Luiss-Generare-Classe-dirigente
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La prima causa è l’abbandono scolastico. Il tasso di Neet e quello relativo agli abbandoni<br />
scolastici, infatti, sono direttamente proporzionali.<br />
La seconda causa è che in Italia la transizione dalla scuola al lavoro è lenta e difficile, anche<br />
per la mancanza o il cattivo funzionamento di sistemi di giunzione come l’apprendistato.<br />
La terza causa riguarda propriamente la natura del mercato del lavoro italiano. Non<br />
bisogna dimenticare che il disagio di cui parlavamo nel primo paragrafo alimenta i<br />
Neet, tanto più inattivi quanto più scoraggiati. Senza tralasciare il lavoro nero, anch’esso<br />
direttamente proporzionale al tasso di crescita dei Neet.<br />
La quarta causa è la bassa mobilità sociale. In Italia i figli di genitori che abbiano un basso<br />
livello di istruzione avranno maggiore probabilità di finire nell’agglomerato dei Neet.<br />
La quinta e ultima causa, infine, è la mancanza di un adeguato livello di welfare. Basta<br />
ricordare che a livello europeo, i Paesi con il maggior tasso di Neet sono anche quelli<br />
dove i giovani rimangono per più tempo a casa insieme ai genitori.<br />
A questo punto, dopo aver brevemente esaminato numero, identità e cause dei Neet,<br />
si tratta di guardare alle conseguenze dell’esclusione sociale dei giovani dal mondo del<br />
lavoro. Sul 2011, si calcola che la perdita economica dovuta al disimpegno dei Neet<br />
in Europa sia pari a 153 miliardi di euro, una stima prudente che corrisponde all’1,2%<br />
del Pil dell’Unione. In particolare, inoltre, i Paesi col maggior numero di Neet pagano<br />
mediamente un deficit potenziale del 2% di Pil. I Neet, infatti, non si limitano a non<br />
generare autonomamente reddito, ma sottraggono reddito disponibile per ulteriori<br />
consumi alle rispettive famiglie.<br />
Esiste, infine, un’ulteriore conseguenza del fenomeno Neet, che dovrebbe stare particolarmente<br />
a cuore a una «classe <strong>dirigente</strong> adeguata». Si tratta di una conseguenza<br />
politica, che rischia di nuocere alla salute dell’ordinamento democratico. Se la quota di<br />
Neet dovesse incrementare, infatti, la rassegnazione potrebbe trasformarsi in rabbia. Il<br />
disagio, infatti, può generare anche reazione, non solo depressione.<br />
Flessibilità del lavoro, precarietà della vita: numeri e cause<br />
Il problema, a sentire i giovani, non è la flessibilità del lavoro, ma la precarietà della<br />
vita. La flessibilità è forse un regime necessario per poter competere nell’epoca della<br />
globalizzazione. Per questo, le condizioni di lavoro nei Paesi occidentali si sono modificate<br />
ampiamente negli ultimi due decenni: sono calati drasticamente i contratti a<br />
tempo indeterminato e sono aumentati a dismisura i contratti a tempo determinato.<br />
Una tendenza che non ha risparmiato l’Italia, a partire dal 2003.<br />
Eppure la flessibilità ha implicato in molti casi costi umani troppo onerosi per individui,<br />
famiglie, comunità. Costi riassumibili nel termine “precarietà”. Diventa precaria la vita<br />
di chi si trovi costretto a “subire” una lunga serie di contratti a tempo determinato, che<br />
durano pochi mesi, senza alcuna garanzia di poter stipulare un nuovo contratto prima<br />
della fine del legame in corso o subito dopo. Spesso subentra anche la rassegnazione<br />
rispetto alla speranza di ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La<br />
sfida per una classe <strong>dirigente</strong> degna di questo nome, dunque, è allentare il legame<br />
parte prima › capitolo 4 › le difficoltà dei giovani<br />
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