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20 febbraio - Associazione Luca Coscioni

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PACS&PARLAMENTO21SUI PACS L’ITALIA FANALINO DI CODAIN EUROPA E NEL MONDOLa battaglia per le unioni di fatto si può vincere solo assumendoun atteggiamento fermo nei confronti delle gerarchie ecclesiasticheCARLO TROILOApprovare una legge che regoli leunioni di fatto risponde ad unanecessità reale della società italiana?La risposta è nei dati: le “libereunioni”, come le definiscel’ISTAT, sono oltre 700 mila.Dunque, quasi un milione e mezzodi cittadini italiani attendonouna legge sulle unioni di fatto:coppie omosessuali che non hannol’alternativa del matrimonio;coppie eterosessuali che per liberascelta non intendono sposarsio per loro personali ragioni scelgonodi convivere prima dellenozze.Dunque, la legge sulle unioni civiliserve ed il governo – che nel suoprogramma prevede il riconoscimentodelle coppi di fatto – haconfermato la volontà di presentarloentro la fine di gennaio.Questo vuol dire che avremo prestouna legge? Non sarà certo unavittoria facile, visto che anche nellamaggioranza ci sono numeroseopposizioni. Ma c’è ugualmenteda sperare che il ddl verrà approvato,perché su questo tema leintese ed i contrasti tagliano trasversalmentei partiti della maggioranzae della opposizione, comedimostrano in particolare leaperture al dialogo dell’On. Fini.Non a caso, tra le numerose propostedi legge presentate inParlamento, due sono le più “quotate”:la prima è quella di FrancoGrillini (DS), firmata da 161 esponentidi tutto il centro sinistra, daiDS a Rifondazione passando perla Margherita; la seconda è quelladi Dario Rivolta (FI), sostenuta dabuona parte del suo partito e daun gruppo trasversale alle altreforze della Casa delle Libertà. Idue disegni di legge hanno in comunedue punti importanti, perchénon includono le norme piùcontestate introdotte in altri Paesieuropei: infatti, non accennanoalla possibile adozione di bambinida parte di coppie omosessualie, soprattutto, non parlano dimatrimonio né assimilano ad essole unioni di fatto.Sarebbe interessante tracciare unquadro esauriente delle leggi cheregolano le unioni di fatto nelmondo. Per esigenze di brevità,mi limito qui a segnalare che inEuropa solo l’Italia, la Grecia,l’Irlanda, la Polonia e laSlovacchia non hanno alcuna leggesulle unioni di fatto, mentre glialtri paesi della Comunità hannolegiferato in materia, spesso damolti anni, con una gamma disoluzioni che va dal semplice riconoscimentodi alcuni diritti dibase fino al matrimonio gay dellaSpagna, dell’Inghilterra, delBelgio e dell’Olanda. E il presidentedi turno dell’Unione europea,Angela Merkel, ha già convocatouna riunione dei ministri dellaGiustizia per omogeneizzare le 19leggi approvate dai diversi Statiper tutelare le coppie di fatto.Nel resto del mondo le unioni difatto sono tutelate in gran partedei paesi più importanti: moltistati degli USA (alcuni dei qualiprevedono anche il matrimoniogay, come pure il Canada), ilMessico, l’Argentina, il Brasile, diversialtri stati sudamericani,Israele e il Sudafrica, che un mesefa ha approvato una legge che autorizzai matrimoni omosessuali.Molti di questi paesi prevedonoanche, in diverse forme e misure,la possibilità di adozione da partedi coppie gay.Un merito di Prodi – ha scritto ilprof. Ceccanti, capo dello UfficioLegislativo del Ministero per lePari Opportunità, e quindi impegnatoin prima persona nella stesuradell’atteso ddl del governo -è quello di “aver scelto come riferimentoun modello, quello deiPacs francesi, che non solo si prestaa una convergenza tra laici ecattolici del centrosinistra, ma anchecon larga parte dello schieramentoopposto, in alternativa auna logica di bipolarismo etico.La legge francese del dicembre1999 sul “Pacte Civil de Solidarité”(da cui l’acronimo PACS) è infattiavanzata, almeno dal punto di vistadell’Italia, ma molto equilibrata.E’ avanzata perché assicura allecoppie di fatto diritti in materiadi assistenza sanitaria, di agevolazionifiscali, di subentro nei contrattidi locazione, di eredità edentro certi limiti di reversibilitàpensionistica. E’ equilibrata perchéprevede non solo diritti maanche doveri, quali l’impegno acondurre una vita in comune,l’obbligo di aiuto reciproco materiale,la responsabilità comuneper i debiti contratti dalla firmadel patto. In generale, è fuori didubbio che l’impostazione giuridicadei PACS francesi ne fa cosadel tutto diversa dal matrimonio,soprattutto per la semplicità, rispettoal