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UN DISCORSO SEMISERIO SULL’UOMO 33<br />

Già in Gesù di Nazareth la Magli aveva anticipato<br />

questa lettura di Gesù trasgressore del ‹‹modello<br />

culturale ebraico››, come rilevai in quel divertissement<br />

In pruritu carnis.. Ma per evitare l’esito<br />

nefasto di scrivere a matrjoska un libro dentro l’altro,<br />

voglio dare a questa lectio un taglio personale.<br />

Del contenzioso col mio naso vi ho già parlato, ma<br />

il mio naso non andava a zonzo, seguiva invece lo<br />

stesso filo conduttore che lo avrebbe portato a San<br />

Francesco 27: «Laudato sì, mi Signore, per sora nostra<br />

morte corporale / da la quale nullu homo vivente<br />

po’ scappare».<br />

D’accordo, Amici, questo pleonasmo Francesco<br />

se lo poteva anche risparmiare. «Aspetta, che me<br />

lo scrivo!» gli avrebbe risposto Massimo Troisi 28.<br />

Ma nel caso ce ne dovessimo dimenticare, è Martin<br />

27 Cfr. L’albero del Bene p. 261: «Quale abisso ci separa dalla ottusa<br />

mentalità dei nostri giorni! Contro chi debba essere fatto valere il “diritto<br />

alla felicità”, non è dato sapere. È la morte il confine contro cui l’uomo è<br />

impotente, e la consapevolezza della sua impotenza pende sulla sua testa<br />

come una condanna senza appello. Tuttavia tra tutti i viventi solo all’uomo<br />

è stata concessa la consapevolezza della morte: un privilegio legato alla sua<br />

origine divina. E Francesco esclama: Laudato si, mì Signore, per sora nostra<br />

morte corporale / da la quale nullu homo vivente po’ scappare.»<br />

28 Nel film Non ci resta che piangere (1984), sentendo il memento del<br />

frate: «Ricordatevi, fratelli, che tutti dobbiamo morire», Massimo Troisi<br />

esclama: «Mò, mò me lo scrivo!»

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