04.06.2020 Views

Il Giornale dei Biologi - N. 6

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

cui le donne vengono esposte.<br />

Con uno studio che ha coinvolto un<br />

centinaio di donne, i ricercatori hanno<br />

provato a colmare alcune lacune delle<br />

indagini precedenti basandosi sulla esposizione<br />

multipla e ripetuta in un preciso<br />

arco di tempo. Questo nella consapevolezza<br />

che la sperimentazione ha coinvolto<br />

solo donne (studentesse, ricercatrici)<br />

reclutate nel campus, dunque afferenti a<br />

un medesimo ambiente, senza possibilità<br />

concrete di generalizzare in maniera estesa<br />

i risultati ottenuti.<br />

Tuttavia, l’indagine è particolarmente<br />

interessante perché propone un metodo<br />

più complesso e articolato rispetto a<br />

numerosi studi analoghi sul tema.<br />

L’attualità della problematica sul versante<br />

della salute pubblica è rilevante.<br />

Già nel 2011 una ricerca dell’Università<br />

del Texas [4] sul rischio di insorgenza <strong>dei</strong><br />

disturbi alimentari aveva verificato come<br />

l’insoddisfazione del proprio corpo ne<br />

fosse uno <strong>dei</strong> principali fattori predittori.<br />

In particolare le adolescenti che avevano<br />

mostrato un livello di insoddisfazione del<br />

proprio corpo superiore al 24% erano<br />

sottoposte all’emergere di disturbi alimentari<br />

quattro volte di più (con un 24%<br />

di incidenza rispetto al 6%). La stessa<br />

ricerca aveva segnalato una maggiore incidenza<br />

(di quasi 3,6 volte) <strong>dei</strong> disturbi alimentari nelle giovani<br />

donne che si cimentavano in diete autoimposte.<br />

Anche il tema dell’obesità è ormai al centro di pratiche e politiche<br />

che cercano di affrontare quello che è riconosciuto come<br />

un problema globale, dalle importanti ricadute di carattere sociale<br />

ed economico. Di qui la necessità di lavorare su uno <strong>dei</strong> fattori<br />

che incidono sul rischio, la percezione del corpo appunto.<br />

Lo studio di Bould e colleghi parte da una premessa consolidata<br />

secondo cui l’insoddisfazione del corpo è basata su due<br />

componenti: la percezione della propria dimensione e una componente<br />

cognitiva dell’insoddisfazione verso la forma del corpo.<br />

Di qui, l’ipotesi di lavoro: modificando una delle due componenti<br />

dovrebbe, dunque, essere possibile agire sull’effetto. Se si potesse<br />

cambiare la percezione della propria taglia, allora dovrebbe essere<br />

possibile modificare la soddisfazione percepita col cambiare<br />

della stessa.<br />

Per indagare questa possibilità il gruppo ha lavorato sull’esposizione<br />

continua delle partecipanti (5 minuti per due volte al<br />

giorno) a immagini di donne di dimensioni diverse. La ricerca è<br />

stata sviluppata usando il Morphed Photographic Figure Scale<br />

[5], un progetto realizzato da molti degli autori dello studio di<br />

Oxford, con cui sono state costruite otto sequenze di immagini<br />

del corpo femminile, modificate usando tecniche di morphing<br />

per simularne in modo realistico i cambiamenti in base alla variazione<br />

possibile del peso corporeo.<br />

La letteratura da tempo suggerisce che sia possibile cambiare<br />

la percezione della dimensione corporea altrui esponendo l’individuo<br />

da interrogare a corpi “target” di varie taglie: una maggiore<br />

Esempi di stimoli visivi utilizzati nella ricerca: (a) “sottopeso”; (b) “né sovrappeso né sottopeso”; (c) “sovrappeso”.<br />

SCIENZE<br />

esposizione a corpi più sottili porterà l’individuo a stabilire come<br />

“normali” dimensioni più piccole. Viceversa, un’esposizione prolungata<br />

a corpi di taglia grande rende maggiore la dimensione<br />

della taglia “normale”.<br />

L’abitudine a proporre nella ribalta mediatica corpi minuti<br />

e sottili, soprattutto quando il modello di riferimento è quello<br />

della donna, è considerata tra i principali fattori sponsor della<br />

diffusa percezione distorta del corpo. Proprio i meccanismi di<br />

esposizione sono stati spesso indagati per valutare le reazioni che<br />

gli individui mettono in atto [6]. Uno studio dedicato al “volto<br />

mutevole dell’obesità” è stato sviluppato nel 2014 da Eric Robinson<br />

e Paul Christiansen del dipartimento di Scienze psicologiche<br />

dell’Università di Liverpool: la ricerca espose i partecipanti a immagini<br />

di maschi obesi o normopeso per valutare come questo<br />

cambiava successivamente i giudizi sugli uomini in sovrappeso.<br />

In tre tipologie differenti di sperimentazione per valutare il giudizio<br />

generale sull’obesità e i criteri di determinazione del sovrappeso<br />

“accettabile”, la maggiore esposizione all’obesità risultava<br />

collegata a una maggiore accettazione dell’obesità [7]. Negli anni<br />

diversi studi hanno approfondito il tema [8, 9]: la percezione visiva<br />

è fortemente influenzata dall’esperienza e dagli stimoli che<br />

ci circondano. L’esposizione prolungata sollecita un meccanismo<br />

per cui viene distorta la percezione nella direzione opposta dello<br />

stimolo [10].<br />

Uno studio del dipartimento di Psicologia della Macquarie<br />

University di Sydney ha indagato [11] il meccanismo sapendo<br />

che nonostante la ricerca sull’argomento si sia concentrata sempre<br />

su processi socio-cognitivi - ne è un esempio tipico l’interio-<br />

<strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Maggio 2020<br />

83

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!