Persona 1(utente)Persona 2(carer)Persona 6(psichiatra) Persona 8(infermiere)Persona 5(volontario)Persona 7(datore di lavoro)Persona 3(parroco) RetediAzionecongiuntaCompito TrovarOperatore di rete(assistentesociale)Osservazionee guidaRete di aiutoformaleFig. 8.4 Schematizzazione di un possibile assetto di un «lavoro di rete».Per «relazione tra l’operatore e la rete» intendiamo un processo di scambio in itinere, nel corso del tempo,tendenzialmente paritetico. Intendiamo un reciproco processo di apprendimento tra le due parti, conmodificazioni e, se c 'è fortuna, miglioramenti reciproci. Ci immaginiamo la rete e l’operatore che assiemecercano di capire, per tentativi, passo dopo passo, che cosa sia sensato fare. L 'operatore di rete divienequindi un interlocutore delle persone che lui identifica come interconnesse (anche in modo arbitrario: ineffetti una rete di aiuto, in se, non è un'entità reale, che tutti vedono: è piuttosto un 'entità selezionata ecostruita dall'operatore ).In quanto interlocutore, l'operatore deve essere esterno alla rete, vederla da fuori. Ma abbiamo anche detto,ed emerge visivamente dal grafico della figura 8.4, che l'operatore resta interno a una rete maggiore, piùcapace (comprehensive). È l'insieme relazionale che si fofllla con la sua aggiunta, e la sua presenza attiva.Chiamiamo «rete fonnale di fronteggiamento» quell'insieme di persone che non agisce più su un compito perconto suo, anche disordinatamente e come capita, ma che accoglie il lavoro che viene fatto nella suadirezione da un operatore ad hoc, il quale a sua volta si ritrova «lavorato» da quel sociale con cui si incontra,in senso riflessivo, e prospettico.Una rete diviene fonnale quando, in funzione di due variabili, delle sue risorse e dei suoi orientamenti e dellavoro dell'operatore:a) incomincia ad assumere coscienza di se, maggiore consapevolezza cognitiva che il problema vaaffrontato assieme, tra le persone che sono li, sperando in bene, senza aspettarsi che qualcunodall'esterno faccia per così dire il miracolo.
) quando la rete migliora il suo assetto e la sua autorganizzazione, quindi quando non sfugge e anzisoppesa meglio i problemi; quando si apre a cogliere le occasioni di apprendimento, quando sfrutta piùrazionalmente le opportunità, ecc.In definitiva la rete diviene più competente e più capace di azione sensata. L 'operatore di rete è colui il qualeinnanzitutto osserva questi processi. Se fossero già adeguati, secondo il suo giudizio esterno, non farebbe piùnulla. In caso contrario, agisce ancora verso la rete dando feedback, cioè retroagendo, per aiutarla a muoversiverso la propria soluzione. In molte situazioni questa funzione riflessiva di «osservazione e guida» vienesvolta senza che gli interessati a cui è rivolta si accorgano di nulla. L 'operatore invece di risolvere ilproblema bada che il «problema venga risolto» (da chi può agire) e magari nessuno appunto si accorge chequesta facilitazione avviene.In altre situazioni invece l'operatore di rete è riconosciuto fonnalmente e su di lui ricade la responsabilitàultima degli esiti dei processi di rete, cioè dell'azione frammentata e libera in capo a molti. In questo casopossiamo parlare dell'operatore di rete come di un case manager.La metodologia del case management è nata negli USA (Moxley, 1989) ed è stata poi adottata ufficialmentenella rifofllla del welfare britannico (Payne, 1998). Da questa esperienza risultano due tendenze forticontrapposte:a) una tendenza a immaginare le funzioni di case management in modo molto strutturato, dove l'operatoreha incarico di costruire pacchetti di prestazioni assistenziali standard e lemonitora, badando soprattuttoalla razionalità e all'economicitàb) una tendenza più destrutturata e «professionale» dove l'operatore è messo in grado di agire in mododiscrezionale e flessibile, seguendo la situazione invece che le direttive o i vincoli procedurali (Davies eChallis, 1996).In questa seconda prospettiva l’operatore non costruisce qualcosa di suo, mettendo in gioco tante pedine inmodo un po' ingegneristico, come un manager organizzatore di sistema. «Costruisce» invece con gliinterlocutori, badando anche al senso «loro» e non soltanto alla pur essenziale razionalità oggettiva. Soloquest'ultima prospettiva è il lavoro di rete e solo questa è veramente compatibile con la relazionalità del mix.BibliografiaBanks S. ( 1999), Etica e valori nel servizio sociale. Dilemmi morali e operatori riflessivi nel welfare mix,Trento, Erickson.Barnes M. (1999), Utenti, carer e cittadinanza attiva. Politiche sociali oltre il welfare state, Trento,Erickson. 10Biestek F .P. ( 1965), The casework relationship, London, Allen & Unwin.CarkhffR. (1989), L 'arte di aiutare, Trento, Erickson.Craig G. e Mayo M. (a cura di) (1995), Community empowennent: A reader in partecipation anddevelopment, London, Zed Books.Davies B. e Challis D. (1986), Matching resources to needs in community care, Aldershot, Gower.Devey, B. (1994), Empowennent through holistic development: A framework for equalitarism in theecological age, Nottingham, Ecoworks.Donati P. (1991), Teoria relazionale della società, Milano, Angeli.Donzelot J. (1988), The promotion ofsocial, «Economy and Society», voI. 17, n. 3, pp. 395-427.Downie R.S. e Telrer E. (1980), Curing and caring: A philosophy of medicine and social work, London,Methuen. Folgheraiter F. ( 1994), Operatori sociali e lavoro di rete, Trento, Erickson.Folgheraiter F. ( 1996), Interventi di rete e comunità locali, Trento, Erickson.Folgheraiter F. (1998), Teoria e metodologia del servizio sociale, La prospettiva di rete, Milano, Angeli.Harrison S. e Pollit C. (1994), Controlling health professionals, Buckingham, Open University Press.Hought M., (1999), Abilità di counseling, Trento, Erickson.Howe D. (1998), Modernity, postmodernity and social work, «British lournal or Social Work», voI. 24, n. 5,pp. 513-532.Husserl E. ( 1961 ), La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendente, Milano, Il Saggiatore(ristampa 1997).Marzotto C. (1999), Transizioni familiari e nuovi servizi per il legame sociale, «Sociologia e politichesociali», n. 1. Maslach C. e Leiter M.P. ( 1997), The truth about burnout, San Francisco, lossey-Bass, trad. itIl burnout e le organizzazioni, Trento, Erickson, in corso di pubblicazione.Moxley D.P. (1989), Thepractice ofcase management, Beverly Hills, Sage.