Massimo Tommolillo - Words on line
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«Dottore carissimo; c<strong>on</strong>tavo proprio di inc<strong>on</strong>trarla.»<br />
Lorenzo sobbalzò. Troppo preso dai suoi pensieri, stava lasciando che il suo corpo lo c<strong>on</strong>ducesse allo<br />
studio; quei viali li aveva percorsi così tante volte, che poteva permettere al suo pensiero vigile, di vagare in<br />
altre terre.<br />
Se avesse voluto, avrebbe potuto parcheggiare a pochi passi dall’ingresso della palazzina colore arenaria,<br />
nella quale si trovavano gli uffici e gli studi del servizio sanitario. Insomma, una possibilità del genere poteva<br />
esaudire il sogno di molti: fermare l’auto a pochi metri dalla propria scrivania.<br />
Lorenzo però, in un’epoca di fitness e body building, tendeva a rimarcare la sua diversità, coltivando c<strong>on</strong><br />
passi<strong>on</strong>e la pigrizia e l’arte dell’indolenza. N<strong>on</strong> aveva mai messo piede in una palestra, e mai lo avrebbe<br />
fatto. L’unica c<strong>on</strong>cessi<strong>on</strong>e che faceva alla sua forma fisica, era quella passeggiata lungo i viali; lasciava<br />
l’auto al parcheggio della porta di ingresso, e camminava per circa dieci minuti, quali che fossero le<br />
c<strong>on</strong>dizi<strong>on</strong>i del tempo.<br />
C<strong>on</strong>siderava quel tempo una sorta di immersi<strong>on</strong>e preparatoria nell’atmosfera che lo attendeva. Tra qualche<br />
giorno poi, la primavera avrebbe preso coraggio, e lui c<strong>on</strong> lei, e avrebbe tirato fuori la vecchia bici da corsa<br />
lasciatagli dal padre.<br />
Stava rimuginando intorno a Stefano, allo strano c<strong>on</strong>tegno del ragazzo e, più che altro, al perché lui stesse<br />
tanto pers<strong>on</strong>alizzando, quello che doveva essere un semplice rapporto professi<strong>on</strong>ale, quando una voce lo<br />
strappò dalle sue elucubrazi<strong>on</strong>i.<br />
Comprese immediatamente chi lo stava chiamando; se n<strong>on</strong> avesse ric<strong>on</strong>osciuto la voce, il t<strong>on</strong>o sarebbe<br />
stato comunque inc<strong>on</strong>f<strong>on</strong>dibile. In altri tempi, c<strong>on</strong> la stessa inflessi<strong>on</strong>e dolcemente partenopea, avrebbe detto:<br />
«Crotti ti prego di venire a c<strong>on</strong>ferire alla lavagna, e dimmi cosa ricordi, se qualcosa ricordi, di quanto<br />
abbiamo detto ieri a proposito di…”<br />
«Bu<strong>on</strong> giorno Professore, come va? Come mai c<strong>on</strong>tava di inc<strong>on</strong>trarmi?»<br />
Il professore irradiava, oltre alla solita sapienza, una discreta dose di euforia; n<strong>on</strong> dovevano essere<br />
troppe le occasi<strong>on</strong>i per lui di sentirsi utile.<br />
«Per quel piccolo compito ricorda? La traduzi<strong>on</strong>e di quella che, solo apparentemente, era una<br />
incomprensibile accozzaglia di sillabe. Credo proprio di esserci riuscito; n<strong>on</strong> giurerei su qualche parola<br />
ecco, il mio russo è alquanto arrugginito, ma nel complesso il significato è certamente…»<br />
Lorenzo staccò le parole l’una dall’altra, quasi a voler dare a se stesso più tempo per c<strong>on</strong>vincersi.<br />
«Ru-sso? Quella roba era ru-sso?»<br />
«Direi proprio di sì, ma si segga la prego, così le mostro il frutto della mia piccola fatica. Mi s<strong>on</strong>o<br />
permesso, qua e là un paio di piccole licenze; sia comprensivo dottore, ma è stato per dare alla traduzi<strong>on</strong>e<br />
la giusta arm<strong>on</strong>ia.»<br />
L’uomo fece strada verso la sua solita panchina; probabilmente la c<strong>on</strong>siderava una specie di ufficio<br />
pers<strong>on</strong>ale. Il cerim<strong>on</strong>iale della pulizia degli occhialini sembrò a Lorenzo di una estenuante lentezza, ma<br />
quasi indispensabile per dare la giusta sotto<strong>line</strong>atura al momento.<br />
Finalmente il professore estrasse da una tasca del panciotto, lo stesso foglio di carta che Lorenzo gli<br />
aveva dato e glielo c<strong>on</strong>segnò c<strong>on</strong> evidente compiacimento.<br />
Accanto alla parole dettate da Stefano, e scritte c<strong>on</strong> tanta difficoltà, il Professore aveva vergato c<strong>on</strong> una<br />
arrot<strong>on</strong>data grafia scolastica, la sua traduzi<strong>on</strong>e. Lorenzo iniziò a leggere, in preda a un febbrile<br />
presentimento.<br />
«Ohtuchecammini lungolariva tiavvolegerà…»<br />
L’interruzi<strong>on</strong>e somigliò molto a un grido di dolore.<br />
«Dottore n<strong>on</strong> così, la prego; n<strong>on</strong> s<strong>on</strong>o certo un attore né, pur c<strong>on</strong>siderando le mie origini, amo gli<br />
eccessi melodrammatici, ma questa potrei definirla una poesia di amore e morte; occorre un po’ di enfasi.<br />
Ascolti, ascolti me.»<br />
Ripresosi il foglietto, lo mise a fuoco distendendo un po’ le braccia, quindi lesse.<br />
«O tu che cammini lungo la riva,<br />
ti avvolgerà il mistero<br />
che canta col mio fiato nebbioso.<br />
N<strong>on</strong> ti servirà l’assenzio in una mano,<br />
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