Persona 1(utente)Persona 2(carer)Persona 6(psichiatra) Persona 8(infermiere)Persona 5(volontario)Persona 3(parroco)AzionecongiuntaCompito TrovPersona 7(datore di lavoro)Fig.8.3 Possibile rete di fronteggiamento in una dinamica di ricerca di lavoro per un paziente psichiatrico.Se vogliamo avere una idea precisa di che cosa è «il sociale» che continuiamo sempre a nominare, dobbiamoin effetti pensarlo materializzato in un 'entità disarticolata e dinamica (cioè proiettata con l’azione in avanti);una pluralità di persone che interagiscono e scambiano informazioni e che sono potenzialmente libere diarticolare la loro azione in funzione di un compito circostanziato, in qualche misura condiviso. La flessibilitàe la dinamicità, l'essenza di una rete, a differenza ad esempio, di un sistema, che è un insiemetendenzialmente più bloccato e rigido nella sua struttura già acquisita ( omeostatica), quindi meno capace diinsinuarsi nella complessità.La figura 8.3 ci mostra che un problema sociale non è mai un singolo individuo «fatto male» da madre natura( e quindi da modificare o ristrutturare «clinicamente» ), ma una dinamica interazionale complessa che persvariati motivi non raggiunge i suoi stessi standard attesi d 'azione (o non raggiunge gli standard dell'osservatore che «costruisce» il problema secondo codici esterni). Una rete può facilmente far passare tra lesue maglie delle situazioni senza essere in grado di gestirle. La rete di fronteggiamento è una strutturaassistenziale «leggera» che si costruisce ad hoc su una singola contingenza, spesso informalmente e senzacoscienza. È una struttura che spesso non è nemmeno percepita come tale (appunto come una struttura diassistenza). Il suo habitat è dato dagli interstizi della vita «normale» delle persone, nel senso della vita adomicilio o in ambienti ordinari della comunità locale, in coerenza con il noto principio della«normalizzazione» (Wolfensberger, 1972).Quando va bene la rete garantisce, pur nella sua labilità, e magari volatilità, l’assistenza o un 'adeguataqualità della vita. A volte invece, con situazioni più pesanti, la mancanza di coscienza o diautorganizzaizone, fa sì che la rete si presenti debole o sfilacciata. Tanto più il problema è complesso, equindi tanto più è complessa l’azione di fronteggiamento spontanea, tanto più la rete di fronteggiamento sipuò presentare alI 'osservatore come articolata/ frammentata. Tante più logiche distinte ci possono essere -siainformali (del mondo della vita) sia formali (tecnico-amministrative) -e tanta più fatica possono fare a stareassieme.Può sorprendere, ma fmo a un certo punto, che ci sia maggiore probabilità di trovare reti poco efficienti oaddirittura a volte sgangherate quando i suoi nodi sono costituiti anche da un i" certo numero di operatoriprofessionali. Questo è un dato intuitivo: in genere ci sono più operatori ii quando le situazioni sono
oggettivamente più gravi. Resta tuttavia il fatto che gli operatoriancora faticano a capire la logica di rete, cheè alquanto più sofisticata di una logica di equipe (multidisciplinary team).Ciascun professionista che appartiene a un «insieme» operativo definibile come «rete» ha alle sue spalle unente (un datore di lavoro) che è in genere diverso da quello degli altri eventuali colleghi presenti in quellastessa «unità» operativa. Ovviamente, un conto è lavorare assieme a colleghi all 'interno di un 'unicastruttura, quando l’utente o la situazione «vengono» al servizio per farsi «trattare» lì (quando per così dire lamontagna va da Maometto). Un altro conto è quando l’operatore lascia le mura dell 'ente ed esce fuori, lui dasolo, e s 'incontra con altri colleghi professionisti, e anche con altri interessati, magari mai visti prima, in uncampo neutro esterno. Ogni operatore può avere un retroterra amministrativo e procedurale diverso, conregolamenti e logiche e finalità (anche latenti) proprie, e tutti quanti sono tenuti assieme occasionalmentedallo stesso obiettivo, che può essere più o meno chiaro. In questafattispecie, non abbiamo un 