Massimo Tommolillo - Words on line
Massimo Tommolillo - Words on line
Massimo Tommolillo - Words on line
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
«No sta tranquilla, racc<strong>on</strong>tami il tuo sogno. Se credi che ci serva a spiegare il tuo comportamento, può<br />
esserci utile, n<strong>on</strong> ti pare?»<br />
La d<strong>on</strong>na tirò un prof<strong>on</strong>do sospiro mentre si passava entrambe le mani nei capelli.<br />
«Sto giocando una partita a scacchi, e nel sogno n<strong>on</strong> mi sembra strano il fatto che a me questo gioco n<strong>on</strong><br />
piace; n<strong>on</strong> ci gioco mai in effetti. Il mio avversario ha il viso in ombra, a volte si vede solo il luccichio degli<br />
occhi. Io ho lo sensazi<strong>on</strong>e che il suo viso pulsi, si c<strong>on</strong>trae e si distende, come se fosse un cuore. N<strong>on</strong> so come<br />
spiegarle, ma più che vederla questa pulsazi<strong>on</strong>e è come se la sentissi; si muove a tempo c<strong>on</strong> il ritmo del mio<br />
cuore. Anche se n<strong>on</strong> vedo la bocca del mio avversario, perché è nell’ombra, so che da lui, o forse era una<br />
lei…, si credo proprio che fosse una lei…»<br />
«Cosa ti fa dire che fosse una d<strong>on</strong>na?»<br />
«Perché avevo l’impressi<strong>on</strong>e che mi capisse bene, che mi c<strong>on</strong>oscesse. N<strong>on</strong> so spiegarle perché, ma s<strong>on</strong>o<br />
c<strong>on</strong>vinta che fosse una d<strong>on</strong>na. Ah, aspetti! Porta vestiti svolazzanti e trasparenti, molto sensuali; c’è una cosa<br />
che mi colpisce: i vestiti si muov<strong>on</strong>o come se fossero agitati dal vento, ma lentamente, come se la d<strong>on</strong>na<br />
fosse immersa in un’acqua opalescente, dove a volte vedo tutto in perfetta trasparenza, altre volte si<br />
intuisc<strong>on</strong>o sole le forme. N<strong>on</strong> le faccio capire molto, eh dottore?»<br />
«Va bene Lucia, diciamo che nel sogno tu sai che era una d<strong>on</strong>na; c<strong>on</strong>tinua pure.»<br />
«Dicevo che da lei mi arrivano delle parole, io n<strong>on</strong> le sento perché la creatura riesce a trasmetterle<br />
direttamente nel mio cervello, ma le percepisco. È una specie di poesiola infantile, ma quelle parole n<strong>on</strong> mi<br />
permett<strong>on</strong>o la c<strong>on</strong>centrazi<strong>on</strong>e. Mi dico che perderò la partita, perché n<strong>on</strong> riesco a pensare c<strong>on</strong> lucidità alle<br />
mosse, quei versi stupidi ma cattivi mi tolg<strong>on</strong>o energia. Penso che perderò certamente se n<strong>on</strong> faccio<br />
qualcosa; allora decido di entrare nella scacchiera. Nel sogno dico proprio così: adesso entro nella<br />
scacchiera!… Intorno a me i pezzi mi sembrano giganteschi, alti come case e s<strong>on</strong>o animati, s<strong>on</strong>o viventi,<br />
respirano e hanno facce che a volte mi sembra di c<strong>on</strong>oscere. C<strong>on</strong>tinuamente si muov<strong>on</strong>o, si piegano su di me<br />
opprimendomi… C’è una cosa strana poi: s<strong>on</strong>o tutti pezzi neri, quelli bianchi s<strong>on</strong>o spariti. Insomma stanno<br />
tutti lì a guardarmi c<strong>on</strong> un’aria di scherno, perché s<strong>on</strong>o c<strong>on</strong>vinti che farò una mossa sbagliata. Decido di<br />
muovermi verso una casella, ma un pezzo che ha la faccia di mia madre, si piega ancora di più verso di me e<br />
mi dice che n<strong>on</strong> posso fare quella mossa, perché s<strong>on</strong>o un fante.»<br />
