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La TOSCANA - Dicembre 2013

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con la densità e la profondità dello spazio, chiamando in causa le<br />

capacità percettive del fruitore nel conflitto tra l’apparente bidimensionalità<br />

e la reale tridimensionalità dell’opera. Per apprezzare l’impatto<br />

plastico-volumetrico delle sue creazioni occorre passare da una<br />

visione frontale, in cui emerge la complessa e articolata dialettica di<br />

pieni e di vuoti, a una laterale, che consente di cogliere la reale<br />

espansione spaziale dell’oggetto. L’allestimento della mostra ha previsto<br />

la disposizione delle sculture lungo un percorso fatto di frammenti<br />

marmorei con cui la curatrice ha inteso offrire una riflessione<br />

sul passaggio che nel Novecento ha visto l’arte plastica affiancare ai<br />

materiali nobili quelli di riuso. Una soluzione efficace non solo sul<br />

piano concettuale ma anche su quello visivo, perché se da un lato ha<br />

garantito la piena fruizione delle opere da parte dell’osservatore,<br />

dall’altro le ha esaltate nel contrasto cromatico tra il metallo e il<br />

materiale lapideo. Tra le sculture esposte una in particolare evoca,<br />

attraverso le pagine di un grande libro metallico, le vicende che hanno<br />

segnato la biografia artistica di Niccoli: il sodalizio con il fratello<br />

Gabriele, da sempre al suo fianco nel lavoro di bottega, e l’incontro<br />

con Leopoldo Paciscopi e sua moglie Gigliola Melani, ai quali spetta<br />

il merito di aver riconosciuto subito il suo talento nutrendolo di consigli<br />

e parole di sostegno. <strong>La</strong> mostra allestita a Fiesole sarà ospitata<br />

nella Limonia di Palazzo Medici nel mese di settembre 2014 con il<br />

patrocinio del Comune di Firenze.<br />

Vernissage: Gigliola Melani Paciscopi intervistata da Toscana TV<br />

di Gigliola Melani Paciscopi<br />

Dopo l’esperienza futurista e costruttivista, la scultura si è<br />

avventurata per decenni in sperimentazioni materiche<br />

d’ogni tipo: feltro, polistirolo, spazzoloni colorati, rame,<br />

mattoni, tubi fluorescenti, gommapiuma, stoffe e montagne<br />

di stracci. Abbiamo visto etichettare scultura anche tavolate di<br />

frutta e verdura (al Forte Belvedere di Firenze) o il corpo nudo dello<br />

stesso artista (alla Biennale di Venezia). In un simile affollato panorama<br />

si presenta Giampiero Niccoli con la materia delle sue sculture, la<br />

più elementare, il ferro, ed è bene sottolineare in cosa egli si differenzi<br />

da chi in passato ha già usato quel metallo e con esempi illustri,<br />

come Tatlin e il suo Progetto per il monumento alla Terza Internazionale<br />

del 1919, o Picasso con Il monumento ad Apollinaire del 1928, fatto<br />

di esili fili di ferro saldati a una base di lamiera e realizzato grazie ai<br />

consigli di Julio Gonzáles che aveva appreso la tecnica della saldatura<br />

nelle officine Renault. Non è marginale l’annotare che una simile<br />

Leopoldo Paciscopi con Giampiero Niccoli all'inaugurazione della mostra<br />

eventualità, la pratica alla forgia e al saldatore, ha consentito a David<br />

Smith di conquistare i musei con i Tank Totem e a Richard Serra di<br />

affermarsi con le sue monumentali lastre arrugginite. Queste opere<br />

che ho ricordato, racchiudono in sé stesse le ragioni della loro esistenza.<br />

Chiedono al visitatore solo di essere guardate e meditate. <strong>La</strong><br />

scultura di Giampiero Niccoli, invece, dichiara di voler creare rapporti<br />

fra l’opera, lo spazio e l’osservatore, con l’intento di stabilire con lui<br />

un colloquio fatto di atmosfere, sensazioni, pensieri. E, in quei tagli<br />

che aprono varchi nelle opere, chiede a ognuno di proiettare la propria<br />

contemporaneità, apponendo<br />

titoli che sono veri suggerimenti:<br />

Risveglio, Probabilità,<br />

Guardando oltre, Tensione.<br />

Persino mentre ci sovrasta<br />

con le proporzioni di una croce,<br />

nel titolo avverte che si<br />

tratta di Un dramma umano,<br />

la croce che i popoli e noi tutti<br />

ci trasciniamo addosso. Così<br />

si è andati al di là dell’apparenza.<br />

E nel Libro ritroviamo i<br />

momenti della nostra stessa<br />

vita, come nelle Pagine, delle<br />

quali ci è proposto solo il bordo<br />

esterno e nell’interno uno<br />

spazio assente invita riflettere<br />

su un destino che ci attende<br />

ma che ignoriamo. Dovendo<br />

curare la mostra di Giampiero<br />

Niccoli nel Basolato del<br />

Comune di Fiesole, ho avvertito<br />

l’esigenza di creare una installazione<br />

che mantenesse<br />

vivo il rapporto da lui programmaticamente<br />

voluto fra<br />

le sue sculture e gli osservatori,<br />

ma vi ho considerato anche<br />

l’ambiente in cui dovevano<br />

essere collocate. E’ così<br />

nata l’idea del percorso<br />

sull’acciottolato di marmo,<br />

capace di unire due materie<br />

fondamentali nella storia della<br />

scultura. E il percorso non<br />

l’ho pensato lineare poiché<br />

non lo è l’esistenza e neppure<br />

lo stesso tracciato dell’arte.<br />

Giampiero Niccoli è nato il 13<br />

maggio 1948 a Borgo San<br />

Lorenzo. Si trasferisce a Fiesole<br />

insieme al fratello maggiore<br />

Gabriele e nel 1968 apre con lui la<br />

fucina che definiscono “Bottega del<br />

ferro forgiato” creando i pressuposti<br />

per il suo futuro destino artistico.<br />

Fu osservando e ammirando un<br />

vecchio maniscalco di Luco di Mugello<br />

che, fin da ragazzo, Giampiero<br />

scoprì la sua predisposizione verso<br />

l’arte del forgiare il ferro. Di questo<br />

mestiere più tardi conobbe la storia<br />

e seppe di come i Romani lo avessero<br />

appreso da Galli e Celti e poi via<br />

via si fosse conquistato, nel Rinascimento<br />

toscano, grazie alle opere<br />

di maestri come Niccolò il Grosso<br />

detto il Caparra, il titolo di “nuova<br />

arte maggiore”. Per anni accanto al<br />

fratello Gabriele ne ha esplorato i<br />

segreti, lavorando con lui nella bottega<br />

fiesolana. <strong>La</strong> scoperta della<br />

scultura è arrivata gradualmente,<br />

confortata dall’incoraggiamento di<br />

intellettuali come Leopoldo Paciscopi<br />

e di sua moglie Gigliola Melani.<br />

Della mostra nella Basilica di<br />

Sant’Alessandro, Luigi Cavallo, lo<br />

storico dell’arte che ha illuminato<br />

con i suoi studi l’opera di maestri<br />

come Soffici e Rosai, dichiarò: “L’equilibrio<br />

fra l’ambiente e i ferri del<br />

Niccoli avvantaggiava sia il monumento<br />

sia le opere, che con il loro<br />

rispetto dei vuoti, cioè del silenzio<br />

della materia, parevano forgiate<br />

proprio per essere allogate in quegli<br />

spazi e in quel clima”.<br />

Giampiero Niccoli 53

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