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ATTI 3° SEMINARIO SULL'INSTABILITA' CARPALE (Aprile 1998)

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<strong>ATTI</strong> <strong>3°</strong> <strong>SEMINARIO</strong> CHIRURGIA POLSO MANO. ALBA 18/4/<strong>1998</strong> 83<br />

La fusione fra Scafoide, Trapezio e Trapezoide (STT), proposta da Peterson<br />

(21) e poi da Watson (22, 23) e Kleinman (24), è tecnicamente di più facile<br />

esecuzione, in quanto sfrutta per la fusione ossea, una più ampia superficie di<br />

contatto fra i segmenti scheletrici (25).<br />

Gli studi sperimentali e clinici riportano che con questo intervento a fronte<br />

di una rara evoluzione artrosica (26), vi è un rischio marcato (venti per cento)<br />

di pseudoartrosi ed una limitazione articolare media del 30-40%, specie per<br />

quel che riguarda la deviazione radiale (27): questo è dovuto, oltre al fatto<br />

che i movimenti carpali avvengono fra il blocco distale ed il complesso lunopiramidale,<br />

anche al fatto che viene a realizzarsi un conflitto fra scafoide e<br />

stiloide radiale.<br />

D'altro canto l'artrodesi fra scafoide e semilunare impedisce un sovraccarico<br />

fra stiloide radiale e permette un movimento carpale fra prima e seconda<br />

filiera, ma le difficoltà di fusione scheletrica impediscono un fisiologico<br />

ripristino dei rapporti scafolunati, cui consegue una riduzione dei movimenti<br />

del polso.<br />

Questa tecnica è anche di più difficile realizzazione in quanto le superfici<br />

di affrontamento osseo sono ridotte e inoltre poco vascolarizzate: classica la<br />

crisi vascolare del polo prossimale dello scafoide.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Inizialmente ci siamo orientati verso l'artrodesi SL, confortati anche dal<br />

fatto che, pur in assenza di una completa fusione ossea, un callo fibroso robusto<br />

pare garantire una buona stabilità carpale (2).<br />

In tempi più recenti, alla luce anche delle più moderne indagini biomeccaniche,<br />

abbiamo abbandonato l'artrodesi e abbiamo impiegato le plastiche ligamentose,<br />

sfruttando in alcuni casi, con una tecnica derivata da quella di Blatt,<br />

il retinacolo degli estensori e in altri la tecnica di Brunelli.<br />

Per l'artrodesi scafolunata, la tecnica operatoria, previo accertamento artroscopico,<br />

prevede un accesso dorsale con incisione a doppia zeta sul lato<br />

radiale del carpo; segue dieresi degli estensori, dopo sezione del loro retinacolo.<br />

L'artrotomia rivela la sub-lussazione rotatoria del polo prossimale dello<br />

scafoide con tessuto cicatriziale interposto fra scafoide e semilunare. Si esegue<br />

rimozione di tale tessuto, cui segue abrasione della cartilagine articolare<br />

(sono presenti spesso aree di condromalacia); le superfici ossee vengono<br />

affrontate ristabilendo l'asse scafolunato e mantenute in sede con l'uso di una<br />

vite di Herbert o con due minicambre; in qualche caso abbiamo impiegato<br />

entrambi i mezzi di sintesi. Non abbiamo utilizzato innesti ossei. Dopo l'intervento<br />

è applicata immobilizzazione antibrachiometacarpale per sei settimane,<br />

cui seguiva mobilizzazione graduale alternata a tutela di splint palmari.<br />

Per le ligamentoplastiche abbiamo impiegato un accesso misto dorsale e<br />

volare, rimosso il tessuto fibroso nello spazio scafolunato, abbiamo ripristinato<br />

i normali rapporti scafolunati mantenendoli con fili di Kierschner. Per l'intervento<br />

di sospensione con il retinacolo degli estensori, eseguito approccio

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