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Untitled - i segni dell'auser

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PREMESSA<br />

Da quasi trent’anni l’archeologia di tutela ha concesso occasioni di viaggiare nella storia<br />

sepolta di Lucca. Dai rilevamenti stratigrafici nelle trincee per la posa di condutture di<br />

servizi, nei primi anni Ottanta del Novecento, fino agli scavi estensivi e preliminari alla<br />

realizzazione di opere pubbliche, nel decennio successivo, lungo, lunghissimo è stato il<br />

percorso iniziato con il salvataggio concitato di materiali quasi sul punto di partire per<br />

la discarica, per giungere ai cantieri in cui una generazione di archeologi nata quasi negli<br />

stessi anni in cui venivano disposti i primi provvedimenti di tutela, offre prove esemplari<br />

di un metodo di scavo progressivamente affinato per combinare qualità scientifica ed<br />

efficienza.<br />

La città – come anche il territorio – non ha esaurito la capacità di raccontare storie, svelare<br />

aspetti talora inattesi. L’età romana, il Medioevo, il Rinascimento si sono progressivamente<br />

manifestati anche con le tracce lasciate nel suolo, a commentare intrecci e stratificazioni<br />

di strutture sulle quali si è modulato un paesaggio urbano in continua trasformazione;<br />

ma ancora dopo più di venti anni di ricerche sistematiche rimaneva in ombra il<br />

cruciale momento di passaggio fra mondo antico e Alto Medioevo, gli ‘anni di San Frediano’,<br />

per Lucca che dalla protezione del santo vescovo celebrato da Gregorio Magno,<br />

con le reliquie venerate nella chiesa extraurbana che da lui prenderà nome, e dal suo ruolo<br />

strategico su un asse viario divenuto fondamentale, trasse per tutto l’Alto Medioevo<br />

occasioni di affermazione non solo nell’ambito regionale.<br />

Finalmente si è offerta l’occasione per cogliere i punti di riferimento essenziali per assicurare<br />

la concretezza del dato cronologico alle evanescenti testimonianze del VI e VII<br />

secolo che più volte si erano proposte, con lo scavo di Via San Giorgio condotto agli<br />

inizi del 2010. Non certo la ‘luce sui secoli bui’ che verrebbe da evocare, ma una coerente<br />

testimonianza dei tipi ceramici circolanti a Lucca in questi decenni, prezioso punto di<br />

riferimento per contesti di regola assai poveri, dai contorni ancor più sfuggenti per la<br />

consistenza dei residui della città romana, da un lato, dall’altro per la consunzione cui<br />

raramente erano sfuggiti nell’Alto Medioevo – a partire dal vitale secolo VIII e poi nella<br />

impetuosa ripresa della città marchionale, pre- e protocomunale, intorno al Mille.<br />

La ‘città di San Frediano’ può dunque essere apprezzata non solo nelle poche testimonianze<br />

sulla Lucca del VI secolo proposte da papiri ravennati, da Gregorio Magno con la<br />

narrazione del miracolo di San Frediano, da Agathias con la minuziosa narrazione dell’assedio<br />

del 553. I <strong>segni</strong> dei vivi, con le ceramiche che finiscono in fosse e discariche,<br />

dichiarando che anche Lucca, con la sua classe dirigente integrata dalla aristocrazia longobarda,<br />

partecipava alla vitalità dei traffici mediterranei ampiamente documentata dalle<br />

fonti, ma oscura nel dato archeologico sino a non molti anni fa; i <strong>segni</strong> dei morti, con le<br />

necropoli che iniziano a disporsi anche entro le mura, in un paesaggio frammentato che<br />

comunque, proprio per la presenza di cimiteri intramuranei, spesso riferibili a chiese,<br />

anticipa uno degli aspetti qualificanti della città medievale.

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