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Il Giornale dei Biologi - N. 6

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ECM<br />

rus dell’epatite B e C, virus HIV) ma nei confronti <strong>dei</strong> quali, non<br />

essendo ad oggi dimostrata la possibile trasmissione per via aerea,<br />

possono venir implementate le misure di biosicurezza previste per<br />

quelli appartenenti alla classe precedente (classe 2).<br />

Nell’allegato XLVII sono riportati in elenco unicamente gli<br />

agenti biologici di cui è noto che possono provocare malattie infettive<br />

in soggetti umani (classi 2-4). Poiché, come descritto, non è applicabile<br />

il concetto di dose (concentrazione integrata sul tempo di<br />

esposizione), anche per capacità di autoreplicazione <strong>dei</strong> microrganismi,<br />

il parametro che assume maggior significato ai fini preventivi e<br />

di valutazione del rischio è l’esistenza o meno di una carica infettante<br />

minima, cioè il numero minimo di unità biologiche in grado di infettare<br />

il soggetto con esito patologico; essa dipende poi anche dalle<br />

condizioni ambientali e dallo stato di salute del soggetto esposto (in<br />

particolare dalle sue caratteristiche immunologiche). (Figura 1)<br />

È bene ribadire che la classificazione degli agenti patogeni si<br />

basa sull’effetto esercitato dagli stessi sui lavoratori sani e non tiene<br />

conto <strong>dei</strong> particolari effetti a carico di quei lavoratori la cui sensibilità<br />

potrebbe essere modificata da altre cause quali malattie preesistenti,<br />

uso di medicinali, immunità compromessa, etc.<br />

<strong>Il</strong> legislatore dunque individua, per ciascuno <strong>dei</strong> 4 gruppi di<br />

microrganismi, livelli di rischio differente e, in relazione a questi,<br />

4 livelli di bio-contenimento del rischio, da implementare quando<br />

possibile già in fase progettuale, alla luce di quanto emerso e riportato<br />

nel documento di valutazione del rischio biologico.<br />

Per ciascun tipo di laboratorio, classificati anch’essi in 4 classi<br />

corrispondenti a quelle degli agenti biologici cui il lavoratore è potenzialmente<br />

esposto, dovranno essere messe in atto misure di contenimento<br />

individuale (Dispositivi di Protezione Individuale - DPI),<br />

organizzative e di contenimento ambientale, secondo le indicazioni<br />

presentate in Tabella 4.<br />

In questo modo, sulla base <strong>dei</strong> criteri e della metodologia adoperati,<br />

risulta possibile distinguere per ciascuna tipologia di microrganismo,<br />

e relativo gruppo di appartenenza, il livello di rischio<br />

individuale e collettivo cui sono potenzialmente esposti i lavoratori<br />

(Tabella 5). In relazione a come effettuare la valutazione del rischio<br />

biologico, esistono criteri generali ed a riguardo anche l’Unione Europea<br />

si è espressa anche attraverso documenti tecnici molto recenti.<br />

L’orientamento, in tal senso, è che la valutazione della probabilità e<br />

della gravità di possibili lesioni derivanti da una situazione lavorativa<br />

“a rischio” costituisca il presupposto sulla cui base implementare le<br />

misure di sicurezza più idonee ed adeguate e programmare i tempi<br />

di intervento.<br />

La formula che viene generalmente impiegata è R = P x D nella<br />

quale: R indica il rischio, P la probabilità o la frequenza di accadimento<br />

dell’evento dannoso e D l’entità degli effetti da questo procurati.<br />

La formula conduce a 3 diversi livelli di rischio (alto, medio e<br />

trascurabile) in relazione ai quali viene formulato un giudizio e stabilita<br />

la priorità degli interventi da realizzare (fascia A - urgente; fascia<br />

B - nel medio periodo; fascia C - programmabile).<br />

<strong>Il</strong> valore del rischio (R) può variare da 1 a 9 in ragione del punteggio<br />

assegnato a D (da 1 a 3) e a P (da 1 a 3) in seguito ai rilievi<br />

effettuati in fase di verifica/sopralluogo presso l’ambiente di lavoro.<br />

Per quanto attiene D, i criteri di attribuzione dello score sono:<br />

1 gli esposti sono in numero limitato e comunque gli effetti<br />

non comportano danni;<br />

2 il fattore di rischio può coinvolgere un numero limitato di<br />

lavoratori e il danno è limitato e reversibile;<br />

3 il fattore di rischio può coinvolgere un numero consistente<br />

* solo per attività di sperimentazione su animali<br />

** disponibile<br />

° se l’infezione è veicolata dall’aria<br />

R = raccomandato<br />

F = facoltativo<br />

Tabella 4. Misure di contenimento individuale, organizzative ed ambientali da implementare in<br />

relazione alla classe di rischio.<br />

di lavoratori e/o il danno essere irreversibile.<br />

I criteri con cui si assegna il punteggio all’indice P sono invece:<br />

1. non sono noti episodi in cui si sia verificato un danno (rischio<br />

trascurabile);<br />

2. il fattore di rischio può provocare un danno solo in circostanze<br />

occasionali. Non sono noti o sono noti solo rari episodi già<br />

verificatisi. Non esiste una correlazione tra l’attività e un migliore<br />

andamento infortunistico e/o di malattie professionali su un periodo<br />

significativo (3-5 anni);<br />

3. il fattore rischio può provocare un danno, anche se non in<br />

maniera automatica o diretta. È noto qualche episodio che, per la tipologia<br />

considerata, ha dato luogo a danno. Esiste una correlazione<br />

tra l’attività e un migliore andamento infortunistico e/o segnalazione<br />

di malattie professionali su un periodo significativo (3-5 anni).<br />

Dalle possibili combinazioni, in applicazione alla precedente<br />

formula, si ricava l’indice R, vale a dire l’entità del rischio e dunque<br />

la fascia di priorità dell’intervento da implementare.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Maggio 2020<br />

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