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IL PROGETTO CONTATTI - Dronet

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PRESENTAZIONEIl metadone ha suscitato in questi anni polemiche accese tra fautori ed oppositori che solo da poco temposembrano finalmente avviarsi ad un ridimensionamento alla luce dei fatti.Fin dal comparire come possibile trattamento contro le tossicodipendenze, questo farmaco si è portatoaddosso un alone di negatività, legata al suo obiettivo terapeutico, il mantenimento, percepito come possibilecongelamento e non già come spinta forte verso l’affrancamento dallo stato di dipendenza. Va ricordato chequesto approccio pragmatico (il farmaco arrivava in Europa dopo un utilizzo massiccio negli USA e nelmondo anglossassone in generale) è stato particolarmente contrastato in Italia fino alla fine degli anni 80,prevalendo infatti allora una impostazione tesa a promuovere a tutti i costi l’ipotesi di un cambiamentoradicale nel tossicodipendente con la guarigione come possibile ultima meta. Parallelamente venivanovalorizzati gli interventi psicoterapici come praticabili e imprescindibili per il pieno recupero del soggettodipendente.Questo approccio un po’ idealizzato al complesso problema delle dipendenze si è poi via via smussato,articolato e aperto a nuove soluzioni e a nuove sperimentazioni, iniziando a percorrere strade primaimpensabili ma che tenevano conto con maggiore realismo del tossicodipendente così come appariva e nonsolo come lo si voleva percepire.C’era alla base della diffidenza verso il trattamento sostitutivo anche un’altra forte pregiudiziale: quella ditipo culturale.Si è pensato infatti per tanto tempo che l’opzione sostitutiva fosse una scelta di retroguardia, l’accettazione diun fallimento che veniva dopo aver provato e riprovato le strade più giuste, più qualificanti, più serie sulpiano scientifico. Come se la decisione finale di intraprendere il trattamento con sostitutivi rappresentassenon solo l’ultima spiaggia ma anche la spiaggia dove abbandonare al suo destino il tossicodipendentelasciandolo agganciato, potenzialmente a vita, a questo ultimo puntello. Allora erano in tanti a mettere indiscussione addirittura l’uso della parola ”cura” per il metadone.L’evidenza della gravità, la numerosità crescente delle situazioni di dipendenza, la drammaticità dei moltirisvolti sociali, la crescente compromissione psichiatrica di tanti di questi pazienti, hanno poiprogressivamente imposto prima l’accettazione e poi la diffusione progressiva dei trattamenti con farmacisostitutivi (non più il solo metadone visto che di recente si è aggiunta anche la buprenorfina, un nuovofarmaco che presenta interessanti possibili utilizzi che i Ser.T. andranno a verificare e sperimentare nellapratica clinica).Superata dunque la diffidenza iniziale, si tratta ora di osservare aspetti molto interessanti e primaimpensabili sull’uso di questi farmaci sostitutivi.Si è colta innanzitutto l’importanza di stabilizzare i pazienti per poi poter fare dell’altro. Si è visto chepartendo da una condizione psicologica più stabile indotta dal farmaco, un numero non piccolo di soggettidipendenti poteva riprendere competenze sociali (ad esempio la funzione genitoriale o il proprio ruolo dipartner), affrontare un lavoro psicologico su se stesso, poteva recuperare dignità e abilità, affrontare tappesignificative di reinserimento nella società, cimentarsi con la realtà di un lavoro.La ricerca contenuta in questo volume evidenzia il dato molto interessante che nel nostro territorio, unapercentuale significativa di tossicodipendenti in metadone lavora. Questa constatazione appare agli operatoridel settore una sfida significativa attorno a nuovi aspetti, a nuove situazioni, che impongono interventi estrategie adeguate, spesso da inventare. Si pone quindi l’esigenza di ripensare al reiserimento sociale diquesti soggetti come una sequenza di tappe, ma anche come una serialità di sostegni, di reti di supporto,giacchè nei fenomeni di dipendenza l’evoluzione è possibile ma i tempi del cambiamento sono lunghi e irischi di regressione (e non solo di ricaduta) rimangono alti per molto tempo.Dall’esigenza di aprire nuovi scenari ai tossicodipendenti ancora in fasi delicate e fragili del trattamento edell’avvio della riabilitazione, è nato poi il Progetto “Contatti” che dopo una fase sperimentale è diventatouna delle opzioni stabili di approccio verso una fetta di utenza in trattamento con sostitutivi. Qui il fulcrodell’intervento ruota intorno al contrasto della cronicità, del vuoto, dell’emarginazione. L’obiettivo è quellodi offrire un’occasione di aggregazione, di sperimentazione “leggera” della gruppalità tra pari, diesercitazione alla manualità semplice, offrendo una alternativa, modesta ma pur sempre significativa, allamisera routine della frequenza quasi rituale al Servizio per l’assunzione del farmaco. Tutto ciò con la finalità

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