Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti
Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti
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01/06/2012 - 18.06 <strong>Ruggero</strong> <strong>Bacone</strong> <strong><strong>fra</strong>te</strong> <strong><strong>fra</strong>ncescano</strong> <strong>fra</strong> i <strong>primi</strong> <strong>Alchimisti</strong><br />
raffigurato con i due buoi che tirano l’aratro; l’eremita appare nella veste dell’agricoltore che<br />
prepara i solchi. I due buoi sono uno d’oro e uno d’argento, vera foglia d’oro e vera foglia<br />
d’argento ovviamente nella miniatura (il manoscritto è una meraviglia). E il piccolo personaggio<br />
che sta sopra il carro è Mercurio, con i piedi alati e con uno strumento musicale. È una delle<br />
prime testimonianze del legame <strong>fra</strong> l’alchimia e la musica, che poi sarà sviluppato soprattutto in<br />
età barocca. Probabilmente qui è un’allusione al fatto che l’alchimia si inserisce in una visione<br />
del mondo basata sull’armonia, la visione del mondo che noi conosciamo come dottrina della<br />
‘simpatia universale’, quella cioè per cui in un cosmo che è sostanzialmente unitario le cose si<br />
collegano <strong>fra</strong> loro non in maniera meccanica, ma per influssi qualitativi, per somiglianze, per<br />
affinità - appunto simpatie.<br />
Di fatto questa è una dottrina ermetica e l’ermetismo, ovvero la filosofia che fa capo alla figura<br />
mitica di Mercurio è lo sfondo filosofico dell’alchimia. La Tabula Smaragdina, testo ellenistico<br />
che gli alchimisti considerano come il fondamento del loro sapere, si narrava fosse stata ritrovata<br />
incisa in una tavola di smeraldo che la statua di Ermete reggeva nelle mani, in un luogo<br />
sotterraneo - quindi ritrovata al termine di un percorso iniziatico. Questo testo comincia dicendo<br />
"ciò che è in alto è come ciò che è in basso e ciò che è in basso è come ciò che è in alto per realizzare<br />
il miracolo della realtà che è una". E quindi Ermete è presentato come il capostipite, il padre,<br />
l’origine della sapienza alchemica.<br />
La quarta figura, L’alchimista, che nell’immagine precedente preparava la terra, ora la<br />
semina con semi d’oro e d’argento, come d’oro e d’argento erano i due buoi che tiravano il carro<br />
(Figura 4). Questi sono i semi della perfezione, e l’immagine sta a significare che l’alchimista non<br />
lavora in maniera innaturale o contro natura, ma prende ciò che già esiste a livello di perfezione<br />
embrionale, appunto di seme, per portare a perfezione anche tutto il resto della realtà materiale,<br />
che i processi naturali hanno lasciato imperfetto o incompiuto. Per poter compiere ciò è<br />
necessario produrre un qualcosa, il famoso lapis philosophorum, che non è una pietra, anche se il<br />
suo nome significa ‘pietra dei filosofi’’.<br />
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Come dice Morieno, un alchimista<br />
arabo il cui testo fu il primo<br />
tradotto in latino nel XII secolo,<br />
"Ricordati bene che le pietre non<br />
hanno nessuna parte in<br />
quest’opera".<br />
Quindi lapis philosophorum è un<br />
nome emblematico per dire il<br />
prodotto incorruttibile dell’opus<br />
(anche chiamato elixir), prodotto<br />
che è ottenuto seminando la<br />
perfezione, che è come il frutto di<br />
perfezione che diffonde la<br />
perfezione, moltiplicandosi e<br />
rendendo perfetto tutto ciò con cui<br />
viene in contatto.<br />
L’interazione <strong>fra</strong> l’alchimista e la natura non è dunque uno stravolgimento o un intervento<br />
estrinseco sul corso naturale, ma è l’inserimento dell’intenzionalità cosciente umana, che vuole<br />
portare alla perfezione totale l’intero cursus naturae che, come dice il nostro alchimista nel<br />
Testamentum, talvolta si distorce, cioè devia dalla originaria direzione verso la perfezione.