tono<br />
pur mantenendo un certo impatto all'interno della<br />
conversazione volgare, l'origine discende anche dal<br />
fatto che la maremma per la sua asprezza veniva offesa<br />
come territorio avverso all'uomo, maremma amara...<br />
Questo volumetto è un piccolo contributo culturale<br />
del passato di questo territorio. Ecco i titoli degli scritti:<br />
Maggio la merca del bestiame, Il bue e il maiale, Lo<br />
spazzacamin, antica filastrocca maremmana, La vacca,<br />
La chioccia, Il mondo tutto bianco, Pericle e il suo<br />
casale, Pericle e il cane, Pericle e il prete, La caccia al<br />
cinghiale, Pericle e Tiburzi, Pericle e la sua pipa, Una<br />
lira al giorno, L’uomo della pioggia, Il susino, A<br />
ciascuno il suo, La befana, Il padrone, Antichi detti e<br />
massime maremmane, Domenico Tiburzi, Tutti mi dicon<br />
Maremma Maremma, Giovanni il serpe, Egisto figlio di<br />
Pericle.<br />
Mttb<br />
________L’Arcobaleno________<br />
Rubrica degli Immigrati Stranieri in Italia<br />
oppure<br />
Autori Stranieri d’altrove che scrivono e traducono in italiano<br />
Melinda B. Tamás-Tarr — Ferrara<br />
LE NUOVE AVVENTURE DI SANDY<br />
VI/2 UNA RIVOLTA CAOTICA NELLA BIBLIOTECA<br />
Per primi si presentarono quattro personaggi di una<br />
fiaba. La loro presenza suscitò una grande allegria nella<br />
popolazione dei ragazzi in tutto territorio della nazione.<br />
A chi non piacciono le fiabe? Che domanda! Certo che<br />
tutti le gradiscono: siano grandi che piccoli. Così si<br />
materializzarono i seguenti protagonisti fiabeschi:<br />
«Io sono un povero sarto ed ho tre figli. Ogni giorno<br />
mandai uno di loro a pascolare la mia capra nel prato<br />
affinché mangiasse erba fresca e desse così molto latte.<br />
Ogni sera chiedevo alla capra se avesse mangiato bene.<br />
Ma essa mi rispondeva sempre: “Non ho assaggiato<br />
neanche un boccone!” Mi sentii ingannato e pensai che<br />
i miei figli fossero dei fannulloni. Per questo decisi di<br />
costringerli ad andarsene in giro per il mondo a<br />
guadagnarsi la vita…», disse per primo il sarto.<br />
Poi proseguì suo figlio più grande:<br />
«Me ne andai di casa e mi misi a lavorare come<br />
falegname. Lavorai ed imparai molto dal mio padrone:<br />
egli era soddisfatto del mio lavoro. Spesso mi faceva<br />
dei complimenti, per esempio: “bravo ragazzo” oppure<br />
“sei proprio bravissimo”. Per ciò ricevetti da lui una<br />
bella paga: un tavolino. Esso era magico, perché<br />
bastava dire “Tavolo servimi” e il tavolo si riempiva di<br />
piatti pieni di vari cibi favolosi. In questi momenti di<br />
magia c’erano tante cose da mangiare, sarebbero state<br />
sufficienti anche per cento persone! Con esso tornai a<br />
casa, ero felicissimo. Ma strada facendo mi fermai in<br />
una locanda dove il proprietario, spiandomi, scoprì il<br />
mio segreto. Mentre io dormivo egli scambiò il mio<br />
tavolino con un altro comune. Lo scoprii quando a casa<br />
volli dimostrare la sua capacità magica. Ma non<br />
successe niente, e tutti risero di me…»<br />
Dopo di lui toccò al secondo figlio raccontare la sua<br />
storia:<br />
«Anche a me capitò la stessa cosa… Andando via di<br />
casa, io trovai lavoro da un mugnaio. Quando imparai il<br />
mestiere, decisi di tornare a casa. Per il lavoro svolto,<br />
per ringraziarmi il mio padrone mi regalò un asino<br />
magico. Bastava tirargli la coda perché aprisse la bocca<br />
e ne uscisse una pioggia di monete. Ero molto contento<br />
e mi avviai verso casa come mio fratello maggiore.<br />
Anch’io mi fermai nella stessa locanda e mentre<br />
dormivo il proprietario del locale scambiò il mio asino<br />
magico con un altro comune… Così, a casa feci una<br />
brutta figura, la gente rise di me: tiravo, tiravo la coda<br />
dell’asino, ma non accadde niente! Per forza! Non era<br />
quello magico!…»<br />
Dopo il secondo figlio, il fratello più piccolo raccontò<br />
l’accaduto:<br />
OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIII – <strong>NN</strong>. <strong>69</strong>/<strong>70</strong> <strong>LUGLIO</strong>-<strong>AGOSTO</strong>/<strong>SETTEMBRE</strong>-<strong>OTTOBRE</strong> <strong>2009</strong> 39