'equipe, abbiamo una rete (Payne, 1998).Per definizione, una rete idealtipica è tale quando tutte le parti variamente differenziate, ciascuna portatricedella sua specifica logica o anche soggettività, come abbiamo detto, tutte queste parti possono agiretendenzialmente su uno stesso livello di status. È una struttura democratica di comunicazione (di azioniorientate in reciprocità) nel senso che ogni testa vale un voto, come si dice. Tutti i membri sono cittadini dipari grado. Hanno lo stesso titolo e lo stesso diritto di voce nel fronteggiamento.Se questa osservazione sorprende, bisogna distinguere che cosa significa aver titolo o autorità nell'erogazione di una prestazione tecnica, oppure aver titolo nel fronteggiamento. A una prestazione tecnica ètitolato il competente (lo specialista), il quale sa lui che cosa fare e gli altri non dovrebbero interferire. Alfronteggiamento -cioè a capire che cosa può essere più sensato fare per gestire al meglio una situazioneindeterminata -sono titolati in pari grado tutti gli interessati che sono «dentro» quella situazione. Peresempio, se in una rete c 'è uno psichiatra, lui potrà decidere nel merito del dosaggio di un farmaco, ma se sitratta di capire che cosa possa essere «meglio» per un utente -ad esempio se sia meglio andare a vivere con lasorella o starea casa sua o che cosa -la voce dello psichiatra conta come quella dell 'utente o della sorella, odell 'assistente domiciliare.E’ questa parità potenziale che, se effettivamente c 'è, ci fa dire che l’insieme delle persone che si ritrovanoassieme (anche idealmente, in unospazio-tempo frammentato) è una rete nel vero senso del termine ( e non,ad esempio, una squadra di «esecutivi» dominata cognitivamente da qualche singolo). In una rete tutti sonotendenzialmente sullo stesso piano e possono comunicare/agire sulle cose in base alla sensatezza di ciò chehanno da dire, e non in base al ruolo.E ora due parole per capire che cos'è il lavoro sociale di rete. Abbiamo fin qui considerato il lavoro diun'ipotetica rete di fronteggiamento, cioè lo sforzo che fanno le persone/gli operatori quando si danno da farein reciprocità, cioè in collegamento tra loro, in vista di qualche condivisa finalità. In questo senso parliamoesattamente del lavoro della rete, che di solito è, o comunque può essere, spontaneo e poco coscientizzato. Illavoro di rete è un tipo diverso: è un lavoro, indirizzato verso la rete naturale di cui sopra, la quale già lavoraper conto suo, come si è detto. In questa accezione, il lavoro di rete non sarebbe precisamente un “lavoro”.E’ un metalavoro, un lavoro su un lavoro, o meglio un lavoro che si aggancia relazionalmente a un altrolavoro (di altri soggetti). Volendo definirlo più compiutamente potremmo dire:[...] il lavoro di rete è un investimento intenzionale (fmalizzato) di energia rivolto verso unarete di fronteggiamento preesistente (al limite anche potenziale) affinche essa (a) possa agirecon più efficacia sul piano della reticolazione (della quantità, dell 'efficacia e della pariteticitàdelle interazioni) e (b ) possa esprimere una migliore capacità di azione comune rispetto alcompito (task) che la «catalizza» e la spinge in avanti verso un miglior adattamento (nonnecessariamente verso una soluzione ottimale).Quando parliamo di capacità di azione comune (o congiunta) intendiamo l’azione cumulativa di tutti quanti,non solo quella delle varie persone della rete ma anche, sullo stesso piano, quella dell 'operatore che «fa» illavoro di rete. Se ci si sforza di vedere impastate assieme, in uno stesso amalgama, l’azione della rete el’azione dell 'operatore che è divenuto suo interlocutore, capiamo che il lavoro di rete non è un «intervento»estrinseco sulla rete, una pressione che l’operatore fa per costringere i suoi interlocutori a «migliorarsi», o afare qualcosa di specifico. Non è un intervento sistemico direttivo, della «prima generazione». È piùesattamente una relazione con la rete, cioè una relazione con relazioni, come si vede meglio graficamentenello schema della figura 8.4.