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VIRGILIO E STESICORO Una ricerca sulla Tabula Iliaca Capitolina *

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Virgilio e Stesicoro<br />

un episodio virgiliano di tipo eziologico (segnatamente 6,156–235).<br />

Non sembra credibile che Stesicoro parlasse di lui: non si capisce<br />

quale ruolo potesse svolgere nel carme del poeta magnogreco; la<br />

sua presenza <strong>sulla</strong> <strong>Tabula</strong> dunque è messa in relazione con l’Eneide.<br />

4. La scena della partenza è spiegata da un’iscrizione, vale a<br />

dire: AfinÆaw sÁn to›w fid¤oiw épa¤[r]vn efiw tØn ÑEsper¤an. Non convince<br />

tale destinazione, l’«Esperia», che designa l’Italia e sembra<br />

implicare un’allusione alla fondazione di Roma. Inoltre l’uso<br />

sostantivale del termine ÑEsper¤a, se pure indicasse genericamente<br />

l’Occidente, non è documentato nel greco arcaico e classico: è introdotto<br />

dai poeti romani Ennio e Virgilio, ai quali si sarebbe ispirato<br />

lo scultore 16 .<br />

Ma la tesi della dipendenza della <strong>Tabula</strong> <strong>Iliaca</strong> dall’Eneide è<br />

infirmata da una prima, grave forzatura, già per la natura stessa<br />

della scultura, che è la copia romana di un’opera greca di epoca<br />

classica o ellenistica, di gran lunga anteriore all’Eneide: è del tutto<br />

improbabile che un semplice artigiano, adibito al lavoro mimetico,<br />

non creativo, complicasse estremamente il proprio compito, deviando<br />

di tanto in tanto dal modello figurativo e rifacendosi direttamente<br />

ai testi poetici, al fine di contaminare Stesicoro con Virgilio.<br />

Questa sarebbe di per sé una buona ragione per procedere con<br />

prudenza, se non per escludere pregiudizialmente l’influenza<br />

dell’Eneide <strong>sulla</strong> <strong>Tabula</strong>. Tuttavia vale la pena di discutere una per<br />

una le contestazioni passate in rassegna poc’anzi, per verificarne la<br />

validità ed eventualmente scoprirne la debolezza:<br />

1. Il ruolo di primo piano attribuito a Enea nel disegno scultoreo<br />

va inquadrato nello sviluppo diacronico del mito. Nell’epos<br />

omerico egli è il personaggio caro agli dei, destinato a sopravvivere<br />

al crollo del regno di Priamo e ad assumere il comando del popolo<br />

superstite, stanziato sul monte Ida (Il. 20,291–308). Esistono più<br />

versioni <strong>sulla</strong> sua salvezza: a giudizio di Menecrate di Xanto, egli<br />

ha tradito la propria città e la ha consegnata agli Achei, che in cambio<br />

lo hanno risparmiato; secondo altri eruditi, non si trovava a<br />

Troia nella notte cruciale, essendosi recato in Frigia per una mis-<br />

16) Il lemma si diffonde in greco nel periodo ellenistico, dal quale lo attingono<br />

i poeti romani. Cf. W. Schur, Griechische Traditionen von der Gründung<br />

Roms, Klio 17, 1921, 151; P. Wülfing von Martitz, Ennius als hellenistischer Dichter,<br />

in: Ennius, Entretiens Hardt 17, Vandœuvres / Genève 1971, 271–272; Galinsky<br />

(come n. 6) 108; Horsfall (come n. 1) 39.<br />

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