Antropologiadella preghiera:aspetti psicologicie teologici<strong>di</strong> Marco La Loggia, EHESS-CARE(Centre d'anthropologie religieuse européenne), Paris20
DOPO che Gesù in persona ci hainsegnato la preghiera del PadreNostro, cosa possiamo noi <strong>di</strong>re <strong>di</strong>più? Dopo che Teresa d'Avila, riconosciutamaestra <strong>di</strong> preghiera, ci ha lasciato la letturadella sua autobiografia con tutte le sfumaturee gli accorgimenti da adottare nella relazioned'amore con Dio, come possiamo aggiungerenoi qualcosa? Farlo allora significa soltantorinviare a Gesù vivente e al Vangelo. Forsescrivere sulla preghiera è utile per riba<strong>di</strong>re cheessa è soprattutto risposta ad un dono ricevutogratuitamente. Infatti il centro della relazionea Dio è la fede. La preghiera è un movimentoverso Colui che ci amati per primi (Rm 5, 8).La <strong>di</strong>mensione della gratuità del donodella fede cristiana è fondamentale per nongiu<strong>di</strong>care coloro che affermano non credere (ocredere in altro). Moretti, nel suo ultimo HabemusPapam coglie con finezza il nodo dellaquestione. «Dove c'è la fede, non c'è prova(argumentum)» <strong>di</strong>cevano i Padri. Ogni <strong>di</strong>scorsointorno alla preghiera, dunque, deve averecome necessaria premessa tale dono <strong>di</strong> Diofatto agli uomini e alle donne, soprattutto aipiccoli (Lc 10, 21-23).Un'ancestrale saggezza religiosa:il ruolo del corpoQualche anno fa durante un viaggio sulleorme <strong>di</strong> Teresa d'Avila e Giovanni della Crocemi trovavo in Spagna. Arrivati a Segoviaricordo come fosse ieri, quanto fu grande lamia sorpresa nel vedere un pa<strong>di</strong>glione a<strong>di</strong>acenteai carmelitani scalzi <strong>di</strong> quel convento,de<strong>di</strong>cato specialmente alla pratica dello yoga.Lo stupore era in me sintomo <strong>di</strong> incomprensioneche andava fino a pensare che tale praticafosse inaccettabile perché pratica sincretista.Tanti anni sono passati ed oggi rivisitocon umiltà la mia posizione ritenendo chenon sia più valida. Allora aveva vinto in mela paura della <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> una cultura sconosciuta.Col passare del tempo, infatti, mi sonoreso conto che nel cristianesimo occidentaleavevamo perso tutta l'importanza e lo spazioche il corpo deve avere nella preghiera. Delresto il corpo, ammettiamolo, è per noi occidentaliun problema. Da una parte è esaltatoe glorificato come nel culturismo; dall'altro lenuove psicopatologie si incentrano sul corpo:l'anoressia e la bulimia. Troppo amato o troppobistrattato, la relazione al corpo è lontanadall'essere pacifica ai giorni nostri. Inoltrenel cristianesimo e nell'espressione della preghieraoccidentale il corpo è a volte ostacoloe impe<strong>di</strong>mento piuttosto che essere un abilecollaboratore. In effetti, il corpo è sia segnoche in<strong>di</strong>ca l'anima orante ma anche supportoe trampolino verso la prossimità del Regno.Il contrasto, per esempio, tra una liturgiaeuropea ed una liturgia africana, trova i fedelidei due continenti riuniti in una stessa assemblea,a <strong>di</strong>sagio e <strong>di</strong>sorientati. Dopo il VaticanoII, il <strong>di</strong>verso non è più soltanto l'altro fuori lemura delle chiese, ma la liturgia cattolica invarie parti del mondo esprime nella <strong>di</strong>versitàdelle lingue liturgiche e nelle <strong>di</strong>fferenza delA sinistra: Safet Zec, Luigi II, 2009-2010, Coll. Privata. In alto: Safet Zec, Abbracci, 2001, Coll. Privata21