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Il Giornale dei Biologi - N. 6

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SCIENZE<br />

rizzazione dell’immaginario “ideale” diffuso dai media - le basi<br />

percettive del fenomeno rimangono in gran parte sconosciute.<br />

Quasi tutti gli studi hanno approfondito la dimensione corporea<br />

in sé, ma in realtà questo dato dipende tanto dal grasso in eccesso<br />

quanto dalla massa muscolare, che sulla salute hanno un impatto<br />

molto diverso.<br />

Tutta questa letteratura già prodotta mostra un limite importante<br />

nella dimensione sempre ridotta del campione usato di volta<br />

in volta come riferimento. Inoltre è molto facile che in queste<br />

tipologie di indagini il soggetto partecipante intuisca l’obiettivo<br />

della domanda e cerchi di rispondere sforzandosi di essere un<br />

“buon soggetto”, ipotizzando in autonomia la risposta migliore e<br />

falsando così il responso.<br />

Lo studio di Bould e colleghi ha provato ad aggirare queste<br />

limitazioni. Sono stati costituiti tre gruppi casuali di donne<br />

che hanno completato un test one-back ogni giorno, due volte<br />

al giorno, per una settimana. <strong>Il</strong> test, basato su stimoli visivi e comunemente<br />

utilizzato nelle neuroscienze cognitive per misurare<br />

la memoria di lavoro, è stato somministrato mostrando al posto<br />

del comune oggetto visivo neutro (per esempio un quadrato che<br />

compare in varie posizioni di una tabella) alcune immagini di<br />

donne modificate per apparire “sottopeso”, “sovrappeso” o “né<br />

sovrappeso né sottopeso”.<br />

Stando alla letteratura esistente, un allenamento ripetuto<br />

usando “sovrappeso” o “sottopeso” invece di immagini “normali”<br />

avrebbe portato i partecipanti a vedere le immagini <strong>dei</strong> corpi<br />

di altri come più piccole, e viceversa. <strong>Il</strong> risultato generale è stato<br />

che per 93 donne di età compresa tra i 18 e i 30 anni le immagini<br />

di altre donne sono state percepite come più grandi in seguito<br />

all’esposizione a corpi sottopeso (e viceversa).<br />

<strong>Il</strong> reclutamento delle partecipanti allo studio è avvenuto tramite<br />

call pubblica, passaparola o manifesti nel campus dell’Università<br />

di Oxford. A chi aveva risposto è stato poi chiesto di<br />

compilare un questionario per valutare l’esistenza <strong>dei</strong> criteri di<br />

inclusione. In particolare era<br />

necessario che le volontarie<br />

avessero un’età compresa tra<br />

18 e 30 anni e un indice di<br />

massa corporea compreso tra<br />

18 e 25 anni kg/m2, calcolato<br />

in base ai dati riportati dalle<br />

partecipanti. Sono state escluse<br />

tutte le donne che soffrivano<br />

(o avevano sofferto) di un<br />

disturbo alimentare o fossero<br />

sottoposte a trattamenti per<br />

disturbi mentali o assumessero<br />

farmaci capaci di agire sul<br />

sistema cognitivo o droghe.<br />

Tra i criteri di esclusione,<br />

inoltre, anche il consumo di<br />

più di 10 sigarette al giorno,<br />

la gravidanza in corso, l’essere<br />

dislessica o celiaca.<br />

C’è stata una prima fase<br />

di addestramento in cui ciascuno<br />

<strong>dei</strong> tre gruppi ha vi-<br />

© aijiro/www.shutterstock.com<br />

sionato delle immagini per<br />

stabilire la prospettiva visiva<br />

di riferimento.<br />

Nel corso <strong>dei</strong> test successivi, la prima misurazione coincideva<br />

con la risposta delle partecipanti alla richiesta di indicare la dimensione<br />

del proprio corpo su una scala analogica visiva primaria<br />

(VAS) a 10 punti, da troppo sottile (0) a troppo grasso (10).<br />

<strong>Il</strong> risultato secondario rifletteva sulla stessa scala la soddisfazione<br />

verso la propria taglia: da molto soddisfatto (0) a molto insoddisfatto<br />

(10).<br />

Per misurare la dimensione corporea percepita negli altri, le<br />

partecipanti hanno valutato una serie di 90 immagini di corpi<br />

femminili [12], simili a quelle utilizzate nella sessione di allenamento,<br />

dovendo rispondere alla domanda: questa donna è sovrappeso,<br />

sottopeso o né sovrappeso né sottopeso?<br />

Ventiquattro di quelle 90 immagini erano state utilizzate nella<br />

sessione di addestramento (otto in ciascun gruppo). Di conseguenza<br />

ciascuna partecipante, durante le fasi di test è stata esposta<br />

a un set di immagini che in parte aveva già visualizzato.<br />

Un ulteriore test ha richiesto l’utilizzo di un avatar che, agendo<br />

sul tablet, poteva essere modificato in punti specifici dell’anatomia,<br />

quali busto o fianchi, per rispondere in modo più preciso<br />

sulla percezione delle dimensioni. L’operazione è stata effettuata<br />

sia sulla propria dimensione sia sulla dimensione ideale: sono state<br />

presentate due immagini, create per avere la stessa altezza della<br />

partecipante, ma l’una con un peso maggiorato del 10%, l’altra<br />

inferiore del 10%. Le partecipanti le hanno modificate secondo<br />

percezione e ideale.<br />

Per tutte le partecipanti inoltre, sono state raccolte informazioni<br />

sulla scala di soddisfazione della forma del corpo, su emozioni<br />

ed affetti, sull’umore e l’autostima, sul livello di istruzione<br />

e l’uso <strong>dei</strong> media.<br />

A garanzia di maggiore profondità del risultato, le partecipanti<br />

hanno anche valutato aspetti correlati alla dimensione percepita<br />

del proprio corpo, i vestiti per esempio. A tutte è stato<br />

chiesto di valutare un set contenente 60 immagini di abiti, tra co-<br />

84 <strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Maggio 2020

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