universita - Clinica pediatrica - Università degli Studi di Trieste
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1.5.1 GENI NON-HLA NELLA MALATTIA CELIACA<br />
Recenti stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> screening genomico, in famiglie in cui più figli risultavano affetti da<br />
malattia celiaca, hanno evidenziato che anche altri geni, non appartenenti al sistema HLA,<br />
sono coinvolti nel conferimento della suscettibilità alla malattia stessa. L’analisi <strong>di</strong> linkage<br />
ha <strong>di</strong>mostrato che appaiono essere coinvolti geni localizzati su cromosomi <strong>di</strong>fferenti<br />
[69].Il primo possibile can<strong>di</strong>dato è stato in<strong>di</strong>viduato sul braccio corto del cromosoma 6, in<br />
posizione telomerica a 30 cM dai loci HLA [70].Altre regioni geniche che sembrano avere<br />
un legame con la malattia celiaca, sono situate suicromosomi 7 (7q31), 11 (11p11), 15<br />
(15q26) e 22è[ Figura 3]<br />
In ogni caso, va sottolineato che i risultati ottenuti in <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> sono contrastanti, per<br />
cui l’eventuale legame <strong>di</strong> queste regioni geniche con la malattia celiaca è ancora tutto da<br />
chiarire[69, 71, 72].<br />
D’altro canto, altri lavori hanno riportato un’associazione della malattia con regioni geni<br />
che localizzate sul cromosoma 11 (11qter), questo fattore potrebbe consentire <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scernere la presentazione clinica, sintomatica o silente, della malattia [73]. Inoltre, anche<br />
un locus ,recentemente in<strong>di</strong>viduato nella porzione terminale del cromosoma 5q, sembra<br />
essere coinvolto nelle <strong>di</strong>fferenti manifestazioni cliniche della malattia [71].<br />
Nonostante l’elevato numero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> condotti, ad oggi, il solo gene per cui sono stati<br />
effettuati in quantità stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> associazione con la malattia celiaca è certamente il gene che<br />
co<strong>di</strong>fica per il CTLA-4 [74,75]. Questo gene mappa sul cromosoma 2 (2q33) e co<strong>di</strong>fica<br />
per una molecola <strong>di</strong> superficie dei linfociti T in grado <strong>di</strong> legarsi al B7 espresso dalle<br />
cellule presentanti l’antigene e <strong>di</strong> sviluppare, come conseguenza, un segnale negativo per<br />
le cellule Tin grado <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are la loro stessa apoptosi. Tale sistema potrebbe contribuire al<br />
mantenimento della tolleranza nei confronti <strong>degli</strong> antigeni “self”.<br />
Il coinvolgimento <strong>di</strong> questa molecola nella malattia è stato ipotizzato sulla base <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
lavori in vitro che hanno <strong>di</strong>mostrato la variazione del singolo nucleotide nel primo esone<br />
delgene, in cui la transizione dall’allele A all’allele G comporta il cambiamento <strong>di</strong> un<br />
amminoacido, da treonina ad alanina, nella molecola co<strong>di</strong>ficata. La probabilità che questa<br />
variazione allelica del gene partecipi al meccanismo della malattia, mo<strong>di</strong>ficando<br />
l’espressione <strong>di</strong> membrana della stessa, è ritenuta bassa [74].<br />
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