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VIRGILIO E STESICORO Una ricerca sulla Tabula Iliaca Capitolina *

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Virgilio e Stesicoro<br />

sincretismo religioso, se davvero vi allude col sintagma penates et<br />

magni di (Aen. 3,12) 21 . È possibile che Stesicoro parlasse dei yeo‹<br />

megãloi, sostituiti in seguito con i Penati da Varrone, che ha fornito<br />

lo spunto al Mantovano. Ma è più probabile che il sacrario consegnato<br />

a Enea e portato da Anchise nel disegno del bassorilievo,<br />

ovvero nel poemetto stesicoreo, non contenesse propriamente i<br />

Penati né i loro «progenitori», bensì gli idoli divini e i sacri paramenti,<br />

che costituiscono i simboli, gli oggetti rituali comunemente<br />

usati dagli ofikisto¤ (gli eroi-fondatori protagonisti dei miti eziologici).<br />

Questi sono investiti del compito politico-religioso di<br />

condurre i concittadini in nuovi luoghi da colonizzare nel Mediterraneo:<br />

essi agiscono costantemente sotto gli auspici divini, in<br />

particolare gli oracoli di Apollo; dopo essere morti, assurgono a<br />

onori divini e sono adorati come «eroi» o numi tutelari nei paesi da<br />

loro fondati 22 . La popolazione delle colonie si pone sotto la protezione<br />

delle divinità già venerate nella madrepatria, delle quali<br />

conserva statue e immagini votive: gli «ecisti» portano con sé un<br />

apparato di oggetti sacri e idoli divini, provenienti dai templi della<br />

città di origine, da collocare negli edifici di culto della colonia, per<br />

invocare la protezione delle divinità «patrie» e per assicurare la<br />

continuità delle tradizioni 23 . Questo è probabilmente il contenuto<br />

del sacrario, che si distingue nel bassorilievo e prima ancora si tro-<br />

21) Cf. Seruius auctus, ad Aen. 2,325; 3,12. Dionisio di Alicarnasso, 1,69,3, fa<br />

risalire ad Arctino il mito del Palladio, portato in Italia da Enea insieme con tå flerã,<br />

che possono essere i Penati o altri oggetti sacri: l’erudito li cita sempre in abbinamento<br />

col simulacro divino troiano e almeno in un punto, 2,66,5, sembra identificarli con<br />

questo; egli però è un contemporaneo di Virgilio: nei suoi resoconti antiquari non si<br />

possono escludere anacronismi. Sui Penati in generale: F. Bömer, Rom und Troia, Baden-Baden<br />

1951, 50–117; sui rapporti col Palladio: Austin (come n. 13) 83–85.<br />

22) Sugli ofikisto¤ e sugli elementi religiosi propri dei miti eziologici cf.<br />

G. Pugliese Carratelli, I santuari panellenici e le «apoikiai» in Occidente, PP 47,<br />

1992, 401–410; G. Maddoli, Culti e dottrine religiose dei Greci d’Occidente, in: I<br />

Greci in Occidente, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1996, 481–498.<br />

23) Cf. ad esempio il racconto di Erodoto, 1,164, secondo cui i Focei, nel lasciare<br />

la propria patria nella Ionia, <strong>sulla</strong> costa dell’Asia Minore, minacciata dall’<br />

esercito persiano, portano con sé «le statue degli dei tratte dai templi e gli altri<br />

oggetti votivi»; Strabone, 4,1,4, attesta che in tutte le colonie fondate dai Focei si<br />

venera la stessa Artemide dell’Asia Minore e che si conservano «sia l’aspetto dell’<br />

idolo sia gli altri riti osservati nella metropoli» (ovvero Efeso, centro religioso del<br />

mondo ionico). Analogamente nelle colonie definite «achee», irradiate in Italia meridionale<br />

dall’ Acaia peloponneisaca (Poseidonia, Sibari, Crotone, Metaponto, etc.),<br />

si pratica un culto di Era risalente all’antico ambiente di Argo e dintorni. Gli esempi<br />

potrebbero proseguire a lungo: cf. Maddoli (come n. 22) 487–492.<br />

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