Untitled - i segni dell'auser
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Parte II<br />
stematicamente prodotto nell’impasto<br />
rosa-arancio, con presa a pomello<br />
incavato (fig. 4, 5-7).<br />
Se già negli anni Ottanta erano acquisiti<br />
orizzonti cronologici affidabili<br />
per le produzioni ‘locali’ del VI<br />
secolo, un sostegno alla datazione<br />
del contesto Galli Tassi a questo<br />
momento storico veniva dai materiali<br />
d’importazione, oltre che dal calice<br />
in vetro, tipologicamente affine alle<br />
forme documentate nel corso del VI<br />
secolo anche per la presenza di filetti<br />
applicati (fig. 3, 12) 18 : frammenti di<br />
anfore di produzione siro-palestinese,<br />
riferibili al tipo LR 1, nella versione<br />
di grande (fig. 4, 8-9) e piccolo<br />
formato (fig. 4, 10); ‘di Gaza’<br />
(LR 4, Keay LIV: fig. 4, 11) 19 . Ai<br />
contenitori vinari del Mediterraneo<br />
Orientale si aggiungono sporadiche<br />
testimonianze di importazioni dall’Africa<br />
Settentrionale, con frammenti<br />
– fra i quali un puntale (fig.<br />
4, 11) – di spatheia Keay XXVI.<br />
Non doveva essere dissimile da quella dell’area Galli Tassi la profonda fossa esplorata nel<br />
2010 fra Via San Giorgio e Via Battisti (fig. 1, B). Tracciata all’interno di un edificio tardorepubblicano<br />
o della prima età augustea che aveva già conosciuto una serie interminabile<br />
di spoliazioni, la concavità 119 (fig. 5), dal profilo irregolare, polilobato, tendenzialmente<br />
orientata nord/sud in parallelo all’attuale Via Battisti, fu ricavata in un pacco di argilla giallastra,<br />
quasi sterile (128); livellamenti con argilla pressoché pura, talora intercalata a lenti<br />
con macerie o discariche ceramiche sono, come si è già accennato nel Galli Tassi, un tratto<br />
comune nella preparazione delle ristrutturazioni o dei recuperi funzionali del II secolo d.C.<br />
La fossa 119 incideva anche un accumulo di ciottoli (123) gettati in una buca subcircolare<br />
(155) di oscura destinazione.<br />
È possibile che la fossa si proponesse di superare questi livellamenti, per raggiungere e recuperare<br />
quanto si credeva restasse degli edifici della città romana. Dopo lo scavo, la fossa<br />
18 Un fondamentale punto di riferimento in STIAFFINI 1999, pp. 100 ss.; Roma 2001, p. 240 (C. PANEL-<br />
LA); pp. 309 ss. (L. SAGUÌ).<br />
19 Rispettivamente affini ai tipi Kellia 164 e Kellia 169: LTAM II, pp. 619 ss. (P. RENDINI); per la diffusione<br />
dei tipi nella Tuscia settentrionale tardoantica, si veda Firenze 2007, pp. 235 ss. (F. CANTINI);<br />
VACCARO 2011, pp. 148 s.<br />
30<br />
Fig. 5. Saggi 2010 in Via San Giorgio-Via Battisti: ambiente con<br />
stratificazioni del VI-VII secolo (planimetria e sezione stratigrafica).