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loro perfetta ut<strong>il</strong>ità. Mara Miniati, del Museo della scienza di Firenze, descrive<br />
nei dettagli l’uso dell’unico originale a noi pervenuto. Si trattava di uno strumento<br />
da consultare con l’aiuto di un manuale di riferimento, un po’ come <strong>il</strong><br />
sestante e le tavole delle effemeridi. Permetteva di compiere una serie di operazioni<br />
complesse: matematiche, algebriche, astronomiche … musicali. Spostando<br />
delle barrette inserite in nove differenti alloggiamenti, con un funzionamento<br />
sim<strong>il</strong>e a quello di un regolo matematico, si ottenevano le relative risposte.<br />
L’ultima f<strong>il</strong>a della cassetta, ideata per soddisfare le necessità di un sovrano e<br />
<strong>il</strong> poco tempo a lui riservato per apprendere, concerneva la musica. Grazie alla<br />
combinazione corretta dei “bacoli musurgici” tutti avrebbero potuto scrivere e<br />
apprendere differenti st<strong>il</strong>i, anche in quelli dell’antica Grecia.<br />
Giancarlo Bizzi, in Enciclopedismo e Roma barocca 11 definisce la Musurgia universalis<br />
uno straordinario viaggio nell’universo dei suoni e delle macchine<br />
sonanti e dedica un interessante articolo alla tabula mirifica, omnia contrapunctisticae<br />
artis arcana rivelans. Bizzi dimostra come questa Tabula mirifica sia uno<br />
schema logico-assiomatico che contiene in sé la rete delle relazioni possib<strong>il</strong>i tra<br />
i suoni. Non sono in grado di seguire le sue dimostrazioni ma so che Pierre Boulez<br />
era fortemente attratto da questo aspetto della musicologia kircheriana.<br />
Come dimostrano questi due esempi egli comunque aveva una tale padronanza<br />
della tecnica musicale e delle matematiche combinatorie da poter proporre e<br />
produrre musiche derivanti da algoritmi o da schemi logico-assiomatici, procedura<br />
mutuata in seguito dal grande Bach.<br />
Vediamo quindi quasi due partiti contrapporsi: da un lato i grecisti, come <strong>il</strong><br />
grande Bruno Gent<strong>il</strong>i che negli atti del convegno internazionale sulla musica<br />
antica tenuto ad Urbino nel 1985, dichiara che la melodia dell’ode pitica è un<br />
falso 12 , dall’altro i musicisti. Gent<strong>il</strong>i poi nell’edizione valliana delle Pitiche di<br />
Pindaro, nel vasto apparato di note di corredo, non ritiene neanche necessario<br />
citare l’esistenza di questo falso che, comunque viene sempre riproposto nelle<br />
edizioni di musica greca, almeno nelle due che sono riuscito a trovare.<br />
Diversi i giudizi dei musicisti 13 che, più attenti all’aspetto estetico, restano affascinati<br />
dal frammento edito da Kircher. Carlo Del Grande nel suo Dizionario<br />
della musica e dei musicisti ritiene che <strong>il</strong> brano edito dal gesuita “in quanto melodia<br />
è bella e degna di Pindaro” 14 . Potremmo concludere con queste parole e con<br />
quello che dice Vlad al riguardo. “La melodia in questione è davvero bellissima<br />
ed essere stato capace di inventare una melodia degna di Pindaro è di per sé un<br />
titolo di gloria tale da compensare ogni accusa di falso”.<br />
Non sapremo mai se Kircher veramente vide quest’antica testimonianza della<br />
musica greca nel convento di Messina. Forse la famosa ode pitica non è che una<br />
delle tante applicazioni della sua tabula mirifica, un geniale esperimento di arte<br />
combinatoria. Ma saremmo oggi, con tutti i nostri strumenti elettronici, capaci<br />
di padroneggiare con eguale maestria lo sterminato universo dei suoni?<br />
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