NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009 - EPA
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«Io invece avevo lavorato con un poliziotto e questi,<br />
per ricompensarmi del mio lavoro, mi aveva regalato un<br />
bastone magico. Tornando a casa anch’io mi fermai<br />
nella stessa locanda. Il padrone volle impadronirsi<br />
anche del mio randello. Ma io, per fortuna non dormivo,<br />
ero ancora sveglio, così ordinai al bastone di punirlo.<br />
Così scoprii che il tavolo e l’asino magici appartenevano<br />
ai miei fratelli, li presi e portai a casa!…»<br />
Infine il sarto concluse la loro storia:<br />
«Ed eccovi finalmente! Come sono felice di riavere i<br />
miei figli a casa! Ora capisco finalmente che ho dei figli<br />
meravigliosi… Grazie a loro ora nella nostra casa regna<br />
l’abbondanza… Accanto ai miei bravi ragazzi, però, ho<br />
purtroppo anche una capra bugiarda… Adesso dovremo<br />
ritornare da dove siamo venuti… Come facciamo?… Ci<br />
siamo persi…»<br />
Con l’aiuto di Mater Fabula Sandy trovò il titolo della<br />
favola: «Il tavolino, l’asino e il bastone» e con l’aiuto<br />
del computer trovarono l’antologia delle fiabe, così li<br />
indirizzò al loro volume intitolato «Favole».<br />
Dopo questi protagonisti, si presentarono altri<br />
personaggi fiabeschi con la loro storia ugualmente<br />
curiosa. Ecco un ragazzo col volto asiatico e raccontò<br />
pure lui la sua avventura di vita:<br />
«Mi chiamo Kotaro, figlio unico di una coppia anziana.<br />
La mia storia però non ha purtroppo un lieto fine… Io<br />
coltivavo il nostro campicello, e quando non avevo nulla<br />
da fare, andavo nel bosco a raccogliere legna che<br />
vendevo poi in città. Però non ne ricavavo molto, è<br />
vero, ma la mia famiglia era così povera, che anche la<br />
più piccola moneta di rame era la benvenuta nella<br />
nostra casa. Ero sempre laborioso ed un figlio<br />
obbediente, eppure i miei genitori mi rimproveravano<br />
spesso, perché ero molto generoso e sovente, di ritorno<br />
dalla città, dividevo con un mendicante incontrato per<br />
via i pochi soldi ricavati dalla vendita di legna. Ma la<br />
cosa che più indispettiva mio padre era che, in mia<br />
compagnia, non gli usciva mai ad uccidere alcun<br />
animale che servisse ad arricchire i nostri poveri pasti.<br />
Ogni volta che egli avvistava una preda, io scagliavo<br />
una pietra o lanciavo un grido che avvertivano l’animale<br />
del pericolo e gli davano il tempo di fuggire…<br />
Spesso sentivo dire dai miei genitori e non<br />
mancavano mai di ripetermelo: «È vero che nostro figlio<br />
è molto laborioso, bisogna dargliene atto, ma non brilla<br />
per intelligenza. Per tutta la vita sarà costretto a<br />
faticare sui campi e nella foresta, perché non ha<br />
nessuna idea di come va il mondo.»<br />
Un giorno ero andato al mercato e per tornare a casa<br />
attraversavo la foresta. Camminavo allegramente<br />
ascoltando il canto degli uccelli, quando, ad un tratto,<br />
udii uno strano rumorio: mi guardai intorno per scoprire<br />
da dove provenisse e vidi una gru bianca che era<br />
rimasta impigliata tra le fronde di un grosso albero e si<br />
dibatteva per liberarsi. «Povera gru» pensai, vedendo<br />
che i suoi sforzi l’avevano ormai indebolita e riusciva a<br />
stento a muovere le ali. Senza pensarci, mi arrampicai<br />
immediatamente sull’albero; e la liberai delicatamente.<br />
Allora mi accorsi che era ferita: una lunga freccia era<br />
conficcata sotto l’ala. Estrai dolcemente la freccia e pulii<br />
la ferita. Poi la portai al sicuro, nel cuore della foresta.<br />
Proprio in quel periodo, quando ebbi questa storia con<br />
la gru, non c’era molto da fare nel campo e tutte le<br />
mattine andai nella foresta. Un giorno, mentre ero<br />
assente, una bella fanciulla andò a trovare i miei<br />
genitori. Mia madre uscì assai sorpresa di vedere che<br />
