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lettura profondi che, partendo dal carattere fenomenologico, dall’ energia<br />
proiettiva e dalla rapidità del condensarsi in forma e altrettanto<br />
velocemente dissolversi del paesaggio, conducano all’attuazione di una<br />
progettualità impegnata a creare o a conservare determinate<br />
caratteristiche paesaggistiche, tenendo, però, conto nel farlo dei nuovi<br />
paradigmi estetici a cui il paesaggio della globalizzazione è sottoposto.<br />
I.3. Prima e seconda globalizzazione<br />
«Quel che alla fine del XX secolo viene magnificato, mitizzato e<br />
screditato dai mass media sotto il nome di “globalizzazione” – come se<br />
fosse una novità – interpretato in questa prospettiva non è altro che un<br />
tardo e confuso episodio nel quadro di avvenimenti molto più vasti, e le<br />
cui effettive dimensioni risulteranno chiare soltanto quando, in tutta<br />
logicità, si considererà la storia dell’epoca moderna come la storia del<br />
passaggio dalla speculazione meditativa del globo alla reale prassi del<br />
suo rilevamento» (Sloterdijk P., 2008, p. 26). È indubbio che la<br />
globalizzazione attuale non sia nata all’improvviso, o comunque non in<br />
un lasso di tempo ristretto, ma sia il risultato di una lunga fase storica<br />
che ne ha lentamente preparato la dimensione attuale e che può essere<br />
definita come proto-globalizzazione, prima globalizzazione o<br />
globalizzazione in senso ampio. Questa lunga fase di preparazione alla<br />
vera e propria globalizzazione si può fare cominciare con l’epoca del<br />
colonialismo, a partire quindi dal 1500 circa.<br />
All’interno di questo durevole ciclo macrostorico si possono<br />
individuare, secondo quando affermato da Jürgen Osterhammel e Niels<br />
P. Petersson, che sostengono una relativizzazione storicistica per cui<br />
questo processo non è ineluttabile, tre fasi della globalizzazione: la prima<br />
che dal 1500 arriva fino a metà Settecento circa e che è caratterizzata<br />
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