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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

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01/06/2012 - 18.06 <strong>Ruggero</strong> <strong>Bacone</strong> <strong><strong>fra</strong>te</strong> <strong><strong>fra</strong>ncescano</strong> <strong>fra</strong> i <strong>primi</strong> <strong>Alchimisti</strong><br />

che i <strong>primi</strong> documenti alchemici risalgano, come si è detto, intorno al I secolo della nostra Era è<br />

da presumere che si sia sviluppata, prima di rendersi manifesta, anche e soprattutto, attraverso<br />

la tradizione orale con un lento processo di affinamento e fusione di teorie nate in tempi e in<br />

luoghi differenti, con il concorso scambievole delle culture occidentali, o comunque Ellenistico-<br />

Alessandrina, e orientali.<br />

Secondo la tradizione antica, infatti, le tecniche alchemiche furono rivelate agli uomini da un dio<br />

o comunque da un personaggio semidivino come Ermete Trismegisto o nella tradizione<br />

mitologica greca che, forse derivata e trasformata da quella indiana o cinese, attribuiva alla dea<br />

Cibele la rivelazione agli uomini dei "Misteri" della metallurgia. ( il cui rito, secondo Mircea<br />

Eliade, servirà, con il "Mistero" della morte e della resurrezione di Attis, da modello<br />

all'alchimista per operare anche sulla materia e determinare la sua redenzione).<br />

Una versione particolarmente significativa di questa tradizione ci è tramandata da uno dei <strong>primi</strong><br />

alchimisti a noi noti, Zosimo di Panopolis, vissuto in Egitto nel II secolo d. C. che attribuisce alla<br />

dea Iside la rivelazione agli uomini dei misteri dell'Alchimia che le erano stati a sua volta svelati<br />

da un Angelo corrotto che si era invaghito di lei. Un testo simile è possibile ritrovarlo anche nel<br />

libro di Enoch, un apocrifo dell'Antico Testamento scritto nel II secolo a. C.<br />

Più tardi, mentre in Oriente e particolarmente in Cina si continuò senza interruzione a praticare<br />

le tecniche alchemiche come ritroviamo nel Taoismo, in Occidente, con la decadenza dei Misteri<br />

dell'antichità, intorno al V-VI secolo la Tradizione Alchemica Occidentale cadde in declino,<br />

rimase però e continuò solo nel mondo arabo a cui dobbiamo la conservazione e la traduzione dei<br />

testi antichi, soprattutto ellenistici che presumibilmente sarebbero andati irrimediabilmente<br />

perduti per sempre. Gli Arabi svilupparono l'Alchimia e riuscirono a influenzare l'occidente<br />

europeo del XII secolo (tracce di questo fenomeno le ritroviamo nelle cattedrali gotiche), destando<br />

nuovamente l'interesse per l'antica tradizione. Ma essi fecero molto di più. Svilupparono la<br />

tendenza più razionale che avrebbe portato alle scoperte chimiche vere e proprie. L'Islam<br />

rappresentò il custode e il punto di incontro delle diverse correnti alchemiche orientali e<br />

occidentali antiche. Quindi l'Alchimia medievale, che nel XII secolo divenne autonoma come<br />

scienza, non fu più la stessa praticata mille anni prima, ma presumibilmente fusa con concetti<br />

orientali e forse anche Taoisti. Dobbiamo a Marsilio Ficino http://goo.gl/uQDO9<br />

http://goo.gl/hc42W nel 1463 la traduzione per Cosimo dei Medici del Corpus hermeticum<br />

attribuito a Ermete Trismegisto http://goo.gl/k1qB1 http://goo.gl/dIQWT a cui si riferirà<br />

continuamente nei sui scritti. Ma l'opera più importante del Ficino rimane: il "De vita coelitus<br />

comparanda", in cui compendia la sua visione dei molteplici piani di una realtà, dove le<br />

immagini celesti sono segni e non cause, espressioni dei divini concetti, simboli dell'anima<br />

mundi, dell'armonia del mondo, dell'anima, delle stelle, dei demoni.<br />

Di questo gigantesco sistema l'uomo diventa il "faber" che muta, che opera, che capta e<br />

imprigiona le forze del cielo per restituire la vita, per creare magici effetti. L'uomo può arrivare a<br />

vedere il cielo popolato di figure, a loro volta distribuite in altre immagini corrispondenti a quelle<br />

stesse del mondo inferiore. A questi stessi scritti si riferirà spesso G. Bruno, come nella sua<br />

opera, "Spaccio della bestia trionfante".<br />

I testi degli antichi alchimisti sono scritti in uno stile volutamente oscuro e apparentemente<br />

sconclusionato, ornati di immagini simboliche stupefacenti ricorrenti nell'immaginario collettivo<br />

di ogni epoca, espressione dell'enorme potenza "magica" coinvolgente, presente nel processo<br />

alchemico. Sta di fatto che l'Alchimia era definita da <strong>Ruggero</strong> <strong>Bacone</strong>: "La scienza che insegna a<br />

trasformare ogni genere di metallo in un altro" e secondo un alchimista arabo del Medioevo: "Per<br />

mezzo di quest'arte, quei metalli che sono imperfetti nella miniera vengono ricondotti<br />

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