una così bella ragazza chiedeva di me. Mia madre la<br />
invitò per entrare in casa, ma lei preferì aspettarmi<br />
fuori, davanti all’edificio. I miei genitori furono curiosi di<br />
sapere che cosa volesse quella fanciulla da me, ma ella<br />
non gli disse niente. Finalmente, al tramonto, arrivai a<br />
casa con un grosso carico di legna sulle spalle. Scoprii<br />
la fanciulla con gran stupore davanti alla nostra casa:<br />
aveva sulle spalle un grosso involto e faceva presumere<br />
di aver compiuto un lungo viaggio. In quel momento,<br />
quando ella mi vide, si inchinò profondamente davanti<br />
a me e con la sua voce dolce e gentile chiese di me. Poi<br />
mi raccontò che mi attendeva già dalla mattina. La<br />
invitai in casa e lei stavolta si lasciò introdurre e si<br />
sedette insieme con noi a tavola. Dopo cena, pensate,<br />
mi chiese di prenderla in moglie! Rimasi senza parole,<br />
pure i miei genitori, dalla sorpresa: non aspettavamo<br />
una cosa del genere! Non capimmo come mai una così<br />
bella fanciulla volesse diventare la moglie di un povero<br />
contadino e boscaiolo come me! I miei genitori le<br />
dissero che io non avevo abbastanza denaro per<br />
sposarla. Le spiegarono che eravamo molto poveri e<br />
che era troppo presto che io pensassi a sposarmi.<br />
Niente da fare, la ragazza replicò dicendoci: «Per<br />
essere felici non è necessario essere ricchi; basta avere<br />
buon cuore, ed è il caso di Kotaro. Vi assicuro che non<br />
rimpiangerete mai di avermi accolta in casa vostra. Io<br />
so fare molte cose e la vita in quattro sarà più facile.»<br />
Quando mia madre capì che questa fanciulla non era<br />
soltanto bella, ma anche laboriosa, fu entusiasta all’idea<br />
che finalmente avrebbe avuto qualcuno ad aiutarla.<br />
Perciò miei genitori così cessarono di opporsi. Sappiate<br />
che io ero fuori di me dalla gioia! Chi avrebbe<br />
immaginato che un giorno io avrei avuto una moglie<br />
così bella?! Eppure non conoscevo neanche il suo<br />
nome. Poi mi si presentò dicendomi di chiamarsi Umile<br />
Komachi. Il giorno successivo Umile Komachi tirò fuori<br />
un po’ di denaro dal suo bagaglio e mi mandò in città a<br />
comprare tutto l’occorrente per un banchetto di nozze.<br />
Il pranzo fu veramente ottimo; non avevamo mai<br />
mangiato così bene ed i miei anziani genitori non<br />
cessavano di elogiare mia moglie!<br />
Dopo il matrimonio io continuai ad andare ogni giorno<br />
nella foresta, ma ritornavo sempre il più presto<br />
possibile. Per tutto il giorno, mentre lavoravo, aspettavo<br />
con impazienza di tornare dalla mia giovane sposa.<br />
Anche mia madre era contenta di lei: l’Umile Komachi<br />
sbrigava sveltamente tutte le faccende domestiche; mia<br />
madre aveva appena il tempo di dire che bisognava<br />
fare tal cosa, che era già fatta. Vivevamo dunque tutti e<br />
quattro felici e soddisfatti e la nostra gioia divenne<br />
ancora più grande quando nacque nostro figlio.<br />
Una sera, mentre riposavo dopo la mia dura giornata<br />
di lavoro, mia moglie mi disse: «Tu lavori dal mattino<br />
alla sera, eppure non possiamo concederci nulla. Se<br />
avessimo un commercio tu non saresti costretto a<br />
piegare la schiena per tutto il giorno nel campo o nella<br />
foresta. Io so tessere molto bene e potremmo<br />
cominciare da questo.» Poi tirò fuori dal suo bagaglio<br />
qualche moneta e mi mandò in città a comprare tutto<br />
l’occorrente per tessere. L’indomani, dopo che feci tutti<br />
gli acquisti necessari, mia moglie mi pregò di sistemare<br />
nella soffitta il telaio, e pregò sia io che miei genitori di<br />
40<br />
OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIII – <strong>NN</strong>. <strong>69</strong>/<strong>70</strong> <strong>LUGLIO</strong>-<strong>AGOSTO</strong>/<strong>SETTEMBRE</strong>-<strong>OTTOBRE</strong> <strong>2009</strong>