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ta ripetizione di strutture uguali tra loro a favore di forme libere, con continui<br />

cambiamenti di ritmo. Le melodie, prima semplici, venivano ad essere arricchite<br />

da abbellimenti, che snaturavano <strong>il</strong> ritmo verbale, e modulazioni, sia nella<br />

linea vocale che, anche indipendentemente, nel suo accompagnamento. Le<br />

accresciute potenzialità degli strumenti musicali (un maggior numero di fori<br />

negli aujloiv e di corde nella kiqavra) fac<strong>il</strong>itavano la possib<strong>il</strong>ità di modulazioni,<br />

in conformità con i mutamenti di carattere delle situazioni descritte. I generi<br />

poetici, prima rigorosamente distinti nelle modalità del loro accompagnamento<br />

e delle loro caratteristiche musicali, venivano a confondersi in forme nuove<br />

e indeterminate. Diventata sempre più complessa, la partitura musicale non<br />

poteva in questi casi essere affidata ai ‘d<strong>il</strong>ettanti’ della tradizione, richiedendo <strong>il</strong><br />

virtuosismo vocale e strumentale di un professionista: così decade la funzione e<br />

l’importanza del coro negli spettacoli drammatici, mentre si impongono figure<br />

di virtuosi idolatrati dal pubblico.<br />

Questa evoluzione, che, insieme alle nuove strutture, individualistiche, di pensiero<br />

portate avanti dai sofisti e da Socrate, andò di pari passo con i radicali<br />

mutamenti politici e sociali della fine del V secolo, fin dai suoi momenti iniziali<br />

non poté che destare scandalo ed esecrazione in chi vedeva da essa minacciata<br />

un’arte profondamente integrata in sé e strettamente funzionale alla tradizione<br />

religiosa e civ<strong>il</strong>e. Ne sappiamo qualcosa dalle feroci parodie dedicate dalla commedia<br />

di Aristofane ai nuovi poeti (ma già ad Euripide) 19 : non è casuale,<br />

comunque, che lo stesso Aristofane si trovi a ridurre, nel corso della sua carriera,<br />

numero e ampiezza delle parti affidate al coro, per dare maggior spazio ai<br />

canti degli attori, evidentemente preferiti dal pubblico. Più tardi, quando ormai<br />

la “nuova musica” si è affermata, arriverà la decisa condanna di Platone, che giudica<br />

la nuova arte assolutamente pericolosa, visto che essa suscita nell’uomo<br />

emozioni e passioni tali da turbarne l’equ<strong>il</strong>ibrio. 20<br />

Ma, come si è detto, le nuove tendenze si erano ormai affermate. La rivoluzione<br />

musicale aveva iniziato un processo che comportò alla fine l’emancipazione della<br />

musica pura dalla poesia, che, gradualmente venne ad essere vista come un’arte a<br />

sé stante: così è la grande produzione poetica a partire dall’Ellenismo. Il legame<br />

parola-musica sopravvisse comunque fino in età romana, soprattutto nella tradizione<br />

cultuale, solitamente conservativa, ma anche in vari tipi di composizioni<br />

destinate allo spettacolo. Continuavano ad essere eseguiti, almeno nell’epoca ellenistica,<br />

brani che passavano per essere (e forse erano veramente) musica dei grandi<br />

del passato come Euripide, comunque per lo più destinati ad una esecuzione<br />

ben diversa da quella originaria, e cioè come ‘estratti’, arie da concerto per cantanti<br />

che si esibivano in poutpourri di composizioni. Ormai le personalità che si<br />

affermano nell’ammirazione del pubblico sono gli esecutori, mentre non emergono<br />

più grandi personalità di poeti-musicisti paragonab<strong>il</strong>i a quelle del passato.<br />

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