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IL PROGETTO CONTATTI - Dronet

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che bisogna aiutare l'immaginario a coagularsi intorno a qualche visione di se stesso che non appaia illusoria,ma consenta spiragli verso la concretizzazione della speranza. È necessaria un'interpretazione di se da partedi se stesso, il reperimento di un significato personale per la nuova situazione che consenta una primaindividuazione, una fantasia che vada oltre la definizione di realtà, peraltro in avanti ma insufficiente, che"egli è ciò che non è più". È l'abilità degli operatori che, tramite la valorizzazione di un'immagine delsoggetto su se stesso proiettata nel futuro, l'aggancio ad una finalizzazione realistica, tramite una complicitàche comunque consenta di sfuggire al presente, formula insieme all'interessato le prime ipotesi perl'elaborazione del Progetto, in una geografia ed una storia futura, su cui, piano piano, possono essere scrittenuove esperienze. Il progetto inizialmente proietta ben più in là: è ancora tra il sogno e la realtà, corre ilrischio dell'illusione (un'altra ancora) ma definisce meglio la speranza e l'alimenta. Il progetto non può esseretroppo distante. Appetibile e seducente, può e deve essere realisticamente raggiungibile. Questo l'operatorelo sa. Bisogna dargli gambe, collegarlo alla quotidianità, con la quale avviene la prima collisione in terminidi fatica, sofferenza, rischio di rinuncia. L'obiettivo è il compromesso; lo strumento è la mediazione: chi sene fa carico sono coloro che affiancano e accompagnano nella significatività della relazione (variabiledecisiva) dell'alleanza di lavoro. Coloro che affiancano, dopo aver sostenuto ed in parte colluso con lefantasie compensatorie nel tentativo di riempire il vuoto e la sofferenza, aiutano a definire un progettopossibile, noncheé a creare le condizioni perché il progetto sia realisticamente praticabile. In questo percorsoogni divario incontrato tra sogno e realtà, tra immagini onnipotenti di se ed esame delle risorse proprie e delcontesto, richiede ulteriori mediazioni, nuovi compromessi nell'accettazione di limiti. Per chi accompagna lafatica è su tre fronti: sostenere il progetto, evidenziare che è possibile e che ne vale la pena; tessere reti diprotezione per la caduta delle illusioni residue; sostenere e valorizzare la capacità di fare della persona. Ilprogetto che dà dignità e appetibilità al compromesso, non può eludere il problema del fare, che è in parte ladimensione del tempo che rende la giornata altrimenti vuota e interminabile e che è soprattutto la dimensionedi un senso e di un significato offerti da riconoscimenti che non possono poggiarsi più sulla parola esull'interpersonale. La relazione e i colloqui preludono, accompagnano e restituiscono un'idea di se, chetuttavia solo nella quotidianità del fare qualcosa o per qualcuno, prende corpo, realizza il Progetto comepresupposto di individuazione.L 'individuazione e la valorizzazione delle capacita’Ciò che avviene in comunità, nei vantaggi degli spazi e dei tempi a disposizione, è in qualche modoproponibile anche all'interno di altri setting di trattamento. L'osservazione nella quotidianità, prolungata eripetuta, consente di cogliere risorse e limiti, punti di forza e punti di debolezza di ciascuno, nell'interazionecontinua tra tutti: ospiti ed operatori. È compito della professionalità degli operatori un ascolto, uditivo evisivo, in grado di raccogliere potenzialità, talenti inespressi o mai espressi, o, come amano dire i cattolici, i"doni" che ogni persona possiede. Il secondo passaggio richiesto è la predisposizione di un contesto, affinchepotenzialità e capacità possano emergere ed evidenziarsi: un contesto ancora naturale e spontaneo, anche sesapientemente diretto ed utilizzato in chiave pedagogica. Il gruppo dei compagni di comunità in generecompie il terzo atto: restituisce alla persona ciò che vede, riconosce abilità e inclinazioni, fa da specchio, inquesto caso delle qualità, come in genere avviene coi meccanismi più collaudati di conduzione comunitaria.Ne consegue, al riconoscimento manifesto dei pari, una prima conferma, una valorizzazione, ed un processodi interiorizzazione di aspetti che definiscono buone immagini parziali di se. Toccherà di nuovo aglioperatori cercare di "chiudere" l'intervento, acquisendo un'alleanza di lavoro con la persona per uninvestimento più massiccio, formato, sulle capacità riconosciute. Non sempre (quasi mai) i percorsi sono cosìlineari. Incontrano inevitabili interferenze, prima ancora che dalle dinamiche di gruppo, dalle parti più indifficoltà della persona stessa. Ed è qui che il lavoro pedagogico si incrocia con quello più clinico. Tuttaviaosservazione, esercizio di capacità, riconoscimento, prima interiorizzazione ed investimento (ancorchéfragile) costituiscono gli arnesi per l'avvio di un'individuazione sul piano del fare, a cui potranno seguirecorsi preprofessionali e formativi. Perché un simile percorso possa avere successo è indispensabile la buonaqualità della relazione. Per affidarsi, bisogna fidarsi, operazioni-prerequisito per sviluppare fiducia di sè.Tutto ciò è facilitato, ma non è prerogativa dell'ambiente di comunità.

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