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Il Giornale dei Biologi - N. 6

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SCIENZE<br />

La mappa estratta dallo studio di Stephan et al. mette in evidenza i tre modelli che hanno espresso maggiore precisione<br />

nell’applicazione in paesi a basso o medio reddito.<br />

7, 8]. I criteri per la scrematura sono stati quattro: l’esistenza di<br />

informazioni sufficienti per consentire il calcolo <strong>dei</strong> punteggi di rischio<br />

individuali, la corrispondenza tra le variabili predittive usate<br />

e quelle disponibili nel set di dati dello studio 10/66, l’inclusione<br />

nel modello di rischio di variabili semplici da ottenere (escludendo<br />

quindi i dati di neuroimaging), l’accuratezza predittiva del modello<br />

definita da un indice di concordanza ≥ 0,70.<br />

Ne è derivata una selezione di cinque modelli esistenti<br />

da validare.<br />

<strong>Il</strong> modello CAIDE (Cardiovascular Risk Factors, Aging, and<br />

Dementia Risk Score), basato su fattori di rischio cardiovascolare,<br />

invecchiamento e demenza era stato testato in Finlandia con lo studio<br />

di Miia Kivipelto e altri. [9]<br />

<strong>Il</strong> modello AgeCoDe (Study on Aging, Cognition and Dementia)<br />

[10] è stato sviluppato da uno studio tedesco sull’invecchiamento<br />

in relazione a capacità cognitiva e demenza, che ha indagato<br />

principalmente il morbo di Alzheimer.<br />

<strong>Il</strong> modello ANU-ADRI (Australian National University Alzheimer’s<br />

Disease Risk Index) [11] propone una serie molto ampia<br />

di fattori biologici e ambientali, che vanno dalla massa corporea<br />

al colesterolo, dalla attività fisica svolta all’educazione, ed è stato<br />

testato sia negli Stati Uniti sia in Svezia.<br />

<strong>Il</strong> modello BDSI (Brief Dementia Screening Indicator) [12]<br />

era stato applicato su ultrasessantacinquenni in diverse indagini<br />

condotte sulla popolazione statunitense.<br />

<strong>Il</strong> modello BDRM (Rotterdam Study Basic Dementia Risk<br />

Model) [13] era stato testato in Olanda su una popolazione di età<br />

compresa tra i sessanta e i novantasei anni.<br />

Tutti e cinque i modelli sono stati applicati con l’uso della regressione<br />

di Cox. Per l’accuratezza è stato utilizzato l’indice C di<br />

Harrell, un indice di concordanza per i modelli che producono<br />

punteggi di rischio, che è stato fissato a un valore di 0,70. Questo<br />

limite è stato considerato indicativo di una capacità discriminatoria<br />

accettabile. La calibrazione, infine, è stata valutata statisticamente<br />

usando il test di Grønnesby e Borgan.<br />

<strong>Il</strong> team ha così verificato<br />

ciascun modello in ciascuno <strong>dei</strong><br />

Paesi individuati (Cina, Cuba,<br />

Repubblica Domenicana, Messico,<br />

Perù, Portorico e Venezuela)<br />

utilizzando gli algoritmi<br />

di previsione originali.<br />

Al termine dello studio,<br />

1.069 persone risultavano progredite<br />

nella demenza, con un<br />

tasso di incidenza di 24,9 casi<br />

per 1.000 persone all’anno. <strong>Il</strong><br />

tasso più elevato si è avuto in<br />

Cina (207 casi; 25,3 ogni 1.000<br />

persone all’anno). A seguire<br />

Repubblica Dominicana (165<br />

casi, pari a 26,3 per 1.000 persone<br />

ogni anno), Venezuela<br />

(155 casi, pari a 29 su 1.000 persone<br />

all’anno), Portorico (153<br />

casi; 27,4 ogni 1.000 persone<br />

all’anno) e Messico (130 casi,<br />

cioè 30,5 ogni 1.000 persone per<br />

anno). In coda, Cuba (182 casi,<br />

pari a 19,5 per 1.000 persone / anno) e Perù (77 casi, pari a 19,3<br />

per 1.000 persone / anno).<br />

Ogni modello, applicato in un contesto socio-economico per<br />

cui non era stato ideato, ha fornito risposte differenti. E non tutti<br />

i modelli presi in considerazione hanno dimostrato di poter essere<br />

trasportati su regioni meno sviluppate. Nello specifico, la ricerca<br />

ha trovato compatibilità per i modelli ANU-ADRI, BDSI e BDRM<br />

mentre hanno funzionato meno i modelli CAIDE e AgeCoDe.<br />

In tutti i Paesi esaminati la capacità discriminatoria <strong>dei</strong> modelli<br />

CAIDE (0,52 ≤ c ≤ 0,63) e AgeCoDe (0,57 ≤ c ≤ 0,74) è risultata<br />

scarsa. I modelli ANU-ADRI (0,66 ≤ c ≤ 0,78), BDSI (0,62 ≤ c ≤<br />

0,78) e BDRM (0,66 ≤ c ≤ 0,78), spiegano i dati dello studio, hanno<br />

invece mostrato livelli simili di capacità discriminatoria rispetto a<br />

quelle delle coorti originali di sviluppo.<br />

In generale i modelli hanno costantemente funzionato meglio<br />

in Perù e peggio nella Repubblica Dominicana e in Cina.<br />

I tre modelli con la massima precisione predittiva per la demenza<br />

se utilizzati nelle aree LMIC si sono dunque rivelati il BDSI,<br />

il BDRM e l’ANU-ADRI.<br />

In conclusione lo studio ha confermato che non tutti i modelli<br />

di previsione della demenza sviluppati negli HICs possono essere<br />

semplicemente replicati agli LMICs.<br />

Tuttavia, hanno fatto notare gli autori, in attesa di nuovi indici<br />

di rischio e nuove combinazioni di variabili per adattare i modelli<br />

alle aree del pianeta meno sviluppate, lavorare sull’esistente è<br />

necessario ai fini delle politiche di previsione dell’insorgenza della<br />

demenza e di assistenza agli individui che ne vengono colpiti.<br />

Si potrebbe cominciare, suggeriscono, proprio dai modelli che si<br />

sono dimostrati replicabili.<br />

L’urgenza con cui gli autori chiedono di intervenire è il riflesso<br />

di una condizione globale ancora oggi sottovalutata, ma che determina<br />

importanti ricadute sociali ed economiche ovunque nel<br />

mondo. Al punto che l’OMS ha chiesto a tutti gli Stati di intervenire<br />

redigendo il “Piano d’azione globale sulla risposta della sanità<br />

pubblica alla demenza 2017-2025” affinché entro il 2025 almeno<br />

80 <strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Maggio 2020

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