Untitled - i segni dell'auser
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Parte I<br />
con lo stesso atto, li legittima. Isotheoi timai sono dunque riconosciute ad Agilulfo, come a<br />
Giustiniano nei perduti mosaici costantinopolitani di cui salva la descrizione Procopio 65 ,<br />
un’iconografia che negli stessi anni della fine del VI secolo può essere apprezzata al margine<br />
opposto del mondo bizantino, in Georgia, nei rilievi della chiesa di Džvari: il patrikios<br />
Stepanoz I e lo hypatos Demetr’e derivano la loro autorità dal Cristo davanti al quale sono<br />
rispettivamente già inginocchiato e in atto di essere introdotto da un Angelo, iconograficamente<br />
equivalente alla Vittoria della ‘lamina di Agilulfo’ (fig. 16) 66 .<br />
Le manifatture della corte attivate rinnovando la ‘strategia del consenso’ già perseguita con<br />
le produzioni suntuarie tardoantiche dovrebbero dunque aver attinto a quel che restava<br />
dell’artigianato artistico dell’Italia del VI secolo, per produrre oggetti destinati ad essere un<br />
duraturo memento dell’autorità regia, particolarmente necessario in questi frangenti. Ad un<br />
alto personaggio della corte, o dei Longobardi di Lucca, essenziali per aprire la strada che<br />
Agilulfo aveva seguito nel 593 per l’effimera espugnazione di Perugia 67 , potrebbe dunque<br />
essere stato offerto il preziosissimo elmo capace, nel linguaggio delle immagini, di rammentare<br />
la fonte della legittimazione di chi lo indossava.<br />
Con la pace del 605 che, con la conquista longobarda di Bagnoregio e di Orvieto segnava i<br />
confini fra Tuscia Langobardorum e Tuscia Romanorum destinati a rimanere per più di un secolo<br />
68 , Lucca cessava di essere terra di confine; è solo una possibilità che la città fosse anche<br />
nel VII secolo – come sarà poi nel successivo – affidata ad un dux. In questo caso, sarebbe<br />
plausibile la congettura che Lucca fosse la sede del dux della Tuscia Taso, che nel 626 fu<br />
protagonista di una congiura di corte contro il re Arioaldo e quattro anni dopo fu fatto<br />
trucidare con i suoi uomini dall’esarca di Ravenna Isaac, davanti alla città, d’intesa con il<br />
re 69 .<br />
La conquista da parte di Rotari di Luni e della Liguria costiera, nel 641, in un momento in<br />
cui tutte le energie dell’Impero erano assorbite dal disperato confronto con gli Arabi, dovette<br />
essere di scarso rilievo militare.<br />
Un nuovo capitolo si apriva per la città di San Frediano, assai oscuro, per giungere infine<br />
agli anni illuminati dai documenti dell’Archivio Arcivescovile. Simbolicamente, nel 685,<br />
ancora nel segno di San Frediano, si apre l’era che vede i Longobardi pienamente integrati<br />
nella tradizione lucchese: Faulo, maior domus del re Cuniperto, fa rinnovare il monasterium di<br />
San Frediano, come attestano i documenti 70 e, forse, anche l’evidenza di arredi scultorei del<br />
rinnovato edificio 71 .<br />
65 PROCOPII, De aedificiis, I, 10, 16.<br />
66 DJOBADZE 1960; EASTMOND 1998, pp. 15 s.<br />
67 PAULI DIACONI, Historia Langobardorum, IV, 8.<br />
68 PAULI DIACONI, Historia Langobardorum, IV, 32; per la cronologia, PLRE, III, pp. 28 s., s.v. Agilulfus qui et Ago.<br />
69 FREDEGARII, Historia Francorum, 50 (Taso unus ex ducibus Langobardorum cum ageret Tuscanam provinciam, superbia<br />
elatus, adversus Charoaldum regem coeperat rebellare); 69; PLRE, III, p. 1218, s.v. Taso.<br />
70 Supra, nota 22.<br />
71 CIAMPOLTRINI 1991 A, pp. 42 ss.<br />
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