Lorenzo avrebbe voluto aprire una finestra, perché sentiva una impellente necessità di respirare aria fresca,<br />
ma strinse più forte i braccioli della sua poltr<strong>on</strong>cina e si c<strong>on</strong>centrò di nuovo sul racc<strong>on</strong>to della sua paziente.<br />
«Io lo so che n<strong>on</strong> potrei fare quella mossa, però la faccio lo stesso, so già quello che succederà, ma<br />
ci<strong>on</strong><strong>on</strong>ostante mi dirigo verso la casella e appena ci s<strong>on</strong>o sopra questa si apre come una botola e io precipito<br />
nel buio; lo sapevo già capisce? Sapevo che sarei precipitata e, ci<strong>on</strong><strong>on</strong>ostante mi ci s<strong>on</strong>o buttata. Gli altri mi<br />
stanno guardando, e mentre precipito giù io posso vederli… La caduta è lenta, quasi eterna per cui ho tutto il<br />
tempo di osservarli; si sporg<strong>on</strong>o dalla botola e mi guardano mentre scivolo sempre più giù. Le loro<br />
espressi<strong>on</strong>i s<strong>on</strong>o impenetrabili, n<strong>on</strong> c’è né soddisfazi<strong>on</strong>e né pietà, niente, e io mi dico che s<strong>on</strong>o degli stupidi<br />
pezzi di legno e quindi n<strong>on</strong> poss<strong>on</strong>o avere espressi<strong>on</strong>i, giusto?»<br />
Quel racc<strong>on</strong>to sembrava n<strong>on</strong> dover finire mai.<br />
«A un tratto la caduta finisce e io mi trovo in uno spazio immenso, n<strong>on</strong> si vede orizz<strong>on</strong>te ma, a perdita<br />
d’occhio, ci s<strong>on</strong>o tante pedine identiche a me. È come se mi avessero copiato per mili<strong>on</strong>i di volte, e siamo<br />
tutte lì. Anzi, io so che resteremo tutte lì per sempre.»<br />
E forse il peggio doveva ancora venire.<br />
«Questa è la parte peggiore dell’incubo,» appunto. «È difficile spiegare la sensazi<strong>on</strong>e: s<strong>on</strong>o viva, sento<br />
tutto, posso ragi<strong>on</strong>are perfettamente, ma s<strong>on</strong>o immobilizzata nel mio corpo, immobilizzata nella prigi<strong>on</strong>e più<br />
piccola e opprimente che esiste, ci pensi dottore… N<strong>on</strong> posso muovere neanche un dito, ne s<strong>on</strong>o tanto certa<br />
che nel sogno neppure ci provo, e c<strong>on</strong> la stessa certezza so che tutte quelle altre me che vedo, e anche quelle<br />
che n<strong>on</strong> vedo e che sicuramente s<strong>on</strong>o dietro di me, tutte quelle me, le dicevo, s<strong>on</strong>o tutte nella stessa<br />
c<strong>on</strong>dizi<strong>on</strong>e: statue. Provano le stesse sensazi<strong>on</strong>i che provo io, ma n<strong>on</strong> s<strong>on</strong>o che povere statue… Se potessi<br />
spiegarle l’angoscia: n<strong>on</strong> potevo respirare, n<strong>on</strong> potevo fare nulla e dovevo vivere così, per sempre, e poi la<br />
sensazi<strong>on</strong>e di inutilità e…»<br />
La d<strong>on</strong>na scosse la testa come a rimarcare l’inadeguatezza delle parole, poi si tirò a sedere di scatto quasi<br />
che temesse di riaddormentarsi ridando così vita all’incubo.<br />
«N<strong>on</strong> posso immaginare, anche se capisco che per te è stato tremendo; n<strong>on</strong> di meno è solo un sogno. Che<br />
spiegazi<strong>on</strong>e te ne sei data? Che so… fatti del giorno prima che poss<strong>on</strong>o averlo causato?»<br />
Lucia forse n<strong>on</strong> lo aveva neanche ascoltato, tanto che proseguì senza risp<strong>on</strong>dergli; o quella era la risposta?<br />
«Eravamo delle pedine capisce? Tutte delle semplici pedine, c<strong>on</strong>servate in una specie di immenso<br />
44