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CHIARImenti - Colossi Arte Contemporanea

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BRUNO MUNARI, Milano 1907-1998<br />

“…Il vivere moderno ci ha dato la musica in<br />

dischi, ora ci dà la pittura proiettata…”: così<br />

scriveva Munari in “Domus”, nel 1954, a<br />

proposito delle sue “Proiezioni dirette” esposte<br />

a Milano nell’ottobre dell’anno precedente,<br />

primi studi sul rapporto fra la luce e la materia,<br />

destinati a tradursi nelle opere con la luce<br />

polarizzata della seconda metà degli anni<br />

Cinquanta. (1)<br />

Tuttavia, ad oggi, pare alquanto sterile<br />

provare ad individuare, in uno degli artisti più<br />

importanti, sia dal punto di vista creativo<br />

che sociale, del Novecento italiano, una<br />

successione ed una dipendenza temporale fra<br />

i suoi cicli di lavori, essendo ognuno di questi<br />

strettamente legato all’altro, sia a quello che lo<br />

precede quanto a quello che lo segue.<br />

Più corretto allora cercare di focalizzare<br />

l’attenzione, nell’ambito di questo intervento,<br />

su come ed attraverso quali passaggi la luce<br />

sia diventata elemento importante della ricerca<br />

artistica di Munari, unendosi all’attenzione alla<br />

scienza in tutte le sue diramazioni, alla tecnica<br />

ed all’industria: aspetti destinati a sfociare<br />

in importanti collaborazioni fra l’artista<br />

e diverse aziende di design, case editrici,<br />

con il mondo della musica, del teatro e del<br />

cinema, oltrechè con il settore dell’educazione<br />

dell’infanzia, grazie al suo innovativo metodo<br />

di apprendimento basato sull’ interazione del<br />

gioco e dell’arte.<br />

In questa analisi è allora da considerare,<br />

innanzitutto, il peso giocato in Munari dal<br />

linguaggio futurista, per la contaminazione<br />

di tutte le arti, lo scardinamento e rifi uto<br />

delle forme naturalistiche e della precedente<br />

tradizione fi gurativa, l’esaltazione dei nuovi<br />

mezzi di comunicazione e tecnologici,<br />

l’attenzione all’esperienza plurisensoriale dello<br />

spettatore, la sperimentazione di materiali<br />

poveri, effi meri, trasparenti – il polimaterico,<br />

in primis.<br />

L’uso della luce è presente già nelle nelle<br />

“Macchine Inutili”, fra le prime, pionieristiche<br />

opere dell’arte cinetica degli anni Trenta,<br />

insieme a quelle di Pevsner e Gabo, Laszlo<br />

Moholy-Nagy, Vasarely e Nicholas Schöffer.<br />

L’attenzione nei confronti del ruolo della<br />

percezione visiva e della psicologia della<br />

Gestalt, il contatto e l’approfondimento delle<br />

ricerche della Bauhaus e della Scuola di Ulm<br />

di Max Bill, oltre all’adesione al Movimento<br />

<strong>Arte</strong> Concreta, approfondiscono i suoi studi<br />

sulla luce, confl uiti nella serie “Concavo-<br />

Convesso”: oggetti tridimensionali che,<br />

sospesi e sensibili agli spostamenti d’aria,<br />

venivano illuminati da una luce puntiforme<br />

fi ssa che proiettava sulla parete ombre e<br />

forme sempre diverse.<br />

Composizioni di luce, uso di materiali<br />

trasparenti e semitrasparenti, di colori<br />

vivaci oppure delicatissimi, di materie<br />

plastiche strappate bruciate graffi ate incise<br />

polverizzate, tessuti animali, vegetali e fi bre<br />

artifi ciali: queste le proiezioni di materia<br />

immediatamente precedenti, all’inizio<br />

degli anni Cinquanta, alle proiezioni a luce<br />

polarizzata. (2) Evidenti alcuni temi chiave<br />

destinati a confl uire nell’arte programmata,<br />

che Munari stesso fu tra i primi a capire e<br />

promuovere (3) : lo studio del movimento di luce<br />

e colore, l’analisi della comunicazione visiva e<br />

luminosa come fenomeno ottico e psicologico,<br />

l’uso della luce quale stimolatore del confronto<br />

fra rigore geometrico e dimensione eccentrica,<br />

fra caos e programma.<br />

<strong>Arte</strong> intesa come pura ricerca, che in Munari<br />

si traduce dal semplice – le “Sculture da<br />

viaggio” – al complesso – appunto, gli studi<br />

sulla luce polarizzata, destinati a sfociare nel<br />

fi lm del 1963 “I colori della luce”, della durata<br />

di cinque minuti, insieme a Marcello Piccardo:<br />

una sperimentazione incentrata sui colori puri<br />

che si ottengono dalla luce scomponendola<br />

mediante il prisma ed i fi ltri polaroid.<br />

Ma questa è un’altra storia: Munari, come

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