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con la densità e la profondità dello spazio, chiamando in causa le<br />
capacità percettive del fruitore nel conflitto tra l’apparente bidimensionalità<br />
e la reale tridimensionalità dell’opera. Per apprezzare l’impatto<br />
plastico-volumetrico delle sue creazioni occorre passare da una<br />
visione frontale, in cui emerge la complessa e articolata dialettica di<br />
pieni e di vuoti, a una laterale, che consente di cogliere la reale<br />
espansione spaziale dell’oggetto. L’allestimento della mostra ha previsto<br />
la disposizione delle sculture lungo un percorso fatto di frammenti<br />
marmorei con cui la curatrice ha inteso offrire una riflessione<br />
sul passaggio che nel Novecento ha visto l’arte plastica affiancare ai<br />
materiali nobili quelli di riuso. Una soluzione efficace non solo sul<br />
piano concettuale ma anche su quello visivo, perché se da un lato ha<br />
garantito la piena fruizione delle opere da parte dell’osservatore,<br />
dall’altro le ha esaltate nel contrasto cromatico tra il metallo e il<br />
materiale lapideo. Tra le sculture esposte una in particolare evoca,<br />
attraverso le pagine di un grande libro metallico, le vicende che hanno<br />
segnato la biografia artistica di Niccoli: il sodalizio con il fratello<br />
Gabriele, da sempre al suo fianco nel lavoro di bottega, e l’incontro<br />
con Leopoldo Paciscopi e sua moglie Gigliola Melani, ai quali spetta<br />
il merito di aver riconosciuto subito il suo talento nutrendolo di consigli<br />
e parole di sostegno. <strong>La</strong> mostra allestita a Fiesole sarà ospitata<br />
nella Limonia di Palazzo Medici nel mese di settembre 2014 con il<br />
patrocinio del Comune di Firenze.<br />
Vernissage: Gigliola Melani Paciscopi intervistata da Toscana TV<br />
di Gigliola Melani Paciscopi<br />
Dopo l’esperienza futurista e costruttivista, la scultura si è<br />
avventurata per decenni in sperimentazioni materiche<br />
d’ogni tipo: feltro, polistirolo, spazzoloni colorati, rame,<br />
mattoni, tubi fluorescenti, gommapiuma, stoffe e montagne<br />
di stracci. Abbiamo visto etichettare scultura anche tavolate di<br />
frutta e verdura (al Forte Belvedere di Firenze) o il corpo nudo dello<br />
stesso artista (alla Biennale di Venezia). In un simile affollato panorama<br />
si presenta Giampiero Niccoli con la materia delle sue sculture, la<br />
più elementare, il ferro, ed è bene sottolineare in cosa egli si differenzi<br />
da chi in passato ha già usato quel metallo e con esempi illustri,<br />
come Tatlin e il suo Progetto per il monumento alla Terza Internazionale<br />
del 1919, o Picasso con Il monumento ad Apollinaire del 1928, fatto<br />
di esili fili di ferro saldati a una base di lamiera e realizzato grazie ai<br />
consigli di Julio Gonzáles che aveva appreso la tecnica della saldatura<br />
nelle officine Renault. Non è marginale l’annotare che una simile<br />
Leopoldo Paciscopi con Giampiero Niccoli all'inaugurazione della mostra<br />
eventualità, la pratica alla forgia e al saldatore, ha consentito a David<br />
Smith di conquistare i musei con i Tank Totem e a Richard Serra di<br />
affermarsi con le sue monumentali lastre arrugginite. Queste opere<br />
che ho ricordato, racchiudono in sé stesse le ragioni della loro esistenza.<br />
Chiedono al visitatore solo di essere guardate e meditate. <strong>La</strong><br />
scultura di Giampiero Niccoli, invece, dichiara di voler creare rapporti<br />
fra l’opera, lo spazio e l’osservatore, con l’intento di stabilire con lui<br />
un colloquio fatto di atmosfere, sensazioni, pensieri. E, in quei tagli<br />
che aprono varchi nelle opere, chiede a ognuno di proiettare la propria<br />
contemporaneità, apponendo<br />
titoli che sono veri suggerimenti:<br />
Risveglio, Probabilità,<br />
Guardando oltre, Tensione.<br />
Persino mentre ci sovrasta<br />
con le proporzioni di una croce,<br />
nel titolo avverte che si<br />
tratta di Un dramma umano,<br />
la croce che i popoli e noi tutti<br />
ci trasciniamo addosso. Così<br />
si è andati al di là dell’apparenza.<br />
E nel Libro ritroviamo i<br />
momenti della nostra stessa<br />
vita, come nelle Pagine, delle<br />
quali ci è proposto solo il bordo<br />
esterno e nell’interno uno<br />
spazio assente invita riflettere<br />
su un destino che ci attende<br />
ma che ignoriamo. Dovendo<br />
curare la mostra di Giampiero<br />
Niccoli nel Basolato del<br />
Comune di Fiesole, ho avvertito<br />
l’esigenza di creare una installazione<br />
che mantenesse<br />
vivo il rapporto da lui programmaticamente<br />
voluto fra<br />
le sue sculture e gli osservatori,<br />
ma vi ho considerato anche<br />
l’ambiente in cui dovevano<br />
essere collocate. E’ così<br />
nata l’idea del percorso<br />
sull’acciottolato di marmo,<br />
capace di unire due materie<br />
fondamentali nella storia della<br />
scultura. E il percorso non<br />
l’ho pensato lineare poiché<br />
non lo è l’esistenza e neppure<br />
lo stesso tracciato dell’arte.<br />
Giampiero Niccoli è nato il 13<br />
maggio 1948 a Borgo San<br />
Lorenzo. Si trasferisce a Fiesole<br />
insieme al fratello maggiore<br />
Gabriele e nel 1968 apre con lui la<br />
fucina che definiscono “Bottega del<br />
ferro forgiato” creando i pressuposti<br />
per il suo futuro destino artistico.<br />
Fu osservando e ammirando un<br />
vecchio maniscalco di Luco di Mugello<br />
che, fin da ragazzo, Giampiero<br />
scoprì la sua predisposizione verso<br />
l’arte del forgiare il ferro. Di questo<br />
mestiere più tardi conobbe la storia<br />
e seppe di come i Romani lo avessero<br />
appreso da Galli e Celti e poi via<br />
via si fosse conquistato, nel Rinascimento<br />
toscano, grazie alle opere<br />
di maestri come Niccolò il Grosso<br />
detto il Caparra, il titolo di “nuova<br />
arte maggiore”. Per anni accanto al<br />
fratello Gabriele ne ha esplorato i<br />
segreti, lavorando con lui nella bottega<br />
fiesolana. <strong>La</strong> scoperta della<br />
scultura è arrivata gradualmente,<br />
confortata dall’incoraggiamento di<br />
intellettuali come Leopoldo Paciscopi<br />
e di sua moglie Gigliola Melani.<br />
Della mostra nella Basilica di<br />
Sant’Alessandro, Luigi Cavallo, lo<br />
storico dell’arte che ha illuminato<br />
con i suoi studi l’opera di maestri<br />
come Soffici e Rosai, dichiarò: “L’equilibrio<br />
fra l’ambiente e i ferri del<br />
Niccoli avvantaggiava sia il monumento<br />
sia le opere, che con il loro<br />
rispetto dei vuoti, cioè del silenzio<br />
della materia, parevano forgiate<br />
proprio per essere allogate in quegli<br />
spazi e in quel clima”.<br />
Giampiero Niccoli 53