Artisti & Percorsi Esperienze e confronti Carlo Bernardini Eros Bonamini Beppe Bonetti Bonomo Faita Giorgio Laveri Massimo Liotti Adolfo Lugli 41 pagina
CARLO BERNARDINI, Viterbo 1966 “Ogni aspetto della realtà, colore, forma, luce, spazi geometrici e tempo astronomico, è l’aspetto diverso del darsi dello SPAZIO-TEMPO o meglio: modi diversi di percepire il relazionarsi tra SPAZIO e TEMPO. Consideriamo la realtà come un continuo divenire di “fenomeni” che noi percepiamo nella variazione…”. (1) Milano, inizio anni Sessanta: così dichiaravano i componenti del Gruppo T, fra i principali esponenti dell’arte cinetica e programmata, sorto all’ombra delle esperienze spazialiste e legato, nella teoria, a temi e motivi di origine futurista. È sull’onda di tale corrente che s’avvia la ricerca di Carlo Bernardini, nato all’incirca negli anni in cui l’arte programmata diffondeva le proprie esperienze in tutta Europa, e da queste partito per elaborare una serie di indagini, sfociate nella progettazione e realizzazione di opere tese fra dimensione scultorea e livello installativo. Fibre ottiche secanti uno spazio dato, sottili e leggerissime, fi ssate alle pareti ed alla pavimentazione: questa l’installazione ambientale “Accumulatore di luce” che Carlo oggi presenta, risultato di una lunga rifl essione su quelle categorie di spazio e tempo, verità ed alterazione visiva, stasi e movimento, profondità e superfi cie che, proprio a partire dagli anni Sessanta, con le poetiche dei gruppi cinetici, le prime esperienze ambientali, le nuove opportunità offerte dalla scienza e dalla tecnologia, venivano analizzate in relazione al rapporto fra l’opera e lo spettatore. Penso soprattutto a Gianni Colombo, con le sue ricerche sullo spazio curvato dal tempo, sul tema del dislivello e del disorientamento percettivo, sulle “Superfi ci pulsanti”, sugli “Spazi elastici”, infi ne sui rapporti fra gli elementi architettonici e le sensazioni d’instabilità ed inganno visivo date dalla distorsione di angoli e dalla manomissione di equilibri. Scegliere se osservare o agire, misurare o incantarsi, davanti alle mute linee di luce che Carlo tira nello spazio, con metodica poesia, rigorosa costruzione carica di lirici sussurri. Alla base, il disegno, il calcolo: lo spazio costruito e defi nito, attraverso la progettazione dell’ambiente; l’analisi delle reazioni-relazioni fra pieni e vuoti, presenze ed assenze. La verifi ca è l’opera; l’opera ovvero le risposte del pubblico, ma anche del luogo già esistente ed “esposto” all’invasione delle linee luminose tracciate dall’artista. Questi i fondamenti della ricerca di Carlo, come dimostra anche il suo percorso biografi co: a partire dal saggio teorico sulla “Divisione dell’unità visiva” del 1997, dove le ragioni operative si focalizzano sullo sdoppiamento fra la condizione visiva primaria, esterna all’opera e la condizione visiva, plastica o strutturale ad essa interna. Lo confermano sia le esposizioni, personali e collettive alle quali partecipa ed è invitato, sia i premi vinti – per due volte nel 2000 e nel 2005 il premio “Overseas Grantee” della Pollock Krasner Foundation di New York, nel 2002 il premio Targetti Art Light Collection “White Sculpture”. Lo segnalano le grandi installazioni ambientali esterne in fi bre ottiche e le sculture pubbliche permanenti in acciaio inox e fi bre ottiche realizzate in diverse città italiane. Una ricerca che si traduce anche nell’attività didattica: Carlo insegna Installazioni Multimediali a Brera. Fra l’analisi e la poesia, l’attenzione scientifi ca dell’artista e la libertà visiva concessa, anzi richiesta, al fruitore dell’opera, Bernardini sceglie la luce quale materializzazione della visione: “…ciò che nella realtà è incorporeo – così ha sottolineato – come un’ombra, oltre il confi ne delle apparenze può divenire virtuale o illusorio come un raggio rifl esso…”. (2) I.B.
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