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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

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01/06/2012 - 18.06 <strong>Ruggero</strong> <strong>Bacone</strong> <strong><strong>fra</strong>te</strong> <strong><strong>fra</strong>ncescano</strong> <strong>fra</strong> i <strong>primi</strong> <strong>Alchimisti</strong><br />

farmacologica, a metà del ‘300, con il <strong><strong>fra</strong>ncescano</strong> Giovanni da Rupescissa che è uno dei<br />

precedenti di Paracelso della ricerca iatrochimica di Paracelso.<br />

Ciò che spiega perché i medici rinascimentali sono interessati a questo sapere.<br />

Nella dodicesima immagine il medico che stringe la mano all’alchimista è una persona<br />

particolare: è Arnaldo da Villanova, che compare in una versione della leggenda di Lullo<br />

alchimista, in cui si dice che Arnaldo sapeva fare la distillazione ma non ne conosceva il quadro<br />

di riferimento alchemico.<br />

Quando questo gli viene insegnato dall’alchimista i due diventano socii, condividono la stessa<br />

ricerca, e a questa comunanza di interessi allude il fatto che si stringono la mano in gesto<br />

amichevole (Figura 12).<br />

Nella figura successiva vediamo<br />

invece raffigurato l’interesse dei<br />

religiosi per la ricerca alchemica<br />

(Figura 13). Il monaco vestito di<br />

bianco è un certosino; e infatti<br />

l’illustrazione è riferita al Liber de<br />

secretis naturae, che l’alchimista<br />

avrebbe scritto su richiesta di un<br />

monaco della Certosa Parigina.<br />

Quello che qui viene illustrato è il<br />

momento in cui l’alchimista<br />

consegna al monaco il libro che gli<br />

è stato richiesto.<br />

Di fatto ci sono numerosi divieti di<br />

praticare l’alchimia rivolti dagli<br />

ordini religiosi ai propri membri;<br />

ma proprio il ripetersi però di questi divieti mostra che in realtà i religiosi praticavano la ricerca<br />

alchemica con tutte le implicazioni che questa ha relativamente alla salvezza del corpo e alla<br />

salvezza spirituale, con la sua richiesta di perfezionamento anche etico, di disposizione religiosa<br />

nei confronti della natura e naturalmente anche di ricerca medica dell’elixir.<br />

Del resto tutti quei liquori che nelle Certose, nelle fondazioni di antica memoria ancora si<br />

producono, testimoniamo una tradizione di distillazione che poi si è certo abbassata a scopi più<br />

utilitaristici, ma che è radicata in questo sapere.<br />

C’era, in Italia, un ordine religioso che fu soppresso alla fine del ‘600, fondato dal senese<br />

Giovanni Colombini dopo la peste nera verso il 1365/67 per assistere gli ammalati di peste e i<br />

moribondi, che venne presto ribattezzato "I Frati Speziali" o "I Fratelli dell’Acquavite". In tutte<br />

le fondazioni di questi Gesuati, c’erano officine di distillazione, perché era coi farmaci distillati<br />

che essi curavano i malati gravi e i moribondi.<br />

Un testo attribuito ad Arnaldo da Villanova racconta del resto come si possa ottenere mediante<br />

la distillazione un farmaco che è in grado di risuscitare i morti," vel quasi" – dice -, insomma non<br />

proprio del tutto.<br />

Cioè si può far sì che una persona che sta malissimo, che sta perdendo i sensi, che se ne sta<br />

andando all’altro mondo, ma che non ha fatto in tempo a fare testamento o a confessarsi, si<br />

riprenda con questo prodotto alchemico, detto appunto perciò elixir vitae, quel tanto che basta<br />

per mettersi in pace con Dio e con gli eredi: e pare che i Gesuati di questa possibilità vel quasi ne<br />

abbiano forse un po’ abusato.<br />

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