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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

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01/06/2012 - 18.06 <strong>Ruggero</strong> <strong>Bacone</strong> <strong><strong>fra</strong>te</strong> <strong><strong>fra</strong>ncescano</strong> <strong>fra</strong> i <strong>primi</strong> <strong>Alchimisti</strong><br />

Il testo introdotto dalla nona<br />

immagine non è dello pseudo-<br />

Lullo ma è attribuito ad Arnaldo<br />

da Villanova e si chiama<br />

Rosarius: ecco perché la<br />

miniatura raffigura le rose<br />

(Figura 9). Ma la rosa d’oro è<br />

anche il dono che i papi, in età<br />

tardo medievale e rinascimentale<br />

portavano alle città dove si<br />

trovavano in visita, cioè è il segno<br />

del passaggio del sacro. La rosa<br />

d’oro è anche il simbolo della<br />

perfezione materiale viva (fiore) e<br />

incorruttibile (oro). Viene<br />

spontaneo l’accostamento con<br />

quel Segreto del fiore d’oro, testo<br />

di alchimia taoista tradotto da Richard Wilhelm negli anni ‘20 del nostro secolo e commentato da<br />

Jung, testo nel quale a un certo punto si dice "quando col tempo l’opera è compiuta, è come se in<br />

mezzo al non essere ci fosse un essere". Fin qui abbiamo visto che cos’è l’alchimia; ora vediamo<br />

come si rapporta l’alchimista col sociale, chi è l’alchimista nel suo mondo.<br />

La decima immagine ci mostra che<br />

l’alchimista, l’alchimia interessa ai re<br />

(Figura 10).<br />

Il personaggio sulla destra è<br />

chiaramente un re perché ha la<br />

corona; e si può anche riconoscere con<br />

esattezza chi è, perché è il destinatario<br />

della copia di dedica del Testamentum<br />

pseudo-lulliano, Edoardo III<br />

d’Inghilterra. Ma non è affatto l’unico<br />

sovrano medievale che si interessi di<br />

alchimia: sono tanti coloro che se ne<br />

interessano, ed in particolare i sovrani<br />

si mostrano interessati alla parte<br />

metallurgica perché pensano di<br />

coniare moneta con l’oro alchemico. Da<br />

qui nasce il problema degli alchimisti come falsari, che si collega a tutta una problematica<br />

giuridica che tuttavia è articolata e complessa. C’è una tradizione, che è radicata addirittura in<br />

un breve passaggio di Tommaso D’Aquino nella Summa theologiae in cui si dice che "se gli<br />

alchimisti mediante l’opus riuscissero a fare dell’oro vero, coniare moneta con quell’oro non<br />

sarebbe peccato, sarebbe lecito"; su questa posizione si allineano diversi giuristi.<br />

Un caso emblematico di rapporto <strong>fra</strong> l’alchimia ed il potere regio si ha nell’Inghilterra del primo<br />

‘400: l’alchimia è proibita fino a che, dopo la fine della guerra dei Cento Anni, le finanze inglesi<br />

sono distrutte. A quel punto il re Enrico IV comincia a dare delle deroghe al divieto che uno dei<br />

suoi predecessori aveva istituito, e comincia a dare il permesso a singoli alchimisti, come<br />

mostrano i documenti dell’archivio inglese pubblicati nei Patent Rolls. Ci sono una serie di<br />

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