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48 DELL’IMITAZIONE E DELLA MEMORIA<br />
tutto l’uman genere gravarmi / sull’anima meschina<br />
e soffocarla...» Di quel mio primo vagito<br />
poetico non ho nemmeno una copia. Non cercatela,<br />
non ne vale la pena! È tutto nel titolo il mio<br />
universo di allora: Schegge di dolore e briciole<br />
di peccato. Le schegge, un residuato bellico, il<br />
peccato, frutto dei miei turbamenti adolescenziali:<br />
«E nelle membra mie rinacque il fauno...»<br />
Un «Narciso coronato di spine»? Mettètela come<br />
vi pare! Il problema della morte ci coinvolge tutti,<br />
e si tira dietro quello del destino dell’anima,<br />
alla cui speranza di sopravvivenza ci si aggrappa<br />
come a una zattera nella tempesta. Questa zattera<br />
è Platone. Da quando conobbi Platone, la reincarnazione<br />
fu per me un punto fermo: solo essa<br />
giustifica le ingiustizie della nascita, l’atrocità di<br />
certi destini e tutti gli orrori che costellano l’esistenza.<br />
Ma se è vero che conobbi Platone prima<br />
di Heidegger, non è men vero che il secondo<br />
mi riconfermò nell’idea della reincarnazione. Che<br />
cos’è infatti l’esser buttati nel mondo? D’onde si<br />
viene buttati, Signori? La Geworfenheit reclama<br />
la preesistenza, e da interprete rigoroso della