CHIARImenti - Colossi Arte Contemporanea
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CARLO BERNARDINI, Viterbo 1966<br />
“Ogni aspetto della realtà, colore, forma, luce,<br />
spazi geometrici e tempo astronomico, è<br />
l’aspetto diverso del darsi dello SPAZIO-TEMPO<br />
o meglio: modi diversi di percepire il relazionarsi<br />
tra SPAZIO e TEMPO. Consideriamo la realtà<br />
come un continuo divenire di “fenomeni” che<br />
noi percepiamo nella variazione…”. (1)<br />
Milano, inizio anni Sessanta: così dichiaravano<br />
i componenti del Gruppo T, fra i principali<br />
esponenti dell’arte cinetica e programmata,<br />
sorto all’ombra delle esperienze spazialiste e<br />
legato, nella teoria, a temi e motivi di origine<br />
futurista. È sull’onda di tale corrente che<br />
s’avvia la ricerca di Carlo Bernardini, nato<br />
all’incirca negli anni in cui l’arte programmata<br />
diffondeva le proprie esperienze in tutta<br />
Europa, e da queste partito per elaborare una<br />
serie di indagini, sfociate nella progettazione<br />
e realizzazione di opere tese fra dimensione<br />
scultorea e livello installativo.<br />
Fibre ottiche secanti uno spazio dato,<br />
sottili e leggerissime, fi ssate alle pareti ed<br />
alla pavimentazione: questa l’installazione<br />
ambientale “Accumulatore di luce” che Carlo<br />
oggi presenta, risultato di una lunga rifl essione<br />
su quelle categorie di spazio e tempo, verità<br />
ed alterazione visiva, stasi e movimento,<br />
profondità e superfi cie che, proprio a partire<br />
dagli anni Sessanta, con le poetiche dei gruppi<br />
cinetici, le prime esperienze ambientali, le<br />
nuove opportunità offerte dalla scienza e dalla<br />
tecnologia, venivano analizzate in relazione<br />
al rapporto fra l’opera e lo spettatore. Penso<br />
soprattutto a Gianni Colombo, con le sue<br />
ricerche sullo spazio curvato dal tempo, sul<br />
tema del dislivello e del disorientamento<br />
percettivo, sulle “Superfi ci pulsanti”, sugli<br />
“Spazi elastici”, infi ne sui rapporti fra gli<br />
elementi architettonici e le sensazioni<br />
d’instabilità ed inganno visivo date dalla<br />
distorsione di angoli e dalla manomissione di<br />
equilibri.<br />
Scegliere se osservare o agire, misurare o<br />
incantarsi, davanti alle mute linee di luce che<br />
Carlo tira nello spazio, con metodica poesia,<br />
rigorosa costruzione carica di lirici sussurri.<br />
Alla base, il disegno, il calcolo: lo spazio<br />
costruito e defi nito, attraverso la progettazione<br />
dell’ambiente; l’analisi delle reazioni-relazioni<br />
fra pieni e vuoti, presenze ed assenze. La<br />
verifi ca è l’opera; l’opera ovvero le risposte<br />
del pubblico, ma anche del luogo già esistente<br />
ed “esposto” all’invasione delle linee luminose<br />
tracciate dall’artista.<br />
Questi i fondamenti della ricerca di Carlo, come<br />
dimostra anche il suo percorso biografi co:<br />
a partire dal saggio teorico sulla “Divisione<br />
dell’unità visiva” del 1997, dove le ragioni<br />
operative si focalizzano sullo sdoppiamento fra<br />
la condizione visiva primaria, esterna all’opera<br />
e la condizione visiva, plastica o strutturale ad<br />
essa interna. Lo confermano sia le esposizioni,<br />
personali e collettive alle quali partecipa ed è<br />
invitato, sia i premi vinti – per due volte nel<br />
2000 e nel 2005 il premio “Overseas Grantee”<br />
della Pollock Krasner Foundation di New<br />
York, nel 2002 il premio Targetti Art Light<br />
Collection “White Sculpture”. Lo segnalano le<br />
grandi installazioni ambientali esterne in fi bre<br />
ottiche e le sculture pubbliche permanenti in<br />
acciaio inox e fi bre ottiche realizzate in diverse<br />
città italiane. Una ricerca che si traduce<br />
anche nell’attività didattica: Carlo insegna<br />
Installazioni Multimediali a Brera.<br />
Fra l’analisi e la poesia, l’attenzione scientifi ca<br />
dell’artista e la libertà visiva concessa, anzi<br />
richiesta, al fruitore dell’opera, Bernardini<br />
sceglie la luce quale materializzazione della<br />
visione: “…ciò che nella realtà è incorporeo –<br />
così ha sottolineato – come un’ombra, oltre il<br />
confi ne delle apparenze può divenire virtuale o<br />
illusorio come un raggio rifl esso…”. (2)<br />
I.B.