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presente che essa venne composta e “pubblicata”, a differenza di quelle moderne<br />

(dove l’occasione è un evento interiore e <strong>il</strong> destinatario è per lo più l’indefinib<strong>il</strong>e<br />

lettore che l’autore immagina o desidera, ma non vede), per una ben individuab<strong>il</strong>e<br />

occasione sociale, con precisi committenti, e fece per lo più parte integrante<br />

di un cerimoniale.<br />

La lirica, che si sv<strong>il</strong>uppa in un contesto storico del tutto rinnovato rispetto a<br />

quello dell’epica, 4 è composta ed eseguita per particolari occasioni, che la distinguono<br />

chiaramente in generi, già chiari alla coscienza degli antichi.<br />

Così la lirica corale si rivolge ad un pubblico vasto, riunito in occasione di particolari<br />

cerimonie (ad esempio grandi feste pubbliche legate al culto degli dei e agli agoni<br />

sportivi). Conosciamo, in parte anche grazie alle testimonianze dirette di quanto<br />

ci è arrivato dell’opera di grandi poeti come Pindaro e Bacch<strong>il</strong>ide, diversi generi di<br />

canti, alcuni dei quali dovevano affondare le loro radici in epoche precedenti.<br />

Così, ad esempio, <strong>il</strong> peana, per lo più legato al culto di Apollo (con <strong>il</strong> quale veniva<br />

comunemente identificata la divinità “salvifica” Peana o Peone, originariamente<br />

indipendente), con la funzione fondamentale di invocare la salvezza da<br />

un male o esprimere gratitudine per uno scampato pericolo (nel primo libro<br />

dell’Iliade ci viene riferito che lo intonano gli Achei, dopo aver restituito al<br />

sacerdote Crise la figlia, fonte dell’ira di Apollo, con <strong>il</strong> quale si vuole attraverso<br />

<strong>il</strong> canto ribadire appunto la riconc<strong>il</strong>iazione). 5<br />

Canti di invocazione o ringraziamento alla divinità, i prosodi, venivano intonati<br />

durante solenni processioni ai templi e agli altari degli dei, ad accompagnare<br />

dunque le parti introduttive dei riti (ne abbiamo, con ogni probab<strong>il</strong>ità, diverse<br />

testimonianze figurative, che mostrano processioni o danze processionali<br />

accompagnate da strumenti musicali).<br />

Del ditirambo, dedicato a Dioniso, sappiamo che conobbe un’evoluzione in<br />

senso fortemente spettacolare: nelle Grandi Dionisie celebrate ad Atene, almeno<br />

dalla fine del VI secolo si svolgevano gare 6 in cui dieci cori di cinquanta<br />

ragazzi e altrettanti di cinquanta uomini, tratti da ciascuna delle tribù in cui era<br />

articolata la polis (quindi 20 cori, in tutto un migliaio di cittadini), si esibivano<br />

cantando e danzando.<br />

Cori entravano in azione anche in vari momenti della cerimonia nuziale: nel<br />

corteo di amici che accompagnava la sposa dalla casa di suo padre alla sua nuova<br />

casa (l’imeneo: già nell’Iliade 7 ne troviamo una descrizione fra le raffigurazioni<br />

dello scudo di Ach<strong>il</strong>le, e Saffo ce ne dà un’altra, relativa alle nozze di Ettore<br />

e Andromaca 8 ) e, più avanti, durante la notte di nozze, davanti alla camera<br />

degli sposi (l’epitalamio).<br />

Cori cantano e danzano anche per festeggiare i vincitori delle grandi gare panelleniche<br />

(i giochi Olimpici, Pitici, Nemei ed Istmici) e non: ciò avviene con le<br />

composizioni dette epinici, di cui abbiamo notevoli esempi soprattutto da Bacch<strong>il</strong>ide<br />

e Pindaro, che ci testimoniano quale livello di raffinatezza e anche di<br />

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