divorzio, con cui si puòmettere fine al “patto”.La legge ha avuto grande successo:in cinque anni – i dati vengonodal Ministero della Giustiziafrancese - sono stati contratti oltre<strong>20</strong>5 mila PACS. Nel <strong>20</strong>05, afronte di 278 mila matrimoni, sonostati 59 mila i PACS: vale a dire,circa <strong>20</strong> PACS per ogni 100 matrimoni.Queste cifre appaiono ancorpiù interessanti se si considerache il numero dei matrimoni“normali” non è, intanto, calato,ma è rimasto stabile. E va consideratoanche che la convivenzanel nuovo istituto è relativamenterobusta, più o meno come nelmatrimonio tradizionale: in setteanni sono state in tutto 33mila lecoppie PACS che si sono separate,ossia il 13% del totale. Ma il datopiù sorprendente è che, contrariamentealle previsioni degliideatori francesi dei patti, questaforma di unione è in grandissimamaggioranza scelta dalle coppieeterosessuali piuttosto che daquelle omosessuali. Secondo lestime disponibili, tra quelle chehanno scelto il patto le coppieomosessuali sono oggi il 15 percento del totale, pur se nei primitempi toccavano quasi il 50 percento.Dal punto di vista politico, il fattopiù significativo è che i PACS, volutidalla sinistra, non sono statitoccati dall’attuale governo dicentro destra, che anzi ha introdottoalcuni miglioramenti, mentreil candidato socialistaall’Eliseo, Ségolène Royal, considerale norme del 1999 ormai inadeguateed ha inserito nel suoprogramma per le elezioni dell'annoprossimo una propostamolto chiara: “Il matrimonio el'adozione saranno aperti allecoppie dello stesso sesso”. E non acaso lo stesso Partito Popolarespagnolo ha sostenuto la soluzionefrancese in alternativa alla leggedi Zapatero.Una considerazione conclusiva:la battaglia per le unioni di fatto sipuò vincere solo assumendo unatteggiamento molto fermo neiconfronti delle gerarchie ecclesiastiche.Infatti, bisogna prendereatto che sui PACS – come su ognialtro tema “eticamente sensibile”– noi siamo purtroppo “in guerra”:una guerra dichiarata apertamentedal Vaticano e guidata personalmentedal Papa, che il 22 dicembre,nello stesso giorno in cuiil Vicariato di Roma negava al“dottor Welby” i funerali religiosi,ha ribadito il diritto-dovere dellaChiesa di “ingerirsi” nella vicendae ha definito le unioni di fattoinaccettabili in quanto “formegiuridiche che relativizzano il matrimonio”,ispirandosi a “quelleteorie funeste che tolgono ogni rilevanzaalla mascolinità e allafemminilità della persona umana”.E da allora continua, quasiquotidianamente, a lanciare isuoi anatemi. Una guerra, quelladichiarata da Papa Ratzinger, perla quale si accingono a partire i“politici di complemento” delPapa: con sacro furore, quando leloro intime convinzioni coincidonocon quelle della Chiesa; dimala voglia, quando la loro sceltaè dettata esclusivamente daopportunismo politico.Speriamo che molti di loro decidanodi disertare.PARLAMENTARI: PACS VOBISLettera aperta ai Presidenti della Camera e del SenatoEgregio Presidente,molti parlamentari del centro destra ed alcuni delcentro sinistra hanno dichiarato la loro contrarietàalla normativa sulle unioni di fatto – già in vigore neiprincipali Paesi dell’Occidente - che il governo intendeproporre entro la fine di gennaio con un disegno dilegge in merito.Pochi sanno che da molti anni deputati e senatoribeneficiano di un sistema di “pacs privati” checonsente loro di assicurare al convivente due deiprincipali benefici di questa normativa: l’assistenzamedica e la reversibilità della pensione.Sono certo che l’opposizione alla tutela delle unioni difatto si basa su profonde convinzioni etiche e/oreligiose, che “laicamente” rispetto, pur noncondividendole. E dunque mi aspetto che prima diiniziare la loro battaglia in Parlamento questi deputatie senatori avranno la coerenza di rinunciare –motivandolo pubblicamente - a questi benefici, chepersonalmente considero sacrosanti diritti ma che siconfigurano invece, se non estesi alla totalità delcittadini, come degli ingiustificati privilegi (in pochicasi come questo, poiché parliamo di legislatori, èopportuno ricordare che l’etimologia di “privilegio” è“lex in privos lata”). Mi permetto di richiamare suquesto problema soprattutto l’attenzione deiPresidenti della Camera e del Senato, che per il lororuolo istituzionale e super partes dovrebbero farsenecarico.Grazie per l’attenzione e cordiali salutiCarlo Troilo<strong>Associazione</strong> <strong>Luca</strong> <strong>Coscioni</strong>

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