ATTI 3° SEMINARIO SULL'INSTABILITA' CARPALE (Aprile 1998)
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<strong>ATTI</strong> <strong>3°</strong> <strong>SEMINARIO</strong> CHIRURGIA POLSO MANO. ALBA 18/4/<strong>1998</strong> 103<br />
riparazione legamentosa o una riduzione chiusa con fissazione percutanea,<br />
date le soventi difficoltà relative ad un corretto riposizionamento delle ossa<br />
carpali. Nelle dissociazioni scafolunate croniche, molto più comunemente<br />
riconosciute delle acute, se non vi è collasso carpale si può tentare una riduzione<br />
a cielo aperto con approccio dorsale, fissazione di semilunare, capitato<br />
e scafoide e ricostruzione legamentosa dei fasci anteriori e posteriori dello<br />
scafolunato interosseo, nel tentativo di prevenire l’instabilità successiva (41),<br />
spesso però con risultati poco soddisfacenti, sia nel caso di utilizzo di grafts<br />
tendinei con tunnel transossei che esitano in fratture ad esito negativo, che nel<br />
caso di plastiche col legamento anulare del carpo (36, 43, 48, 66). Molti autori<br />
dunque ritengono le tecniche di legamentoplastica difficili e con risultati<br />
imprevedibili (75, 76). Le ricostruzioni tendinee sembrano meglio riprodurre<br />
la strutturazione anatomica delle articolazioni carpali ma sono tecnicamente<br />
piuttosto impegnative; inoltre l’utilizzo di grafts tendinei fissati all’osso dà<br />
talvolta collasso dell’osso stesso. Linscheid e Dobyns riportano buoni risultati<br />
con la riparazione tramite l’utilizzo del tendine dell’estensore radiale lungo<br />
o breve del carpo sdoppiato distalmente (16, 40, 50, 51) e passato attraverso il<br />
corpo di scafoide e semilunare. Questi ultimi vengono poi fissati con fili di<br />
Kirschner per 6-8 settimane in gesso, e successivamente in uno splint per<br />
ulteriori 6 settimane. Infine viene prescritto un recupero fisioterapico che ha<br />
una durata variabile da 6 a 12 mesi. I risultati sembrano essere soddisfacenti<br />
ed il polso sembra recuperare in buona parte la propria normale cinematica.<br />
Taleisnik (52) usa la stessa tecnica con lievi modifiche (esposizione volare e<br />
dorsale e ricostruzione dello scafolunato interosseo) ma con risultati non<br />
completamente soddisfacenti per difficoltà tecniche intrinseche. Altre tecniche<br />
prevedono l’apertura della scafo-trapezio-trapezoidale formatasi al posto<br />
della scafolunata lesionata, con successiva riduzione dello scafoide e ricostruzione<br />
carpale tramite l’utilizzo di bendelette tendinose (da flessore radiale del<br />
carpo) passate attraverso lo scafoide e fissate dorsalmente, che possano ricostituire<br />
la normale altezza del carpo (13, 62). In particolare la tecnica descritta<br />
da Brunelli (62, 75), prevede un’aggressione chirurgica duplice (dorsale e<br />
volare); dorsalmente viene aperto il retinacolo degli estensori ed il tessuto<br />
fibroso-cicatriziale in corrispondenza della DSL e dell’angolo formato dalla<br />
flessione dello scafoide tra questo ed il trapezio e il trapezoide; viene asportata<br />
la cicatrice rispettando le superfici cartilaginee. Anche volarmente viene<br />
asportata la cicatrice a livello della DSL. Viene quindi aperta la guaina del<br />
FRC fino al trapezio e viene preparata una bendeletta del flessore di circa 7<br />
cm lasciata inserita distalmente. Viene perforato un tunnel nel polo distale di<br />
scafoide da volare a dorsale attraverso il quale la bendeletta viene passata e<br />
tirata dorsalmente, permettendo allo scafoide di riprendere la propria inclinazione<br />
normale e di ridurre così la sub-lussazione dorsale del polo prossimale<br />
e la DSL. La riduzione è fissata temporaneamente con un filo di Kirschner<br />
che solidarizza il polo distale di scafoide al capitato e la bendeletta viene<br />
suturata ai residui fibrosi del legamento scafolunare e al tessuto fibroso del<br />
bordo dorsoulnare del radio. Viene quindi richiusa la capsula, il retinacolo e