Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti
Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti
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01/06/2012 - 18.06 <strong>Ruggero</strong> <strong>Bacone</strong> <strong><strong>fra</strong>te</strong> <strong><strong>fra</strong>ncescano</strong> <strong>fra</strong> i <strong>primi</strong> <strong>Alchimisti</strong><br />
da pensare". Il simbolo dà da pensare. Il simbolo non è qualcosa da cui si astrae un concetto, ma<br />
è qualcosa su cui si lavora anche col pensiero per andare oltre, per superare questo<br />
atteggiamento prometeico unilaterale della coscienza occidentale. Dunque l’alchimia come<br />
sapienza, che superando questo atteggiamento prometeico suggerisce, indica, dà da pensare un<br />
nuovo rapporto possibile tra gli esseri umani e il mondo. Un prendersi cura del mondo nella sua<br />
materialità, un’interazione cosciente volta alla perfezione di entrambi i soggetti di una relazione,<br />
quella <strong>fra</strong> esseri umani e natura, che costituisce anche la nostra realtà.<br />
Dibattito<br />
- [Pubblico] Quando parlava sul tema della distillazione, dell’estrazione di un’essenza che in<br />
qualche modo supera l’aspetto materiale, mi sembra che facesse emergere degli echi in un certo<br />
senso heideggeriani. Nel pensiero di questo filosofo, il tema del disvelamento del naturale<br />
prefigurava un finale positivo, una techne positiva, mentre la lettura, l’approccio di tipo ecologico<br />
è di segno opposto. Nell’ars, nella techne, nell’atteggiamento di non violenza degli alchimisti nei<br />
confronti della natura mi sembra di sentire in fondo una sorta di insegnamento attualizzabile.<br />
- [Pereira] Sì! È il tema della trasformazione possibile e delle modalità possibili per trasformare.<br />
Gli alchimisti non sono sostenitori del ‘non intervento’, anzi sono sostenitori del fatto che la<br />
coscienza, il possesso dell’intenzionalità dà all’essere umano la possibilità, anzi l’obbligo in<br />
qualche modo di portare l’opera di perfezione al suo compimento. Opera di perfezione che gli<br />
alchimisti, come Cristiani, ovviamente vedono iniziata da Cristo, ma rimasta incompiuta, perché<br />
Cristo ha redento il piano spirituale, le anime, mentre è rimasto da redimere tutto il piano dei<br />
corpi e della materia. Dunque la tecnica come una possibilità positiva; e del resto <strong>Ruggero</strong><br />
<strong>Bacone</strong>, che è appunto un personaggio chiave per capire gli sviluppi dell’alchimia <strong>fra</strong> il ‘200 e il<br />
‘300, è convinto che le tecniche, anche quelle che oggi a noi sembrano le più astruse e quelle che<br />
anche ai suoi tempi venivano identificate con la magia e quindi con le arti dell’Anticristo,<br />
possano e debbano essere utilizzate dai Cristiani nella loro guerra contro l’Anticristo e per lo<br />
sviluppo morale dell’umanità. <strong>Bacone</strong> colloca l’alchimia nel sesto livello della sua enciclopedia<br />
delle scienze, in quei tre testi che dedica al Papa Clemente IV chiedendogli di intervenire per<br />
riformare gli studi e, attraverso gli studi, la cristianità; al settimo livello cioè al più alto quello a<br />
cui introducono le conquiste della scientia experimentalis (tra le quali c’è l’alchimia), c’è la<br />
morale. Dunque c’è una enciclopedia delle scienze che parte dal dato rivelato, dalla conoscenza<br />
biblica attraverso le lingue, attraverso la matematica, l’ottica (perché rivela il la modalità<br />
radiante in cui con cui tutte le realtà si influenzano l’una all’altra) e poi appunto le scienze<br />
sperimentali. E dopo il completo possesso di tutte queste scienze, l’apertura ad un ‘sogno<br />
tecnologico’ che per l’epoca medievale appare incredibile (si potranno fare – scrive <strong>Bacone</strong> - navi<br />
che possono scendere sotto l’acqua con degli uomini dentro, carri che si muovono da soli ecc.): ma<br />
tutto questo ha come scopo il perfezionamento morale dell’umanità. Questa pagina di <strong>Bacone</strong> è<br />
stata ripresa all’epoca del secondo <strong>Bacone</strong>, cioè nel ‘600, per dimostrare come si può dominare la<br />
natura. Ma all’epoca del primo <strong>Bacone</strong> non c’era una volontà di dominare la natura: nei testi<br />
alchemici di quest’epoca non c’è la parola né il concetto dl dominio, c’è piuttosto l’idea<br />
dell’interagire, del portare a una perfezione che è della natura e dell’artefice, dell’artefice e della<br />
natura. Non si può distinguere, a quell’altezza cronologica, <strong>fra</strong> una alchimia spirituale e<br />
un’alchimia operativa. L’alchimia operativa chiede e dà perfezione spirituale, la chiede come<br />
esigenza iniziale e la conferisce come sapienza accresciuta alla fine; e viceversa il vero sapiente<br />
non può poi che, in qualche modo, esplicare la sua sapienza operando, quindi facendo. Insomma<br />
si può vedere l’alchimia oggi come ‘cibo per il pensiero’, nel senso di materiali che permettano di<br />
immaginare, prima ancora che per pensare altre modalità di intervento umano sulla natura. Le<br />
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