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Massimo Tommolillo - Words on line

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tacere sempre per n<strong>on</strong> scatenare litigi, specie in pubblico, questo proprio n<strong>on</strong> riusciva a capirlo; in f<strong>on</strong>do<br />

lei era grande, pensava, e i grandi n<strong>on</strong> dovrebbero aver paura di altri grandi.<br />

Stefano n<strong>on</strong> si aspettava certo che lei si arrischiasse a difenderlo dagli scatti di violenza del padre,<br />

certo che no; le avrebbe prese anche lei probabilmente, e forse era già successo. E poi quelle sfuriate<br />

avevano una loro utilità, gli servivano per procurarsi la forza di odiarlo, e tanto bastava; ma se lei<br />

almeno avesse evitato di guardare la scena, strizzandosi le mani, c<strong>on</strong> quell’espressi<strong>on</strong>e sofferente sul<br />

volto.<br />

Se quel suo dolore silenzioso le fosse almeno servito per capire c<strong>on</strong> che tipo di uomo viveva; se lei<br />

avesse acquistato un briciolo di dignità, ecco si, dignità. Allora lui avrebbe potuto, n<strong>on</strong> solo amarla, ma<br />

anche esserne orgoglioso.<br />

C’erano troppi «se» in quelle riflessi<strong>on</strong>i, lo sapeva.<br />

Stefano si accovacciò su un tratto di riva erbosa e iniziò a lanciare sassolini nell’acqua; n<strong>on</strong> gli era<br />

mai riuscito di farli rimbalzare, e anche per questo aveva dovuto sopportare il sarcasmo paterno, ma gli<br />

piaceva c<strong>on</strong>tare i cerchi che si allargavano.<br />

Pensando al sentimento ambiguo che provava per la madre, c<strong>on</strong>notato comunque d’affetto, il ragazzo<br />

sentì uno strisciante senso di colpa, per l’odio che aveva maturato per l’altro genitore. Perché per il<br />

padre il discorso era diverso, si trattava proprio di odio; i tentativi di piacergli erano durati a lungo,<br />

n<strong>on</strong>ostante le botte. Per essere precisi erano durati fino all’ultima partita, quella che aveva chiuso l’anno<br />

scolastico appena passato.<br />

Lui il calcio lo detestava, n<strong>on</strong> sopportava l’idea di tutti quegli stratt<strong>on</strong>i, della puzza di sudore, di<br />

quell’entusiasmo scomposto per motivi che gli sembravano assurdi. Gli sarebbe piaciuto il pattinaggio,<br />

forse il tennis, c<strong>on</strong> le loro divise eleganti e senza l’obbligo del c<strong>on</strong>tatto fisico c<strong>on</strong> tutti quegli estranei;<br />

ma aveva scelto il calcio per compiacerlo, o almeno per fare un ennesimo tentativo.<br />

Quando l’allenatore gli aveva detto che n<strong>on</strong> avrebbe giocato nella partita di fine anno, lui era rimasto<br />

muto a fissarlo; stare in panchina per tutto il tempo, n<strong>on</strong> lo avrebbe messo al riparo dallo scherno che<br />

faceva più male dei ceff<strong>on</strong>i. Avrebbe potuto pregare, ma ormai aveva dodici anni e n<strong>on</strong> poteva dire<br />

piagnucolando:<br />

«La prego mister, mi faccia giocare; è l’unica partita che mio padre viene a vedere, in tutto il<br />

maledettissimo anno, posso n<strong>on</strong> giocare tutte le altre partite, ma questa no, questa n<strong>on</strong> posso perderla.»<br />

Mai stato gran che c<strong>on</strong> le parole, su questo n<strong>on</strong> ci pioveva, ma se anche fosse stato capace di<br />

incantare le scimmie, n<strong>on</strong> poteva farlo comunque; era una questi<strong>on</strong>e di dignità.<br />

Aveva comunicato la brutta notizia la sera stessa, a cena, sperando intensamente in una parola di<br />

comprensi<strong>on</strong>e, invece si era beccato una silenziosa espressi<strong>on</strong>e sarcastica, che voleva dire: «da te n<strong>on</strong> mi<br />

sarei aspettato niente di più».<br />

E allora basta, ci aveva rinunciato; basta c<strong>on</strong> il calcio, basta c<strong>on</strong> la raccolta di francobolli fatta c<strong>on</strong> i<br />

pezzi che avanzavano al padre, basta c<strong>on</strong> qualsiasi tentativo. Ci aveva rinunciato c<strong>on</strong> serenità, come uno<br />

che, dopo vari tentativi di svitare un bull<strong>on</strong>e arrugginito, capisca che tutta quella fatica n<strong>on</strong> valeva<br />

l’obiettivo che si era prefisso.<br />

Lanciò un ultimo sasso c<strong>on</strong> rabbia e si scosse iniziando a osservare il lago c<strong>on</strong> occhi diversi; in f<strong>on</strong>do<br />

n<strong>on</strong> è che gli dispiacesse poi tanto, aveva detto così solo per irritarlo. N<strong>on</strong> era il mare ma comunque…<br />

Certo che se la barchetta aff<strong>on</strong>dasse; chissà… La mamma potrebbe salvarsi, è così fif<strong>on</strong>a; scommetto<br />

che appena salita sulla barca avrà chiesto un giubbotto di salvataggio e lui l’avrà guardata c<strong>on</strong> quella<br />

solita aria di disprezzo. In quanto al barcaiolo saprebbe sicuramente sbrigarsela da sé… Eh si; così si<br />

che sarebbe proprio una bella vacanza…<br />

Chissà perché quel pensiero n<strong>on</strong> gli sembrava affatto crudele; avrebbe dovuto sembrargli addirittura<br />

mostruoso, stando all’educazi<strong>on</strong>e che gli avevano dato, ma gli era sembrato come qualcosa di già<br />

destinato, o forse già accaduto. Se chiudeva gli occhi, poteva addirittura vedere la scena in tutti i<br />

dettagli, annebbiata come in un sogno, ma chiara proprio come se l’avesse già vissuta in un passato<br />

remoto.<br />

Doveva essere quel posto opprimente c<strong>on</strong> le sue m<strong>on</strong>tagne incombenti, e la giornata cupa che gli<br />

induceva pensieri così.<br />

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